Ciao Bambino è un film che non si limita a raccontare una storia, ma si trasforma in un invito a camminare tra le strade di Napoli seguendo le tracce di un amore acerbo e di una ribellione silenziosa (pellicola del 2024 di Edgardo Pistone, candidata a miglior esordio alla regia ai David di Donatello). Il quartiere che più di tutti custodisce l'anima del film è il Rione Traiano, luogo reale e simbolico, cornice di un racconto che annoda affetti, legami di sangue e scelte impossibili. Chi decide di immergersi nei luoghi di Ciao Bambino lo fa per ritrovare quell'eco di adolescenza dove tutto sembra ancora aperto, fragile, pronto a spezzarsi e ricomporsi. Con il suo bianco e nero rigoroso, il film Ciao Bambino diventa una finestra sul confine incerto tra innocenza e maturità, tra desiderio di fuga e bisogno di restare. Napoli, in questo itinerario, si svela senza sovrastrutture, accogliendo chi osserva con una nudità disarmante, tra case popolari, strade vuote e una poesia fatta di sguardi e silenzi.




uomo in moto a napolipinterest
Bruno Guerreiro//Getty Images

Rione Traiano, cuore e contraddizione

Il Rione Traiano è l'epicentro del racconto di Ciao Bambino, un quartiere popolare che Edgardo Pistone, alla sua prima regia, ha scelto per dare forma a un'idea di periferia quasi astratta. Qui si muove Attilio, protagonista diciannovenne, stretto tra l'amore per una ragazza venuta da lontano e il richiamo di legami familiari complessi. Girare in questo spazio non è stato solo un atto di ambientazione, ma una dichiarazione di intenti: la scelta di un luogo reale che diventa simbolo di un vuoto, di un margine, di un confine emotivo. Ciao Bambino, il film, prende così respiro dai vicoli e dai marciapiedi, dai silenzi delle piazze e dalle parole non dette. La fotografia, curata in un bianco e nero essenziale, restituisce la concretezza di un quartiere e insieme la sua astrazione, come se i muri e le strade fossero specchio di paure, desideri e sogni in bilico.

A Casa Nostra

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Credit: Courtesy Photo


La Napoli di Edgardo Pistone: una città sospesa

Dietro la macchina da presa di Ciao Bambino c'è la mano di Edgardo Pistone, regista e sceneggiatore che Napoli la conosce dall'interno, ma che ha voluto raccontarla senza cliché. Dopo il corto pluripremiato Le Mosche, Pistone porta sul grande schermo un altro frammento di passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Questa volta la città non è solo sfondo: è un vero personaggio, che accoglie e restituisce solitudine e tenerezza. Non ci sono scorci da cartolina né strade affollate di folklore. Nel film Ciao Bambino Napoli si fa essenziale, come se fosse una periferia qualunque, un luogo che tutti hanno visto almeno una volta, fosse anche solo dentro di sé. L'assenza di bar, di luoghi di incontro tradizionali, rende l'itinerario ancora più intimo: un viaggio tra spazi vuoti che riflettono vuoti interiori.

Il cast di volti veri

A dare volto a questa storia sono ragazzi presi dalla strada, come Marco Adamo, scelto per incarnare Attilio, e Anastasia Kaletchuk, la giovane prostituta venuta dall'Est. I due portano sullo schermo un’energia acerba e autentica. Il loro incontro, in Ciao Bambino, è quello di due solitudini che si riconoscono, che si sfiorano senza mai afferrarsi del tutto. Pistone non cerca interpretazioni scolpite, ma emozioni immediate, corpi giovani che raccontano l'inesperienza, la paura di diventare adulti. In questo itinerario nei quartieri di Napoli, anche il casting diventa parte del paesaggio: ogni volto è un frammento di città, ogni battuta una porta aperta su un vissuto più grande. E in questa scelta di realtà c'è un invito a guardare senza filtri, senza aspettarsi eroi o finali rassicuranti.

Un amore fragile e consapevole

Al centro di Ciao Bambino batte un cuore fatto di desiderio e incertezza. Attilio si innamora di Anastasia senza poterlo dire, senza potersi permettere di viverlo fino in fondo. Il loro legame attraversa la città come un sussurro, fatto di sguardi, di protezione reciproca, di gesti minimi. L'erotismo non è mai esibito: è un’energia sospesa, una tenerezza cruda che sa di primo amore e di libertà minacciata. La sessualità non ha nulla di scontato: è uno spazio di consapevolezza, un modo per sentirsi vivi quando tutto intorno sembra spingere verso il contrario. Tra le strade del Rione Traiano, questo sentimento emerge con pudore, ma restituendo piuttosto la fragilità di un incontro che cambia tutto, anche quando finisce.

Passeggiare tra le storie

Chi oggi decide di ripercorrere i luoghi di Ciao Bambino può farlo senza cercare attrazioni turistiche. Non ci sono monumenti o scorci famosi da fotografare. C’è piuttosto l’occasione di respirare la stessa aria di chi ha camminato quelle strade, di ascoltare le voci di un quartiere che resta ai margini eppure racconta molto. Il cinema, in questo itinerario, si mescola alla cronaca quotidiana. Si cammina tra i palazzi popolari, ci si ferma davanti a una panchina, ci si perde in un silenzio che parla. Ciao Bambino è un film drammatico, certo, ma è anche un invito a guardare oltre le etichette, a trovare bellezza nei dettagli minimi, in un gesto, in una parola, in un angolo di città. Per chi parte, l'augurio è di tornare con una consapevolezza nuova: non è la meta a contare, ma ciò che si porta dentro.


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