Il suo è un meraviglioso universo di moda upcycled. Decostruisce, risignifica, sovverte; cesella una nuova grammatica in un cui i pantaloni diventano minidress, le cinture si fanno top bustier, e i guanti deliziose gonne dall’attitudine vissuta. L’elenco potrebbe essere infinito poiché non c’è oggetto o scampolo che scappi dalle grinfie creative della svedese Ellen Hodakova Larsson, neo-eletta vincitrice dell’LVMH Prize cui spetterà un premio di 400mila euro, nonché un anno di tutoraggio da parte di professionisti del colosso del lusso francese. Sarebbe banale – seppur imprescindibile – ricondurre la vittoria alla sola virtuosità ambientale, perché è innegabile l’ostinazione della designer nel rompere regole e convenzioni di un fashion business spesso votato allo spreco, ma è altrettanto fuor di dubbio l’ingegnosità con cui la creativa aggiunge valore allo scarto, al tessuto che è rimanenza di magazzino, o all’articolo vintage dimenticato che, nelle sue mani, diventa punto di partenza di un nuovo ciclo produttivo. “Per me riciclare oggetti che hanno già avuto una vita significa onorarne la storia – raccontò qualche tempo fa –. Un capo ti può sorprendere proprio per via di questi accenni al suo passato. E grazie al processo di cambiamento, il valore dell'artigianato e dell'innovazione diventa a mio parere ancora più elevato”.
Pensate al più banale manufatto da mercatino delle pulci e trasformatelo in un indossabile objet trouvé: il quadrante di mille orologi compone il macramè di un top, i ferri del mestiere del sarto diventano needle dress sbrilluccicanti, o la vecchia argenteria chissà a chi appartenuta si fa canotta bling bling da tappeto rosso. Poiché, tra i meriti di Hodakova che, fresca di diploma alla Swedish School of Textiles fondò nel 2021 l’eponima e virtuosa etichetta, c’è quello di essersi già guadagnata l’endorsment di un gruppo di star che in lei riconoscono probabilmente un’originale narrazione che va al di là della commerciabilità – oggi imperante – della moda. Cate Blanchett si vestì di cucchiai della griffe per la prima australiana di Borderlands dell’agosto di quest’anno, mentre Rosé del gruppo pop sudcoreano Blackpink opzionò un abitino in pelle risultato da vecchi pantaloni per una mise da Lolita 3.0.
Per un evento ad Anaheim, in California, la fashion icon in the making Greta Lee scelse il look 19 dell’Autunno Inverno 2024 2025 del brand, declinando uno stile da lady composto di corpetto in pelle e gonna ampia, rigorosamente upcycled. E poi ancora; un’insospettabile Kyle Jenner, fan (quasi) della prima ora delle borsette intreccio di cinture di Hodakova, un’audace e sempre accortissima Emma Corrin in Belt Dress e, da ultima, una camaleontica Lady Gaga cristallizzata sulle pagine di Vogue con mise losangata dell’ultima passerella della griffe.
Ormai tra gli eventi più attesi della settimana della moda parigina, le presentazioni di Hodakova restituiscono una creatività tattile e a tratti giocosa; la perfetta imperfezione di chi nell’avanzo trova un tesoro, rivedendo e correggendo i classici della moda con quella patina di fascino che solo il tempo è in grado di dare: la consunta valigia del padre è un abito, un vecchio vassoio d’argento è un top e le coccarde ultima traccia delle vittorie ottenute quando cavallerizza provetta, sono oggi long dress da grande soirée. È la magia upcycled di Ellen Hodakova Larsson che da outsider del sistema, trova oggi un riconoscimento ufficiale da parte della giuria del premio LVMH che – assieme a Duran Lantink vincitore del Karl Lagerfeld Award e Standing Ground di quello dedicato al savoir faire – l’ha premiata con l’Award più ambito. Sintomo di come la sua sfida a sovvertire con estro le aspettative di ciò che gli abiti dovrebbero essere, unitamente ad una sostenibilità che non è più valore negoziabile, siano oggi tra gli obiettivi della moda. Perché per Hodakova – come disse in occasione della sua ultima collezione –, “lusso significa godersi la vita ed essere presenti”.
