Sono fantasmi perché dopo lo sfratto vivono di nascosto in soffitta. Valerio non riesce a dire la verità a suo figlio e quindi trasforma le fatiche del quotidiano in un gioco fantastico (la mamma non è morta ma in missione nello spazio e la casa è abitata da “invasori” che loro devono cacciare). È il meccanismo de La vita è bella, una citazione dichiarata («Buongiorno principe»), ma mentre là c’era qualcosa di enorme e incontrollabile da trasfigurare qui c’è l’incapacità di un genitore nel gestire la verità. Michele Riondino, 42 anni, è il protagonista, insieme all’attrice israeliana Hadas Yaron, de I nostri fantasmi di Alessandro Capitani (Giornate degli Autori a Venezia 78).
Hai utilizzato la tua esperienza di padre?
Sì, soprattutto l’idea della fallibilità dei genitori. Nessuno è preparato a diventarlo, sbagliare è fisiologico.
Cosa ti hanno regalato le tue figlie?
La possibilità, egoistica se vuoi, di rivedere il mondo coi loro occhi. Per esempio la casa di Taranto, dove sono cresciuto: quando Frida ci è entrata per la prima volta era già sua, più sua che mia.
Nella tua carriera quale è stato il film o la serie tv della svolta? Cosa è cambiato dopo?
L’anno piuttosto, tra il 2009/2010: Il passato è una terra straniera, Dieci Inverni e Fortapàsc. Dopo, ho avuto la fortuna di confrontarmi con registi come Bellocchio, un maestro come lui aveva la curiosità e la voglia di ascoltare me…
Come è andata con il piccolo Orlando sul set?
I bambini sono rischiosi e per lui era il primo film ma una volta capito il meccanismo faceva addirittura proposte. Ogni tanto chiedeva cose tipo: “Qui posso piangere?”.
Vorresti essere una mosca per volare in quale casa?
Tutti siamo pieni di segreti e scheletri, non voglio andare a vedere anche quelli degli altri. Non vorrei avere nessuna mosca nella mia stanza e quindi neanche esserlo» (sorride).