«Il femminismo è un movimento gioioso, pacifico, rivoluzionario, qualcosa di cui andare davvero fiere». A rivendicare quest’affermazione è Margaux Collet, esperta di parità di genere, militante, come Raphaëlle Rémy-Leleu, di Osez le feminisme, associazione con un importante peso politico in Francia: insieme hanno scritto Beyoncé è una femminista? (edizioni Kiwi), irriverente rilettura del mondo pensata per le/i teenager del Terzo millennio, curiosamente diventato un bestseller anche tra il pubblico adulto. «Ci chiedevano spesso di consigliare un testo per introdurre il messaggio attualissimo e audace del pensiero femminista, tra le ragazze e i ragazzi dai 14 ai 18 anni: un tempo avrei indicato Il secondo sesso di Simone De Beauvoir, lì in fondo c’è già tutto, ma ci vuole fegato per affrontare le mille pagine e i due tomi di quest’opera capitale. Abbiamo allora provato a scrivere noi un libro che rispondesse con piglio semplice e diretto alle tante domande che i giovani si fanno sulle questioni cruciali – il sessismo, gli stereotipi, il corpo e l’immagine, l’amore, il sesso, la contraccezione, il ciclo, la violenza fisica e quella che passa attraverso il linguaggio e i social. Abbiamo insomma radiografato la storia e l’attualità inforcando un bel paio di lenti rosa».
Illustrate, zeppe di numeri, ritratti, riferimenti all’attualità e alla cultura pop, indirizzi di associazioni sul territorio ed energiche call to action, le 240 pagine del libro sono davvero una lettura appassionata, anche grazie al prezioso adattamento di Joana Cuccuru, che ha tradotto e aggiornato alla situazione italiana coordinate e informazioni, aggiungendo citazioni e biografie fondamentali per la storia del movimento nostrano, come quella di Anna Maria Mozzoni e Tina Lagostena Bassi, accanto ad Ada Lovelace, Simone Veil e Shonda Rhimes. Frugando tra i tanti spunti del libro, abbiamo selezionato quattro ottime ragioni, tra le tante, per ricordarci perché abbiamo ancora bisogno del femminismo.
Viva il matrimonio (non quello che pensate)
Alle donne sono stati scippati millenni di storia: conquiste, scoperte, rivoluzioni perpetrate da artiste, studiose e attiviste cancellate dalla memoria collettiva o attribuite agli uomini. Per restituire il senso di questa epocale mistificazione, le autrici citano l’esempio di V-J Day in Times Square, il celebre scatto di Alfred Eisenstaedt che immortala il bacio tra il marinaio e l’infermiera, simbolo dell’euforia per la fine della Seconda guerra mondiale. Dopo lo scoppio del #MeToo, la donna ritratta nella foto ha raccontato la sua versione della storia, decisamente meno romantica: più che di un’effusione, si trattò di un’aggressione, il marinaio l’afferrò, la baciò di forza e poi se ne andò per la sua strada, mentre il fotografo scattava, consapevole (e complice) dell’equivoco che avrebbe generato. Essere femministe significa smascherare con ostinazione ogni abuso o rimozione, invertire la condanna all’invisibilità, trasformando il nostro patrimonio in un “matrimonio”, una ricostruzione paziente che celebri nei libri di storia, nella toponomastica, in ogni sacrosanta ricorrenza, la vita e le azioni di tante invisibili.
Il patriarcato fa male, gli stereotipi peggio
Neanche il pianto dei bambini sfugge allo stereotipo: «Studi scientifici hanno dimostrato che fin dai primi mesi le lacrime di una bambina vengono interpretate come paura, mentre quelle di un bambino come rabbia», si legge all’inizio del capitolo che esplora le forme attraverso cui gli stereotipi giustificano le disuguaglianze tra uomini e donne. «Il patriarcato è un sistema di dominio», ricorda Collet, «influenza i ruoli, le rappresentazioni e le norme. Quelle che pesano sugli uomini sono generalmente più gratificanti e remunerative, ma fanno altrettanto male. È uscito da poco un libro, Il costo della virilità di Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin (Il Pensiero Scientifico Editore) che analizza il prezzo che un Paese deve sostenere a causa dei comportamenti antisociali e delle condotte a rischio degli uomini». Scritto da due economiste, mostra quanto una nazione risparmierebbe se i maschi fossero educati come le femmine.
La quarta ondata avanza in rete
Le donne vengono spaventate, minacciate, messe ai margini continuamente, per strada, nelle relazioni, al lavoro o in casa, perché il patriarcato cambia pelle e fagocita i nuovi mezzi di comunicazione: «Internet e i social network», si legge nel capitolo dedicato alla cyberviolenza, possono «trasformarsi in uno strumento potentissimo per umiliare, molestare, insultare. Le principali vittime di questa violenza sono le ragazze e i ragazzi che non rientrano nei canoni condivisi di “virilità”». La buona notizia è che la rete e i social rappresentano anche un accesso ai contenuti femministi di portata sorprendente. «Ora, quando facciamo interventi nelle scuole rurali o in zone isolate», racconta Collet, «troviamo giovani consapevoli e informate, grazie alle attiviste presenti in rete, i podcast, i materiali condivisi: Internet si è rivelato anche uno strumento formidabile per generare nuove forme di attivismo, uno spazio di potere, di parola e denuncia, anche nei Paesi in cui alle donne questi diritti non sono riconosciuti».
Non un dogma ma molte anime
«Naturalmente il titolo è legato al target del libro», ammette l’autrice, «che non andrebbero mai a procurarsi un volume intitolato Teoria e fondamenti del movimento femminista né chiederebbero ai genitori di comprarglielo coi soldi della paghetta». Ma la citazione tocca un nervo scoperto: come per altre artiste o personaggi popolari, la dichiarazione di appartenenza di Beyoncé ha provocato un acceso dibattito. Per quanto le sue canzoni inneggino all’indipendenza e alla libertà delle donne, c’è chi l’ha accusata di definire la propria femminilità ispirandosi a schemi maschilisti, chi di cavalcare il femminismo per convenienza. Quindi: Beyoncé è femminista? «Abbiamo scelto volutamente di non rispondere», conclude Collet. «Polemiche come queste sono diffuse ad arte per dividerci: non c’è un dogma, un’unica maniera di essere femministe. Questo libro prova invece a esplorare ciò che ci unisce, che include una varietà infinita di anime, Beyoncé compresa. Che ha contribuito molto a diffondere le nostre idee».