“Giù in platea sedie di legno, gole secche per la sete d’eroi”. Ligabue scrisse questa canzone nel 1990 omaggiando Marlon Brando, ma forse oggi cambierebbe il titolo: Johnny Depp è sempre lui. Ed è così, ma in questa carriera s’è visto di tutto: la gloria, la polvere, gli amori, i successi, l’autodistruzione. I demoni, l’alcol, i problemi caratteriali.
Eppure i poster sulle pareti non li abbiamo mai tolti: lisergico e nichilista in Dead Man, acido e nostalgico in Paura e delirio a Las Vegas, iconico e trasgressivo in Blow. Poi sono arrivati i disneyani Jack Sparrow e Willy Wonka, ma anche John Dillinger, struggente criminale di Nemico pubblico.
Negli ultimi dieci anni, altre cadute, altre risalite, al cinema come nella vita privata. Roma non ha dubbi, lo ama ed è sempre stata con lui. E così, tre anni dopo la masterclass ad Alice nella Città, torna alla Festa per ricevere il Premio alla Carriera, che gli sarà consegnato sabato 26 alle 21:30 in Sala Sinopoli, prima della proiezione del suo ultimo film da regista, Modi - Three days on the wing of madness. Un viaggio di settantadue ore nella vita di Amedeo Modigliani, interpretato da Riccardo Scamarcio.
Per Depp, l’artista bohémien “viveva in balia del suo talento, della sua natura mutevole. Nessun'altra strada era possibile per lui, nessun’altra strada avrebbe mai preso in considerazione”. Forse, è un modo per parlare di se stessi.