Gli Anni 70 avevano i pantaloni a zampa, gli 80 il power dressing, i 90 gli slip dress dall’eleganza minimal, i 2000 la vita bassa e la moda bling-bling. Dagli Anni 10 – quando già la nostalgia e il revival di decenni passati si infiltrava nel quotidiano eppure ancora era possibile definire elementi di novità, tra hipster, normcore e poi massimalismo – individuare quali saranno i fashion trend che passeranno alla storia come originali e identificativi dell’epoca è diventato sempre più difficile. Anzi, guardando ai social è difficile addirittura dire in che momento storico ci troviamo.

Instagram e TikTok ci offrono un quadro composito dove corsetti e abiti storici di un paio di secoli fa (o loro perfette riproduzioni) scorrono rapidi sullo schermo alternandosi a top a farfalla e gonne svolazzanti uscite dai Naughties, look ispirati al grunge Anni 90, outfit a tinte pastello usciti da un film di Wes Anderson e così via. L’ingerenza dei social nella moda ha creato una sorta di buco nero in cui tutte le epoche – dai decenni più recenti a qualche secolo addietro – si mischiano di continuo rendendo difficile stabilire quali siano gli aspetti unici del nostro tempo. E così anche il ciclo di vita delle tendenze, storicamente riassunto in cinque fasi (introduzione, ascesa, picco, declino e obsolescenza) e spalmato entro un ventennio, è radicalmente cambiato facendosi del tutto imprevedibile.

come nascono i fashion trendpinterest
The Chosunilbo JNS//Getty Images

Già prima della pandemia si parlava delle numerose estetiche nate su Instagram e, dal lockdown, TikTok non ha fatto che accelerare la loro evoluzione in micro-trend, frammenti minuscoli di potenziali sottoculture (che tuttavia durano troppo poco per potersi solidificare come tali), che a volte fanno anche solo di un determinato tratto caratteristico, capo o accessorio, un oggetto feticcio intorno a cui costruire tutto un mood. Anche chi non è così coinvolto nella cultura digitale non potrà non aver notato il boom di etichette [qualcosa]core che identificano le estetiche più disparate, tra cottagecore, mermaidcore, gorpcore, Barbiecore e chi più ne ha più ne metta. In questo mix, la sensazione è quella di vivere dentro una bacheca di Pinterest. La stessa cosa sta succedendo un po’ con la musica, dove canzoni di qualsiasi decennio e genere vengono trasformate in motivetti di pochi secondi che si ripetono in loop e in versione sped up, facendo anche della traccia più alternativa una sorta di jingle svuotato di significato. Le mode e gli interessi di ogni momento storico si mischiano insieme in un calderone in cui, tra tanti microcosmi, paradossalmente perfino il concetto di nicchia scompare: tutti fruiamo di qualsiasi tendenza o contenuto a prescindere dall’attinenza con i nostri autentici gusti personali, che d’altronde si fanno sempre più sfumati, perdendosi tra le mille novità con cui sperimentare. La moda è sempre più gioco e sempre un po’ meno una vera forma di espressione personale. In questo scenario, rapido, fluido e confuso, cogliere lo spirito del tempo e predire trend stabili per le aziende diventa difficile e allora cambiano anche le modalità di concezione delle collezioni così come le strategie di marketing, che puntano a cogliere un pubblico sempre più giovane cercando di instaurare una conversazione biunivoca sulle tendenze. Si viene incontro al pubblico, insomma. In alcuni casi, si lascia perfino che sia esso a decidere: sempre più spesso non sono i brand ad accendere la miccia di una tendenza, piuttosto cercano di alimentarne la fiamma e proteggerla più a lungo possibile.

A onor del vero, l’alta moda ha spesso attinto dalle sottoculture giovanili interpretando lo spirito del tempo, elevandolo, amplificando la tendenza in questione e trasportandola dalla nicchia alla massa. Tuttavia oggi assistiamo a un fenomeno decisamente particolare in cui la definizione di un trend è diventata un po’ un brainstorming in cui potenziali consumatori, brand, celebrity e influencer sono ugualmente coinvolti. Sono lontani i tempi in cui erano le passerelle a dettare la moda del futuro. Molto più di frequente, i trend nascono sui social – TikTok, in particolare, ne sforna di continuo – e, raggiunto un certo grado di popolarità, incuriosiscono i reparti di marketing e merchandising dei brand di moda, che ci capitalizzano sopra. In un certo senso, per i brand i social assumono la doppia funzione di focus group e cassa di risonanza (entrambi gratuiti): da una parte, attraverso l’incessante creazione di micro-tendenze, i potenziali clienti servono i propri gusti su un piatto d’argento alle aziende permettendo loro di elaborare sul trend in questione, rifinirne l’estetica, amplificarne la portata, definire strategie di comunicazione e marketing ad hoc per capitalizzare al massimo l’hype; dall’altra, a collezione uscita, gli utenti diffondono il verbo del marchio con un pubblico potenzialmente infinito, il tutto a costo zero, o (in caso di ADV) decisamente ridotto rispetto a una campagna di marketing più studiata che prevede il coinvolgimento di vari talenti. Il consumatore non ha mai avuto tanto potere decisionale: se prima era il marketing a orientare le scelte del pubblico creando un bisogno laddove non c’era, oggi i social hanno dato al pubblico gli strumenti per indirizzare la conversazione dove vogliono. Per quanto questo approccio “comunitario” alla moda sia interessante da osservare, una moda che insegue disperatamente l’hype – spesso arrivando anche in ritardo rispetto all’andamento della cultura di massa – è un’antitesi, si solleva dal proprio incarico, perde di significato. Senza contare che l’interesse intorno alle tendenze oggi dura pochissimo.

come nascono i fashion trend
Pascal Le Segretain//Getty Images

Alcuni trend tuttavia sono destinati a durare più di altri. In generale ciò accade quando la tendenza si lega a doppio filo con un grande fenomeno che contemporaneamente investe la cultura pop, come spiega BOF. È il caso quindi del Barbiecore che, grazie al lungo teasing che ha anticipato il film, è in circolazione da un anno, del quiet luxury, iniziato post-pandemia (senza un nome preciso) e poi consacrato dall’ultima stagione della serie tv Succession, o ancora del mermaidcore che ha accompagnato il lancio de La Sirenetta e sembra stabile per l’estate. Alcune estetiche, se abbastanza ampie da abbracciare tutto un immaginario oltre la moda, compreso dunque lo stile di vita, la musica, la letteratura, i film annessi e connessi, riescono perfino a superare il test del tempo e affermarsi come permanenti, come cottagecore e Dark Academia che spopolano da almeno cinque anni e, tra picchi di popolarità e momenti più quieti, non accennano a sparire.

Dato che in questo gioco il tempismo è tutto, è cambiato anche il paradigma per cui il fast fashion copia le collezioni dei brand del lusso. Vista la velocità con cui i marchi di moda usa-e-getta riescono a produrre un capo (perfino tre giorni, se si pensa al caso limite costituito da Shein) è infatti sempre più spesso il fast fashion a intercettare per primo le tendenze emerse sui social e a riproporle sui propri scaffali in tempo zero, battendo i brand del lusso che inevitabilmente arrivano dopo – non c’è buy-now-wear-now che tenga. Le grandi maison, la cui produzione richiede più tempo, non hanno ancora sviluppato la prontezza di anticipare ciò che andrà virale sui social, quindi si crea il cortocircuito per cui il marchio di moda da precursore si fa seguace, nel disperato tentativo di restare rilevante stando dietro a micro-trend che nascono e muoiono anche nel giro di poche settimane.

Certo, ci sono ancora delle eccezioni. Prendiamo per esempio le sfilate Autunno Inverno 2022-23 e Primavera Estate 2023 di Miu Miu, che sono state nel corso dell’ultimo anno un ricettacolo di vari trend esplosi sui social: qui l’andamento è ancora quello standard, dove è il brand a fiutare un cambiamento in atto e imporre la propria estetica. Design e accessori comparsi in passerella, come la minigonna a vita bassa e maxi pieghe e i maglioncini cropped, hanno dato vita a una rinascita del preppy – un tassello pronto a inserirsi nel quadro più ampio tracciato dai social dall’anno scorso a oggi e che inquadra lo stile collegiale nel più nostalgico trend Old Money. Dalle ballerine indossate con gli scaldamuscoli è nato invece il trend balletcore che ha spopolato su TikTok all’inizio di quest’anno. Senza contare la micro-tendenza dell’intimo a vista, che è stata fortissima nel 2022. Anche nell’ultima sfilata, Miu Miu si è dimostrato tra i brand più in grado di cogliere l’atmosfera del momento proponendo una collezione slavata che fa eco al recession core (che evolve dal normcore) e al quiet luxury. Già questo però non anticipa, semmai interpreta un sentimento già attuale nella chiave personalissima di Miuccia Prada.

Il ciclo di vita del trend si riduce ulteriormente se si pensa alla diffusione della dupe culture su TikTok, che implica un ridotto interesse per l’originalità del prodotto – l’importante è che rientri nell’estetica di riferimento, che trasmetta lo stesso vibe – che favorisce la diffusione del fast fashion delle nuove generazioni (letteralmente dipendenti da Shein) e mina l’intero concetto di creatività e l’importanza che essa riveste nella moda.

GLI ESSENZIALI
dock & bay telo mare asciugatura rapida, senza sabbia
courtesy photo
anker 621 power bank ricarica rapida con connettore lightning integrato
courtesy photo
mediterraneo. the passenger. per esploratori del mondo
courtesy photo