Nel mondo, una donna su tre, secondo i dati dell’UNIFEM, ha subito qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. È facile trovare donne che, nel loro passato, hanno ricordi - magari sbiaditi o sepolti, magari ancora vividi e impossibili da dimenticare - di violenze subite. Forse non ne parlano, non le hanno denunciate, le hanno minimizzate. Sono tante e ieri sera, ospite a Belve, Bianca Balti ha dato loro voce con la sua meravigliosa schiettezza e onestà. "Ero a un rave party, non ero lucida", ha raccontato a Francesca Fagnani parlando di quando aveva 18 anni, "Lui era un ragazzo che avevo conosciuto al rave quella sera e che mi piaceva. Da un bacio si è trasformato in una violenza".

La modella, molto amata e seguita sui social, ha ripercorso la sua vita tra luci e ombre. Ha parlato della dipendenza da sostanze che è riuscita a superare, della sua folgorante carriera e delle figlie Matilde Lucidi e Mia McRae. Parlando delle due violenze vissute da ragazza è stata estremamente sincera nel raccontare il suo tentativo di "normalizzarle" senza mai parlarne con nessuno o denunciare. Ha spiegato che aveva solo 14 anni la prima volta che ha subito pesanti molestie da un coetaneo. "È un ricordo che è tornato recentemente", ha detto, "Non avevo mai veramente collegato le cose. Credo di averlo un po' rimosso al momento per non doverlo affrontare. Il ricordo che avevo di quella sera era 'È la prima sera che ho fatto festa' però è stata un po' una festa subita. C'era quella pressione di questo ragazzino che mi voleva far bere e io non volevo essere quella che diceva di no quindi ho bevuto quasi una bottiglia di limoncello. Il resto è un ricordo che è venuto più di recente: lui che mi metteva le mani nelle mutande e cose del genere".

Allora non ne ha parlato con nessuno, forse per paura di venire giudicata e lo stesso è successo alcuni anni dopo quando ha subito un vero e proprio stupro durante un rave party. Balti racconta di non aver denunciato e di aver negato in qualche modo a se stessa di aver subito una violenza sessuale. "Pensa che tristezza", dice a Fagnani, "l'ho cercato per tantissimo tempo dopo quella sera. Andavo a tutti i rave cercandolo e sperando di incontrarlo giusto per fare pace con l'idea che magari c'era una storia e non era proprio uno stupro". Ha rivisto il suo aggressore anni dopo, lei era già una modella e lui usciva da un Servizio per le Tossicodipendenze. "Mi ha fatto piacere vederlo perché credo che nella mia mente avessi bisogno di normalizzare quella esperienza e, invece di analizzarla come uno stupro, dire 'Ma siamo amici, vero?'". Dentro di lei, però, ha sempre saputo che le cose stanno diversamente: "Dicevo di no, cercavo di fermarlo, ma ero poco lucida".

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