Usando anche l’artificio per scovare la naturalezza, il lessico visivo di Annie Leibovitz continua a ritrarre lo stile vibrante e autentico di Patty Smith. Comodamente adagiato sul divano e il suo spazio esistenziale, illuminato da parole, immagini, la sacralità della poesia e la mistica della musica, con le quali continua a segnare i linguaggi dell’arte e della cultura contemporanea. Una poetica fotografata nel suo appartamento di MacDougal Street, nel Greenwich Village di New York in cui orbita da decenni, come sulla copertina dell’album Gone Again, o il calendario Pirelli 2016, elevata da standard estetici imperanti di bellezza ed eterna giovinezza. L’unica cosa senza tempo è la contro-narrativa della "sacerdotessa" del rock e della fotografia di Annie Leibovitz, tanto sensibile alla verità della finzione, da cogliere anche le luci più vivide e livide del glamour e dell’America, insieme agli aspetti privati della celebrità e i dettagli personali di archetipi universali, con un processo creativo illuminato dal ‘flusso di coscienza’ del progetto espositivo passato dall’Hauser & Wirth di New York a Monaco.
Archiviata la nomina dell’Académie des Beaux-Arts di Parigi dell’artista pluri decorata, la sua prima personale nel Principato di Monaco ne articola un dialogo visivo fluido e introspettivo, insieme all’evoluzione di ritratti, paesaggi e quelle nature che vivono nello sguardo e la giustapposizione di immagini familiari e inedite, invitando a riflettere sui momenti culturali significativi degli ultimi due decenni della sua carriera e dell’America che influenza l’esistenza del mondo intero. Un viaggetto a ritmo con idoli della generazione Z come Billie Eilish e di simboli d’identità collettiva senza tempo, con il temperamento rock di Elvis Presley, tra mix da discoteca e quel proiettile con cui ha infranto lo schermo della tv.
L’ambiente, come elemento centrale di ogni inquadratura, già evidente con il body painting di Keith Haring, la struggente rappresentazione della compagna Susan Sontag, o le maschere di Cindy Sherman, ridefinisce la casa d'infanzia di Edward Hopper a Nyack, come un presagio sulla sua intera ricerca e opera artistica, tra il cielo dell’Arizona e la luce della land art di James Turrell, la city di Michael Heizer e lo studio di Brice Marden, l’esoscheletro di un serpente a sonagli e la monumentalità della collina rossa dietro la casa del Ghost Ranch di Georgia O’Keeffe. Riconfigurati dai dipinti di una vera leggenda dell'arte degli Stati Uniti e del suo spirito dei grandi spazi, insieme a quello libero e indipendente, divenuto simbolo del femminismo impegnato.
Lo spazio di contemplazione e scoperta di significati personali, creato dalla struttura e l'installazione espositiva, rispecchiando il modo nel quale guardiamo e diamo un senso a mondo che ci circonda, invita a riflettere sul modo nel quale Annie Leibovitz concepisce la fotografia. Il primo piano delle mani di Simone Leigh che impastano l’argilla della prima donna nera, selezionata per rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 2022, è in mostra con il ritratto di Ketanji Brown Jackson, la prima donna afromericana a far parte della Corte suprema degli Stati Uniti d’America. Il ritratto di Joan Didion si staglia tra la foresta di alberi di Central park, con l’allure dell’autrice americana di culto, dallo stile raffinato e corrosivo, pronta a spingendosi anche Verso Betlemme, raccontando la fine del sogno americano, il tramonto di un epoca con John Wayne o del mito del Flower Power.
Tra le opere meno note, le fotografie scattate alla Frick Collection di New York, restaurata da Annabelle Selldorf, all'inizio di un percorso costellato dai frammenti incisivi della carriera che ha consacrato la Leibovitz come una delle figure di spicco della fotografia contemporanea, sin dalle copertine più iconiche del Rolling Stone come prima fotografa capo e quella fragilità e devozione di John Lennon, messe a nudo prima del suo omicidio, nell'abbraccio accogliente di Yoko Ono.
In un’installazione a parete anche il profilo in bianco e nero di Louise Bourgeois e tutto quello che continua a incarnare, tra il potere e l'attivismo dell'arte di Maya Angelou e Faith Ringgold, uno studio delle Barbie, Barack Obama e le elezioni presidenziali americane che copre dal 1972. Anche l’abito da concerto di Marian Anderson, offerto per sostenere l’elezione di Kamala Harris, la prima donna asioamericana e indoamericana a diventare Vicepresidente degli USA. Il flusso di coscienza di Annie Leibovitz sulla fotografia e l’America, è in mostra insieme al nostro.
How to: Annie Leibovitz. Stream of Consciousness, Hauser & Wirth, Monaco (2 lug – 27 sett 2025). Maggiori info qui.