Soddisfatta che la sinfonia nera delle donne di Avetrana (Qui non è Hollywood, ne abbiamo parlato ieri) stia trovando il consenso che merita, vorrei divagare sulle presenze femminili, sempre più di gruppo, ormai quasi irresistibili, al cinema. E spero non sia una bolla, e non venga presto a noia. Il rischio dell’abitudine c’è.
Ho visto Leggere Lolita a Teheran, in sala il 21 novembre, adattamento franco-italiano del noto best-seller memoir di Azar Nafisi che corre dal 1979, data del rientro in patria dell’autrice iraniana a rivoluzione di Khomeini avvenuta, fino al 1996 della definitiva disillusione a furia di imposizioni, censura, veli e torture. Messa in scena corretta ma non troppo inventiva di Eran Riklis, ricostruzione minimal della buia Teheran delle milizie morali ma, per fortuna, in contrappunto, il dolore sordo del gruppo di interpreti che leggono i libri proibiti (Lolita, Il grande Gatsby, Orgoglio e pregiudizio) a casa della prof di inglese cui è stata tolta la cattedra. Golshifteh Farahani e Zahra Amir Ebrahimi, le protagoniste, sono tra le attrici più esposte nel sostegno al movimento Donne Vita Libertà: brave, ferite nello sguardo, esiliate, avrebbero meritato qualche respiro in più dalla regia, ma sono più forti del film.
Per restare in tema, Viggo Mortensen ci regala una donna del West nel suo I morti non soffrono, e la interpreta Vicky Krieps, mirabile ne Il filo nascosto e Il corsetto dell’imperatrice (è anche Ingeborg Bachmann nel nuovo film di Margarethe Von Trotta). Per Viggo è rivoluzione, ma noi siamo fra quelle che hanno amato il western per Johnny Guitar con Joan Crawford e Duello al sole con Arabella/Lillian Gish: dunque, nessuna sorpresa.
Ci meraviglia invece sempre la scapigliatura artistica di Mélanie Laurent, attrice di squisita fattura – memorabile come Maria Antonietta decaduta in Le déluge di Gianluca Jodice, uscita a novembre – idolo di Tarantino, pittrice e regista. La divina creaturina francese quando sta dietro la macchina da presa preferisce storie poliziesche (Galveston), piccoli gangster, magari realmente esistiti come nel film Libre a Roma nella sezione Grand Public e su Prime Video dall’1 novembre. Pop anni ‘70, adrenalina, carceri, fuga e passione amorosa. Il protagonista è Lucas Bravo: la parodia scanzonata dei mondi tarantini si addice alle ragazze più dei buoni propositi. Lo dimostra in sequenza il body-horror, trans e giubilatorio dei miei prediletti, tutti nel programma di Rome Film Fest: The substance, Emilia Perez e Les femmes au balcon, temibile ghost story femminista firmata Noémie Merlant (l’attendiamo nel prossimo Emmanuelle) assolutamente da non perdere.