Nel 2004, seduti sul divano a guardare gli intricati snodi narrativi della serie sci-fi Lost, ci stupivamo di quanto una serie televisiva - i telefilm, come li chiamavamo all'epoca - sapesse darci le stesse emozioni di un film ben fatto. Per il pubblico italiano, abituato alle fiction della tv generalista (sceneggiati, era il loro nome popolare), quel dramma a puntate giunto dalla rete americana ABC su Rai 2 in prima serata, con tutte le sue incongruenze e le sue inconsistenze, i plot twist e i flashforward e i cliffhanger, rappresentava una ventata di aria fresca, una finestra su narrazioni possibili e pure impossibili, un osservatorio aperto sulle stanze degli sceneggiatori e sulle infinite possibilità attoriali degli interpreti. Molti critici televisivi concordano nel dire che il settore audiovisivo internazionale ha cominciato ad evolversi sotto i nostri occhi, diventando ciò che è oggi, proprio grazie alla creatura di J. J. Abrams e Damon Lindelof, tra i primi titoli scritti e diretti con taglio autoriale e poi diventati nazionalpopolari nei primi Duemila dopo l'exploit preparativo di Twin Peaks firmato da David Lynch negli anni Novanta.
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A 20 anni dall'arrivo di Lost in tv, nessuno si sognerebbe mai di etichettare le serie tv come prodotti meno rilevanti. Perché oggi gli attori più quotati dello showbusiness puntano ad avere in portfolio almeno uno show da Emmy. Perché il settore audiovisivo è in crescita e quello dell'home entertainment, dunque dello streaming trainato dalla produzione delle piattaforme, di più. E perché i festival del Cinema, quello di Venezia su tutti, fanno a gara per avere in cartellone gli ultimi progetti creativi in formato seriale dei grandi registi.
Quello audiovisivo è un comparto fortunato anche dal punto di vista economico
Stando all'ultimo report della società statunitense Nielsen, a maggio 2025 negli Stati Uniti gli spettatori hanno scelto prevalentemente di guardare i titoli in catalogo sulle piattaforme di streaming rispetto al totale di chi si è sintonizzato sulla Tv tradizionale: è la prima volta che accade su base mensile, stando ai dati raccolti. Se nel 2021 il 66% del tempo degli spettatori veniva speso per guardare la tv tradizionale e solo il 26% serie e film in streaming, 4 anni dopo la situazione si è capovolta a favore della seconda modalità. La ragione è (anche) anagrafica, dunque culturale: oggi a guardare Netflix, Disney +, Prime Video non ci sono solo gli adolescenti o i giovani adulti, ma tutte le fasce d'età, comprensive di quelle più alte, perché anche i Baby Boomers oggi vedono nell'offerta di intrattenimento delle piattaforme un'opportunità in più nel mare magnum di mezzi di comunicazione a loro disposizione.
Chi ama il cinema continua ad andarci per godersi uno spettacolo unico nel suo genere, ma non disdegna i progetti televisivi di qualità che arrivano sulle piattaforme o sulla generalista. Un settore, quello della produzione di fiction made in Italy, altrettanto corposo: secondo il Rapporto annuale sulla produzione italiana dell'Associazione Produttori Audiovisivi, solo nel 2023 la fiction ha rappresentato il 74% dei programmi basati su sceneggiature, settore che nel 2023 ha totalizzato ben 950 milioni di euro.
Gli attori di Hollywood fanno a gara per accaparrarsi un ruolo nella serie tv dell'anno
Un altro segnale, questa volta qualitativo, del potenziale della serialità odierna si ritrova osservando la quantità di attori di Hollywood e premi Oscar, A-List celeb come le chiamano in America, che popola i titoli di coda delle serie del momento: da Nicole Kidman a Naomi Watts (ora impegnata sul set di American Love Story di Ryan Murphy nei panni di Jackie Kennedy Onassis), da Harrison Ford (dal 2023 protagonista di Shrinking, dramedy che gli è valso il suo primo Emmy) a Kate Winslet (splendida in Mare of Easttown e in The Regime della HBO) e poi ancora Julianne Moore, Antony Hopkins, Meryl Streep, Adam Driver. La lista è lunga e potenzialmente infinita: le lacrime del regista Martin Scorsese agli ultimi Emmy, che gli hanno regalato il suo primo premio come attore (per l'ospitata nella serie brillante di Apple The Studio) la dicono lunga su quanto ricevere un award per il lavoro in una serie tv sia un onore, non solo un ripiego com'era tempo fa.
La serialità irrompe al Festival del Cinema di Venezia 2025
L'anno scorso toccò a Disclaimer di Alfonso Cuarón (Apple Tv +), al commovente drama iberico Dieci Capodanni (Rai Play) e a M. Il figlio del secolo, serie con Luca Marinelli ispirata all'omonimo romanzo di Antonio Scurati (in streaming su Sky). Quest'anno ben 4 serie saranno presentate in anteprima a Venezia 82, al via al Lido il 27 agosto fino al 6 settembre, sospinte dalla volontà del direttore artistico Alberto Barbera di promuovere la serialità d'autore firmata da grandi registi e sceneggiatori e trainata dalle performance eccellenti di attori di grandissimo calibro.
Si tratta di Portobello, nuova serie di Marco Bellocchio dedicata alla drammatica vicenda del conduttore televisivo Enzo Tortora (Fabrizio Gifuni), prima produzione originale italiana di Warner Bros. Discovery in arrivo nel 2026 sulla nuova piattaforma streaming HBO Max: a Venezia saranno presentati solo i primi due episodi perché la serie è ancora in produzione. Poi Un prophète di Enrico Maria Artale, adattamento seriale dell'omonimo film di Jaques Audiard del 2009, coming-of-age di un ragazzo di origini arabe a Marsiglia che dovrà crescere, anche cambiare, in un contesto sociale crudele e complesso. Etty del regista Hagai Levi, ispirato ai diari della scrittrice ebrea olandese Etty Hillesum, vergati dall'autrice durante l'occupazione nazista (con Julia Windischbauer e Sebastian Koch). Infine Il mostro, serie in 4 episodi firmati da Stefano Sollima che cerca di ricostruire l'intricatissima vicenda di cronaca nera legata agli omicidi del mostro di Firenze (la miniserie arriverà su Netflix il 22 ottobre). Ed è così che Venezia 82 si farà ancora una volta culla di grandi serie tv, progetti con un'anima senza confini come quelli partoriti dal cinema.