Emma Corrin si ritrova spesso a confrontarsi con dubbi interiori, che si tratti di whisky alle due del mattino o di interrogativi ben più profondi («Cosa sto facendo? Voglio mollare tutto e cambiare vita? Che senso ha tutto questo? Chi sono?»). A ventinove anni, ha un temperamento riflessivo e introspettivo, e il suo sguardo penetrante sembra cercare una reazione sul mio volto mentre risponde alle domande con altre domande. Mi parla dal suo hotel a Parigi, dopo aver finalmente dormito undici ore di fila e aver goduto di una rara giornata di pausa da Il gabbiano, il classico di Cechov in cui interpretava uno dei ruoli principali. L’adattamento moderno, firmato dal regista Thomas Ostermeier andato in scena al Barbican di Londra, vantava un cast stellare (Cate Blanchett era Arkadina, diva in declino), con Corrin nei panni di Nina, l’ingenua aspirante attrice che sogna la fama. Se questo ruolo appartiene a una pièce del 1895, l’altro suo recente progetto guarda a un futuro distopico.
Nella nuova stagione di Black Mirror (Black Mirror’ Season 7, Streaming on Netflix now) la serie satirica di fantascienza ideata da Charlie Brooker, Corrin recita accanto a Issa Rae nell’episodio Hotel Reverie, che immagina un inquietante – ma plausibile – sviluppo dell’intelligenza artificiale: la possibilità di rifare vecchi film inserendo attori contemporanei negli ambienti originali. «Entrare per la prima volta sul set, con quei fondali incredibili dipinti a mano in bianco e nero, è stato davvero speciale», racconta Corrin.
Le scene con Issa Rae sono magnetiche; la chimica tra loro è così tenera da stemperare quel senso di inquietudine che accompagna quasi sempre un episodio di Black Mirror. «È brillante», dice Corrin parlando della collega. «Ha un tempismo comico incredibile. Al centro c’è una storia d’amore, e penso che questo sorprenderà molti. Non è uno di quegli episodi horror con un messaggio inquietante». Eppure, quando la conversazione inevitabilmente scivola sull’uso dell’intelligenza artificiale nel cinema – uno dei motivi che hanno portato allo sciopero SAG-AFTRA del 2023 – il tono di Corrin si fa più serio. «Non mi piace per niente». Pausa. «In realtà lo trovo terribile. Mi fa paura. L’idea di perdere la creatività originale, autentica… il fatto che non sia più necessario trovarsi nella stessa stanza con altre persone per creare qualcosa è spaventoso. Con tutto quello che sta succedendo nel mondo, l’unica cosa a cui dovremmo aggrapparci è proprio questa: stare in una stanza con altre persone e costruire qualcosa da zero. È da lì che nasce tutto. È da lì che nasce la speranza».
Il teatro – persone che creano qualcosa da zero – è il primo amore di Corrin, anche se accettare il ruolo attuale ha richiesto una certa dose di sforzo mentale e un bel salto nel vuoto. «Le è piaciuto davvero Il gabbiano?», mi chiede con un mezzo sorriso e la testa inclinata. Ho la sensazione che riesca a leggermi dentro. «Perché a me no! Credo semplicemente di non averlo capito. L’ho letto a scuola e mi è sembrato pesantissimo… E Nina mi sembrava un personaggio debole». Durante il primo incontro con Ostermeier, Corrin ha ammesso di avere riserve sul ruolo. «So cosa vuol dire desiderare di recitare, ma ora sono dall’altra parte. Non avevo molta voglia di tornare alla persona che ero a sedici anni», spiega. Il regista ha lasciato a Corrin la libertà di sperimentare, di giocare davvero con il personaggio e trovare una chiave personale per interpretarlo. Il risultato? La sua Nina è tutt’altro che debole. «E se invece fosse incredibilmente consapevole?», ha pensato Corrin. Si anima mentre racconta la prova di una scena con Trigorin/Tom Burke, lo scrittore mediocre che Nina vede come il suo biglietto per uscire dall’anonimato. Invece di pendere dalle sue labbra, la Nina di Corrin mangiava una banana, con fare sfacciato e allusivo. «Sono scoppiati tutti a ridere: era provocatorio e civettuolo». Quell’energia è arrivata fino allo spettacolo, la libertà di sperimentare ha chiaramente dato i suoi frutti.
Sul palco, Corrin ha una presenza magnetica. C’è qualcosa di profondamente umano nelle contraddizioni complesse che porta in scena: Nina desidera Trigorin, ma al tempo stesso mostra una fiducia silenziosa, tipica della giovinezza, e riesce a tenere testa sia a lui che alla sua amante, l’imperiosa Arkadina interpretata da Blanchett. Il risultato rende i triangoli amorosi della pièce ancora più esilaranti e, allo stesso tempo, ancora più strazianti. Prima de Il gabbiano, Corrin racconta di non aver mai lavorato in modo così collaborativo. «Cate è incredibile in questo senso. Tira fuori trovate a caso e noi le seguiamo. Ammiro profondamente la sua immaginazione e creatività. Thomas crea un’atmosfera in cui si può fare praticamente qualsiasi cosa. È un modo straordinario di lavorare. Siamo una vera famiglia», dice. «Non ho mai provato un legame così forte con un cast». E il sentimento è ricambiato. Parlando del lavoro con Corrin, Blanchett mi dirà poi: «La vita interiore di Emma è così ricca e misteriosa. Lavorarci è come cercare di trattenere il mercurio tra le dita. Sul palco, è energia pura».
Corrin ha posato per la copertina di Elle durante una breve trasferta a Parigi. Indossare la nuova collezione Miu Miu abbinata a gioielli Cartier d’archivio – alcuni risalenti agli anni Venti e presto in mostra al V&A – è stato del tutto naturale. «Mi hanno fatto pensare al Titanic. Quei pezzi hanno vissuto tante vite. Chi li ha indossati? Quando?», si chiede. «È stato divertentissimo abbinarli a una collezione androgina e giocosa. C’è tanta gioia e libertà nella moda». Il servizio fotografico sembra l’incontro perfetto – e volutamente contrastante – di estetiche, per una personalità che è al tempo stesso uno dei talenti più rappresentativi della sua generazione e una figura che rifiuta ogni definizione. La passione di Corrin per la recitazione è nata a scuola, nel Surrey, e si è consolidata durante gli studi in pedagogia, letteratura inglese, teatro e arti visive all’università di Cambridge. La sua ascesa fulminea è ormai leggenda: dopo la laurea, ottenne un lavoro come spalla, nel ruolo di Diana Spencer, delle attrici che facevano i provini per la parte di Camilla Parker Bowles in The Crown. Preparandosi insieme alla madre (che è logopedista), trattò quell’occasione come un provino segreto, tutto suo: perfezionò le inflessioni caratteristiche di Diana e le inclinazioni del capo da cerbiatta. Il resto è storia. Cinque anni dopo, Corrin sente ancora vicino quel personaggio: «Provo affetto, come se l’avessi conosciuta un po’. Con il tempo, è strano pensare a quanto abbia cambiato la mia vita. È quasi troppo da elaborare». La sua amatissima interpretazione ha portato a Corrin il plauso generale, un Golden Globe e una candidatura agli Emmy. Era naturale che il pubblico volesse vedere Emma in altri ruoli in costume, nei panni di donne represse e intrappolate in relazioni infelici. Sono così arrivati My Policeman, accanto a Harry Styles, e L’amante di Lady Chatterley, con Jack O’Connell.
Ma Corrin non aveva alcuna intenzione di farsi intrappolare in quel tipo di etichetta: «Scelgo i ruoli in modo molto istintivo», racconta. «Non cerco nulla di preciso, è più una questione di sensazioni». Negli anni successivi, ha dimostrato in modo inequivocabile la sua versatilità come interprete. Nel 2023 ha vestito i panni di un’investigatrice dilettante in A Murder at the End of the World, accanto a Harris Dickinson, per poi interpretare una villain dell’universo Marvel: la fredda e calcolatrice Cassandra Nova in Deadpool & Wolverine, con Ryan Reynolds. Più tardi ha recitato al fianco di Lily-Rose Depp nel disturbante remake di Nosferatu. Con un enigmatico trasformismo, Corrin attraversa generi molto diversi, portando in ogni ruolo una profonda umanità. Come racconta l’amica e collaboratrice Little Simz (Corrin compare a sorpresa nell’album Sometimes I Might Be Introvert della musicista): «Il suo talento è indiscutibile. Già dal nostro primo incontro ho capito di avere davanti una persona che ha davvero a cuore gli altri e che crede nel potere dell’arte di cambiare il mondo in meglio». Tornare sul palcoscenico, con l’imprevedibilità che ogni spettacolo porta con sé, sembra ricordare quanto sia sorprendente la capacità di metamorfosi di Corrin. Ma l’adrenalina ha il suo prezzo, e Corrin, che preferisce andare a dormire entro le dieci di sera, si sveglia spesso prestissimo. La nuova routine postspettacolo – «un whisky e una fetta di pane tostato» – aiuta. C’è qualcosa di prezioso nei brevi momenti di solitudine, a tarda notte, nella sua cucina. Ho l’impressione che faccia fatica a rilassarsi. È all’apice della sua carriera, ma di certo non si sta adagiando sugli allori. «L’anno scorso ho avuto davvero la sensazione che qualcosa non andasse», racconta. «Forse è una questione d’età. La fine dei vent’anni, quando si supera una fase della vita per entrare nei trenta, è un momento di transizione strano. Mi sentivo completamente fuori fase, mi chiedevo cosa stessi facendo dal punto di vista professionale».
Non è un caso che queste riflessioni esistenziali siano emerse proprio in uno dei rari momenti di pausa che Corrin abbia avuto negli ultimi anni. Lo sciopero SAG-AFTRA ha imposto un rallentamento che non sperimentava dai tempi della pandemia. «Non me la cavo bene quando non lavoro, e mi sentivo un po’ alla deriva. Non avevo così tanto tempo libero da prima di The Crown. C’eravamo solo io e i miei pensieri; un vero incubo». Negli ultimi anni è stato naturale fermarsi a riflettere sul passato, chiedendosi se l’avesse vissuto appieno e quale fosse davvero la fonte della sua felicità. «È facile ritrovarsi in una routine senza fine. Poter lavorare e fare ciò che amo è un privilegio, ma quando gli impegni si susseguono uno dopo l’altro, manca il tempo per chiedersi: questo mi appaga davvero?». E poi c’è la fama. Dopo aver interpretato una figura così iconica, non c’è voluto molto perché anche Corrin, come Diana, diventasse un personaggio di forte interesse pubblico. «È un aspetto molto strano di questo lavoro. Lo trovo davvero difficile. Sono ovviamente riconoscente per tutto ciò che il mio lavoro mi ha portato, ma crescendo e pensando a cosa voglio per il resto della mia vita… Sto cercando un equilibrio tra l’apprezzare il lavoro che faccio e le scelte che compio, e il prendere le distanze da tutto il resto». La perdita dell’anonimato e lo scrutinio costante sono stati travolgenti, soprattutto dopo il coming out come persona non binaria, nel 2021. «Credo che interpretare Diana sia stato, in un certo senso, il più grande campanello d’allarme», racconta. La pausa forzata dovuta agli scioperi si è rivelata un reset importante. «Ho capito che volevo fare più teatro, perché mi dà molta gioia. Voglio dire meno spesso di sì, e concedermi più tempo tra un progetto e l’altro per esplorare altri interessi, come la scrittura, e semplicemente sentire di avere i piedi per terra, stare con la mia famiglia e non prendere un aereo ogni due giorni. Riuscire a esprimere tutto questo è stato un passo enorme». In un momento storico tanto complesso, prendersi cura di sé appare più importante che mai. Poche settimane prima della mia conversazione con Corrin, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che di fatto smantella i diritti delle persone transgender e non binarie negli Stati Uniti. Provvedimenti che sembrano puntare a negare l’esistenza stessa di un’intera comunità. «È terrificante pensare che generazioni di bambini e bambine cresceranno con una paura costante e senza la possibilità di esprimere liberamente chi sono» afferma Corrin. «È davvero triste. Lascia un profondo senso di impotenza». Corrin non ha ancora visitato gli Stati Uniti da quando è stata annunciata la legge. «Sarà strano andarci. Nella vita di tutti i giorni ho il privilegio di potermi sentire al sicuro, ma anche il Regno Unito ha i suoi problemi».
Far parte di una minoranza comporta spesso la pressione implicita di dover essere al tempo stesso esperti e portavoce. Chiedo a Corrin se crede che le persone cisgender dovrebbero fare di più per contrastare la cancellazione della comunità trans e non binaria. «È assurdo dover spiegare continuamente la propria identità. Pensare che per molte persone questo problema non si presenti mai, almeno in termini di genere…». Si interrompe. «Non so cosa dire, non so cosa pensare». Sul volto di Corrin riaffiora un’espressione combattuta. Eppure, al di là dell’incertezza, traspare una forte consapevolezza. «Quest’anno sento di avere più chiarezza. Ho ritrovato un equilibrio interiore che non provavo da tempo», racconta. In un momento che chiude simbolicamente un cerchio, spiega che proprio Nina – il personaggio un tempo considerato debole – rappresenta un aiuto a ritrovare la speranza nei momenti più difficili. «Lei si aggrappa alla speranza. Ripetere quelle parole ogni sera ha un effetto potente. È lei a capire che, quando le cose vanno così male, l’unica cosa da fare è mettere un piede davanti all’altro e andare avanti».
(Testo di Shannon Mahanty, foto di Yulia Gorbachenko, styling di Charles Varenne. Ha collaborato Sabrina Leina. Capelli Daniel Martin. Trucco Gina Kane @ Caren. Manicure Sylvie Vacca @ Call My Agent. Set designer Samirha Salmi @ Swan Mgmt).