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Scandalo (o quasi) a Venezia. I look più discussi della storia del Festival del Cinema

Da Diana Dors in bikini di visone a Kate Hudson e il pionieristico pancione rivelato. Da Giulia Salemi con spacco osé a Timothée Chalamet con la schiena nuda. Carosello di (s)vestizioni, trasparenze e capricci da diva formato spilla, nel perimetro del tappeto rosso lagunare.

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i look più discussi della storia del festival di venezia

“Ma lei l’ha vista la patata?”, chiesero nel 2016 ad un’ignara Natalia Aspesi, al lido per godersi – giustamente – i film. Il riferimento era agli spacchi ben al di sopra della linea dell’equatore sfoggiati quell’anno da due starlette in erba: Giulia Salemi e Dyane Mello, (s)svestite dal designer Matteo Evandro Manzini alla prima di The Young Pope, in look senza pudore che infiammarono il web e condussero la penna affilata della giornalista italiana a trattare l’argomento in un editoriale su laRepubblica. “Ma non si può evitare una certa malinconia pensando che tanta passione, tanta intelligenza, tanta bellezza, tanto denaro, tanta cultura, tante idee e pensieri…non contino nulla rispetto a quella patata in mostra, che finisce a essere tutto ciò che rimane di una bella Mostra”, concluse la Aspesi. Del resto, a osare centimetri di pelle sotto il sole della Serenissima, non furono né le prime né le ultime, e più che le mises pruriginose, fu la volgarità di un sesso femminile sbiancato dal bikini e tutt’altro che accennato a colpire le regole del (buon) costume. Più la solita polemica di un red carpet aperto al pascolo di chiunque; gieffini, tentatori, corteggiatori, tiktoker, sedicenti beauty guru che al Lido vanno per far tutto fuorché guardare i film (ma d’altra parte li pagano) e azzardano l’outfit scandaloso, eccentrico, mirabolante, sicure di finire nella lista delle meglio o peggio vestite. D’altronde scandalo e divismo costituiscono la genetica stessa del Festival di Venezia. Certo all’inizio tenevano banco i primi amplessi in nudo integrale sul grande schermo di Hedy Lamarr, le scaramucce non dette tra Brigitte Bardot e Sophia Loren, il neorealismo sottovalutato di Luchino Visconti, o i mega party della pettegola Elsa Maxwell che, tra l’altro, incitava all’uso del potere trasformativo della moda. “Non venite in smoking o in abito da sera – si leggeva sugli inviti alle sue feste –, ma vestiti come il personaggio che vorreste essere”. Ed ecco passare leggendari scatti in bianco e nero che sono spaccato ligio di anni Cinquanta e Sessanta, tra i corpini stretti e le gonne sbuffanti di una bellissima Maria Callas, tra i brindisi euforici del trio Cardinale-Taylor-Burton a Ca’ Vendramin Calergi dalla contessa Marina Cicogna. Anche se ad essere cristallizzato nell’immaginario festivaliero come il primo dei più peccaminosi look, fu senza dubbio quello di Diana Dors, emblema della pin up americana che, nel 1955, si godette la crociera in gondola e i flash dei fotografi coperta di un bikini di visone. Per dire che i recenti nudi, in fondo, non hanno inventato niente. Fu a suo modo pioniera di baby bump vestiti di tutto punto, invece, Kate Hudson che nel 2003 osò l’insieme vedo-non-vedo griffato Chanel alla prima di Le Divorce-Due americane a Parigi mentre, Scarlett Johansson nel 2006 finì di diritto nelle classifiche delle star dall’outfit più raffinato e dal beauty look più puntale. Ad aizzare gli animi dei commentatori, un ritardo di un’ora che al Festival non si era mai visto, causa una spilla zoomorfa che a quanto pare faticò ad incastrarsi tra le ciocche bionde dell’attrice all’epoca ventunenne. Infine, in anni più recenti a catalizzare l’attenzione è stato, perbacco, un uomo; alias il baby girl man Timothée Chalamet che mostrando la schiena nuda tra le pieghe sartoriali e sanguigne di una tuta firmata Haider Ackermann, risvegliò gli ormoni dormienti di inizio settembre con una sciabolata di sexyness senza genere. Questo e altro, si ripassa qui, nell’atlante dei look più discussi della storia del Festival del Cinema di Venezia nell’attesa bramosa che la 82esima edizione (visto lo stuolo di celebrità attese) ci regali materiale da scoop vestimentario. Come implorava sempre la Aspesi nell’’86; “pietà, dateci uno scandalo”. Lei per l’esclusione di Velluto Blu dalla rassegna ma vabbè, noi siamo più frivoli.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Diana Dors e il bikini in visone nel 1955

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Horace Abrahams//Getty Images

Sul red carpet ci arrivò con tipico glamour Hollywoodiano, fasciata di un abito a colonna fulgido come una strobo e immancabile stola di pelliccia. Ma negli annali della kermesse è rimasto lui: il bikini in visione sfoggiato per il tour in gondola fronte piazza San Marco che ha fatto della pin up Diana Dors l’apripista di ogni galleria a tema che si rispetti.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Gina Lollobrigida e l’abito a rete nel 1967

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Hulton Archive//Getty Images

Tra i primi vedo-non-vedo della storia della kermesse, l’abito a rete rosa zuccherino indossato da Gina Lollobrigida mentre danza con Aristotele Onassis al ricevimento dei conti Cicogna nei saloni di Ca’ Vendramin Calergi, nel 1967, è anche quello da annali. La mitica Giusi Ferré lo bocciò, scrivendo che la Lollo, grazie anche ad un’improbabile coroncina di fiori posta a glossa della mise, pareva “fuggita da un cartone animato della Disney”. Effettivamente…

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Kate Hudson e le prime prove di maternity look nel 2003

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J. Vespa//Getty Images

Ok. Rihanna ha fatto al tutto l’upgrade e arrivare ai suoi picchi di glamour in maternità è (quasi) impossibile. Kate Hudson, tuttavia, fu pionieristica, rivelando il pancione tra i veli ricamati di un tulle lilla griffato Chanel, alla prima di Le Divorce nel 2003. Top e gonna provenienti dalla collezione Haute Couture della Primavera Estate di quell’anno che spazzarono via la modestia con cui, fino ad allora, si concepiva il guardaroba da tappeto rosso della mum to be. A riprova che quello di Venezia è sì un tappeto rosso, ma anche una cartina al tornasole dei cambiamenti di usi e costumi.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Scarlett Johansson e la spilla della discordia nel 2006

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Niki Nikolova//Getty Images

Non è tanto il look di per sé ad essere stato oggetto di commenti, quanto più il ritardo che causò al tappeto rosso di The Black Dahlia, pellicola di Brian De Palma su uno dei più misteriosi casi di cronaca nera made in Hollywood. In linea con l’ambientazione della pellicola che la vedeva protagonista – gli anni Quaranta della Golden Age losangelina – Scarlett Johansson si presentò con una mise rétro e vintage, scovata dopo tre giorni di ricerche. “Nascosto, ho trovato un abito di seta ricamato degli anni Quaranta che si adatta perfettamente non solo a me, ma anche all'epoca in cui è ambientato il mio film” raccontò infatti l’allora ventunenne attrice. A postilla del look, sull’acconciatura, troneggiava una spilla a forma di farfalla fitta di cristalli realizzata da Chopard e che, a quanto pare, proprio non voleva saperne di incastrarsi tra le ciocche della Johansson. Risultato? Un’ora di attesa per il red carpet del film, con chi accusò l’attrice di capricci da diva e i giornali a titolare, ad esempio; “Tutti pronti per il ruggito del leone. Tranne Scarlett”. Alla fine fece bene lei, perché quell’abito in satin crema le valse (e le vale ancora oggi) il plauso dei cronisti à la mode.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Salemi, Mello e lo spacco osé nel 2016

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Pascal Le Segretain//Getty Images

Alcuni si indignarono per il copycat – suvvia, c’era già stata la farfallina di Belen a Sanremo –, altri come Natalia Aspesi, più che per la patonza in sé, per il fatto che l’esibizione di suddette pudenda distogliesse dalla rassegna che, tra l’altro, quella sera presentava il gioiellino The Young Pope di Paolo Sorrentino. Epoca strana, la nostra, notò la giornalista, poiché “Viviamo in tempi in cui è disdicevole star vestiti sulle spiagge ma è un passo verso la celebrità mostrare quella cosa dalla decine di soprannomi, sul tappeto rosso di una mostra internazionale d’arte cinematografica”. Insomma un po’ morta di fama per la giornalista, ma in fondo, come si schermì Giulia Salemi, lei era lì a supporto del giovane designer Matteo Evandro Manzini, autore dei due look in raso fucsia e arancione, con strisce di stoffa fluttuanti a mostrare quella zona lì dove non batte (in teoria) mai il sole. Nella storia recente del Festival, il polverone modaiolo più galattico.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Timothée Chalamet e la sexyness di una schiena nuda nel 2022

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Alessandra Benedetti - Corbis//Getty Images

Giovane, bello, ottimamente vestito, con fascino al cubo nonostante – anzi, proprio per quello – la tuta sanguigna con schiena nuda progettata per lui da Haider Ackermann. Timothée Chalamet, e con lui la schiera di bellocci di oggi che va da Harry Styles a Jacob Elordi al daddy Pedro Pascal, intavolano look ad alto tasso di testosterone sulle strade e sui tappeti rossi di mezzo mondo, sfilando in panni che vanno ben oltre il canonico suit. Il vocabolario ha già coniato per loro un nuovo lemma; ossia baby girl man ad indicare uomini sufficientemente sicuri della propria mascolinità al punto di osare outfit che delle regole di genere si fanno beffa. Styles va in giro con maxi-colletti e collane di perle, Elordi ha una schiera di borse da fare invidia a una donna, Pascal si mette delle galosce in pelle e dei pantaloni plissé e limoncello di Issey Miyake e resta l’internet boyfriend a cui offriremo volentieri un caffè. La tendenza, chiaramente con un côté pubblicitario non da poco, si può dire sia stata in un qualche modo sdoganata proprio dal bel Timmy in quel di Venezia che, nel 2022, con la tuta backless dimostrò che oltre la grande rinuncia sartoriale c’è di più.

I look più discussi nella storia del Festival del Cinema di Venezia: Florence Pugh e il revenge dress nel 2022

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Stefania D'Alessandro//Getty Images

Bellissima, in una nuvola di tulle nero ricamata di paillettes siderali, le maniche sbuffanti e lo strascico garbato di una gonna aperta sullo stacco di coscia. Nulla di scandaloso nell’abito Valentino Haute Couture sfoggiato da Florence Pugh alla prima di Don’t Worry Darling nel 2022, eppure la stampa americana non mancò di etichettare come revenge dress la creazione indossata dall’attrice. Il motivo? Il polverone di gossip che accompagnò tutto il press tour della pellicola diretta da Olivia Wilde, rea di aver licenziato Shia LaBeouf come protagonista maschile per via della sua “energia combattiva”, con l’attore che prontamente smentì additando altre cause e pubblicando un video della Wilde in cui si riferiva a Pugh come “Miss Flo”, noto soprannome dell’attrice che tuttavia nel contesto suonò un po’ come uno sberleffo, diffondendo i rumors sulla tensione tra la regista e la sua attrice. Il risultato fu che quell’abito nero indossato sul tappeto rosso di Venezia – e postato sui social dalla stylist di Pugh con emblematica caption di “Miss Flo” – venne letto dalla stampa, per citare Fashion Magazine, come echeggiante “un’aria di sfida d’avanguardia”. Un red carpet a dir poco teso, con culmine nello sputo-gate che coinvolse i due co-protagonisti del film Chris Pine e Harry Styles all’interno della sala di proiezione. Un dramma (anche) fashion ma da svariati minuti di applausi.

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