Ci sono gli habitué, come Cate Blanchett o George Clooney, e c’è chi approderà sul red carpet per la prima volta, come Julia Roberts: in ogni caso, per quantità e qualità di star annunciate, la Mostra di Venezia si conferma l’appuntamento più glamour del cinema in Italia. Elle vi porta alla scoperta dei film più attesi di questa82ma edizione, accompagnati da una schiera di divi ma anche faccia a faccia, come ha anticipato il direttore Alberto Barbera, con la contemporaneità più urgente, la violenza di genere, le guerre, le storture del mondo del lavoro, persino l’escalation atomica. Prima di tutto, però, abbiamo bisogno di sognare: ci aiuterà a farlo in apertura La grazia di Paolo Sorrentino, “una storia d’amore”, come recita laconicamente l’unica informazione trapelata sul film. Il protagonista, perla settima volta insieme al regista, è Toni Servillo, accanto a lui Anna Ferzetti.
E se è impossibile non notare che non c’è neppure una regista italiana nel concorso ufficiale, sullo schermo saranno soprattutto le donne le grandi protagoniste, magari controverse come la fondatrice di una setta nel ‘700, interpretata da Amanda Seyfried in The Testament of Ann Lee, o Emma Stone, sospettata di provenienza aliena nell’attesissimo Bugonia, quarta collaborazione con Yorgos Lanthimos. Sono donne costrette a prendere decisioni difficili, come Julia Roberts in After the Hunt di Luca Guadagnino: professoressa universitaria in un college americano, deve gestire le accuse di molestie di un’alunna, interpretata dalla star della serie The Bear Ayo Edebiri. Oppure si confrontano in modi diversi con la maternità, come Tecla Insolia e Miriam Leone in Amata di Elisa Amoruso, presentato alle Giornate degli Autori. Le registe italiane amano raccontare ragazze destabilizzanti e fuori scala: Benedetta Porcaroli è una ventenne disadattata in Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli (nella foto in apertura) mentre la protagonista di Un anno di scuola di Laura Samani racconta il terremoto emotivo scatenato in una classe maschile da una nuova, esuberante compagna. Sono tre atlete, olimpioniche indiscipline a torto considerate maschili come il tiro a segno, la scherma e il judo, le protagoniste di Agon di Giulio Bertelli presentato alla Settimana della Critica.
Ma Venezia promette soprattutto di farci incontrare figure femminili leggendarie. Si parte da Madre Teresa di Calcutta, interpretata da Noomi Rapace nel ritratto anti convenzionale Mother, firmato dalla regista macedone Teona Strugar Mitevska, e si arriva a Eleonora Duse, la diva più grande del teatro italiano, alla quale ridona corpo Valeria Bruni Tedeschi nel film Duse di Pietro Marcello. A proposito di divine, a Venezia ritirerà il Leone d’oro Kim Novak, “Ladonna che visse due volte” per Hitchcock. L’altro Leone d’oro va a Werner Herzog e al suo spirito indomito: al Lido porterà l'ultima avventura Ghost Elephants, un documentario teso come un thriller sulle tracce di elefanti fantasma in Angola. E se le donne prendono in mano con decisione la loro vita, a Venezia il maschio è in crisi: in Jay Kelly di Noah Baumbach George Clooney è un attore che, stordito dal successo, parte per un viaggio in Europa per ritrovare se stesso, mentre Pierfrancesco Favino è un tennista mediocre, il su oprimo ruolo da irresistibile perdente, in Il maestro di Andrea Di Stefano. È in crisi anche Franco Maresco, che ha fatto la storia della tv italiana insieme a Daniele Ciprì, ma non è mai riuscito a completare un film su Carmelo Bene: su questa e altre ossessioni cinematografiche riflette in Un film fatto per Bene.
Perché forse saper sorridere delle nostre fragilità è l’unico antidoto rimasto per affrontare le grandi paure del presente. Come la catastrofe atomica evocata da A House of Dynamite di Kathryn Bigelow, la prima donna ad aver vinto l’Oscar come miglior regista con The Hurt Locker, che da sempre mette il dito con coraggio nelle ferite e nelle contraddizioni della società americana. A incombere è anche l’ombra di Vladimir Putin sull’Europa e sul mondo: Jude Law gli presta i suoi occhi di ghiaccio in The Wizard of the Kremlin di Olivier Assayas, che racconta di un immaginario consigliere del leader russo, interpretato da Paul Dano, burattinaio della sua ascesa. Infine, immancabile, c’è la famiglia, vero detonatore di tutte le nostre tempeste emotive. E dobbiamo ringraziare Jim Jarmusch che in Father Mother Sister Brother, con un cast stellare che mette insieme Cate Blanchett, Adam Driver, Charlotte Rampling e Tom Waits, esplora finalmente ciò che non raccontiamo mai abbastanza: quanto sia difficile essere figli adulti, quando le mamme imbiancano e i (nostri) figli crescono. E mentre Teresa Saponangelo e Vinicio Marchioni si contendono la custodia del figlio in L’isola di Andrea di Antonio Capuano, Gianni Di Gregorio in Come ti muovi, sbagli è un nonno stravolto dalla convivenza con la figlia, Greta Scarano, e i nipotini. Più affetto filiale, insomma, che passioni fra le lenzuola: se quest’anno alla Mostra, almeno sulla carta, il grande assente sembra essere il sesso, qualche animo sensibile potrebbe trema-re di fronte alla violenza elegante di Park Chan-wook che, dopo la “trilogia della vendetta”, in No Other Choice segue un ex manager che stermina i suoi competitor, o quella freddissima, fotografata in bianco e nero di Lo straniero di François Ozon, dal romanzo di Camus.
Il bianco e nero è un grande trend di questa edizione: lo sceglie anche Gianfranco Rosi per raccontare Napoli nel suo documentario Sotto le nuvole. E a proposito di suggestioni letterarie, si realizza il sogno gotico di Guillermo del Toro: alle sue favole nere non poteva che aggiungere il mito di Frankenstein trasformando il nuovo divo più hot di Hollywood, Jacob Elordi, nella mostruosa Creatura. Chiude la Mostra il thriller distopico Chien 51, in cui Cédric Jimenez raduna la meglio gioventù del cinema francese: da Adèle Exarchopoulos al meraviglioso Gilles Lellouche. Siamo in una Parigi divisa in zone per classi sociali, tenute a bada da forze dell’ordine coordinate dall’intelligenza artificiale: uno sguardo su un futuro che si avvicina e che, intanto, il cinema ci aiuta a esorcizzare.