Breve, scontata premessa: chi ha impedito alla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella di parlare al Salone del libro di Torino ha sbagliato. Si può infatti dissentire in forme compatibili col confronto, si possono escogitare proteste creative e fantasiosi controcanti senza arrivare a zittire l’interlocutore sgradito.
Ciò detto, tira una brutta aria per chi protesta. Si è iniziato criminalizzando chi va a un rave party, spingendosi addirittura a varare un inutile decreto legge. Si è proseguito dichiarando guerra aperta ai volontari delle ong, costringendoli a lunghissime navigazioni, colpendoli con sanzioni a raffica. E invocando il grave rischio di “sostituzione etnica”. Poi, con l’ausilio delle prefetture, è partito l’attacco alle registrazioni dei figli di coppie dello stesso sesso, nel contempo scatenando una feroce campagna di criminalizzazione della gestazione per altri, al punto da invocare il reato universale. Intanto, nessun provvedimento è stato preso nei confronti delle Regioni, prevalentemente amministrate dalla destra, che non somministrano la pillola abortiva RU 486 alle donne richiedenti, in aperta violazione con le direttive Ue. Tantomeno si è lavorato per migliorare il funzionamento dei consultori, che restano pochi e mal organizzati.
Spostandoci sul fronte ambientalista, è partita con questo Governo un’offensiva spietata nei confronti dei giovani imbrattatori (con vernice lavabile) di monumenti, definiti con enfasi “ecoterroristi” e ridotti a una dimensione meramente criminale, senza volerne minimamente ascoltare le ragioni. Poi, quando la Romagna è finita sotto il fango, gli si è chiesto di andare a spalarlo. Come se fossero loro i principali responsabili di quella catastrofe.
Nemmeno la Storia si è salvata dallo strappo sovranista e identitario: la Costituzione italiana? Non è antifascista (La Russa). I partigiani di via Rasella? Ammazzarono una banda di musicanti in pensione (sempre La Russa). I morti delle Fosse Ardeatine? Uccisi perché italiani (Meloni). Si potrebbe proseguire a lungo sul percorso di questa sfida all’establishment liberaldemocratico. Chi governa ha il diritto di imprimere un cambiamento attraverso le leggi. Ma, a fronte di un’inversione culturale e storica, non si può pretendere il silenzio né irregimentare chi protesta. Nelle democrazie esistono i diritti delle minoranze ed è contemplato il conflitto: sta anche a chi governa saperlo incanalare e gestire.