Ci piace come Andrew Haigh racconta l'amore. Che nasce (nel film Weekend) o che soffre (45 anni). Ora esce il film che il regista inglese ha portato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, Charley Thompson, con l'attore emergente Charlie Plummer. Un road movie sull'innocenza: la storia di un adolescente in cerca del suo posto nel mondo e del suo rapporto con un vecchio cavallo da corsa.
Chi è Charley Thompson?
È un ragazzo solo, che vuole cose semplici, stabilità, sicurezza, un piatto in tavola, qualcuno che si prenda cura di lui. Non ha nessuno con cui parlare e poi nasce questo legame con un cavallo…
Da dove parti quando fai un nuovo film?
Spesso dal finale. Qui tutto porta verso quel finale, per tutto il film vorresti fare quel che succede alla fine…
Charlie Plummer, il giovane protagonista, ha vinto il premio Mastroianni a Venezia per questa interpretazione…
È stata una grande gioia. Se l'è meritato. Non avevo in mente un attore per questo film, l'ho cercato. E quando ho visto il video del suo provino ho sentito subito che sarebbe stato lui. Ha una finezza e una sensibilità speciali. Riesce a convogliare le emozioni in mille modi diversi, a coinvolgerti.
Il primo sorriso di Charley dice molto…
La fisicità per me è molto importante, ci dedico tanto tempo, il primo sorriso è decisivo, stabilisce il primo contatto.
Sei appassionato di cavalli?
Per niente. Ma ho imparato ad amare quel cavallo. In realtà per alcune scene ne abbiamo utilizzato più di uno… Neanche Charlie aveva dimistichezza coi cavalli, c'è voluto un po' di tempo per creare un legame, ha dovuto imparare a muoversi in un certo modo, a interagire con lui... "Pete" era così felice di rivederlo ogni giorno… Per fortuna nessun incidente. Doveva essere per forza buona la prima, non avevamo tantissimi soldi, non potevamo permetterci molti ciak.
La tua di adolescenza come è stata?
Non tanto felice, è una lotta per tutti. E se già è difficile per chi vive in un ambiente confortevole, figuriamoci per un ragazzino come Charley abbandonato a se stesso, senza nessuno che provi a capirlo… Insomma, la mia al confronto è stata una pacchia, nonostante tutto…
Nonostante il coming out?
Sì. oggi forse è un po' meno difficile rispetto agli Anni 80 ma lo è sempre. In certi posti più che in altri. Io sono stato fortunato, avevo la mia famiglia vicina ma è sempre un'esperienza stressante dire ai tuoi genitori che sei gay, a meno che non siano gay a loro volta… È doloroso accettare di essere diverso da loro.
"Le donne migliori sono quelle che hanno fatto le cameriere"?
È una frase del libro (La ballata di Charley Thompson di Willy Vlautin) che ho voluto anche nel film. Immagino sia perché le cameriere hanno visto più vita di chiunque altro…
Hai sempre voluto essere un filmmaker?
Da ragazzo sembrava una possibilità così remota, i miei facevano tutt'altro ma... sì. Poi ho cominciato a lavorare sui set, sono diventato assistente al montaggio (nel Gladiatore di Ridley Scott) ma ancora non osavo sperare che potesse diventare un vero mestiere… Lavoravo anche in un cinema. Ricordo che una volta davano L'avventura di Antonioni in lingua originale senza sottotitoli. Non capivo niente ma rimasi colpito dalla potenza delle immagini, dal senso di isolamento, di solitudine… Il suo stile visivo evoca i sentimenti dei protagonisti: ecco, volevo fare quello.
Tra i contemporanei chi ammiri?
La regista argentina Lucrecia Martel. La niña santa è tra i miei film preferiti.
Che passioni hai?
I viaggi e la fotografia. Per questo film mi ha influenzato molto il realismo americano che racconta paesaggi sociali ed economici: Stephen Shore, Joel Sternfeld… Ho un profilo Instagram ma non ne sono ossessionato.
Come vivi la Brexit?
Male. A Londra sono circondato da europei: io voglio essere considerato europeo. Mi sento in colpa nei loro confronti. Sono molto arrabbiato.