A ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria e la moda non è certo esente dalle leggi della fisica. Così, dopo anni di massimalismo sembra tornato il momento di abbassare il tono e rifugiarsi in abiti non appariscenti che prima di tutto ci diano un senso di protezione. Dietro questo rinnovato bisogno di sobrietà, però, non c'è soltanto il fatto che l'estetica voluminosa, colorata, ultra-decorata – in una parola extra – che ha dominato le passerelle negli ultimi anni è giunta a un punto di saturazione com'è normale per la natura ciclica della moda, ma anche la risposta a una situazione geopolitica incerta, che per forza di cose si riflette anche sulla moda. Si parla, quindi, di un ritorno del normcore, una tendenza che fu rappresentativa degli Anni 10 del Duemila, caratterizzata da look no-logo composti da pochi capi essenziali: T-shirt bianche, jeans, overshirt, scarpe da ginnastica dalla linea semplice, in generale capi e accessori lineari, senza tanti fronzoli o colori sgargianti. Dopo il revival Y2K che ha conquistato la Gen Z, dalle ultime collezioni Primavera Estate 2023 e Autunno Inverno 2023-2024 è chiaro che si stia affermando una nuova sensibilità estetica, lontana dagli orpelli, dal mix di pattern e dalle tonalità troppo vivaci, che ha a che fare con un'eleganza più casual, una ricchezza sussurrata, uno stile comfort chic.
Ad avviare la tendenza in passerella, è stata la sfilata Bottega Veneta Primavera Estate 2023, osannata dalla stampa globale proprio per la sua sconcertante, intrigante, rivoluzionaria banalità – almeno apparente, perché poi anche un semplice look "jeans e canotta" nascondeva particolarissime lavorazioni in pelle. Da qui viene anche il famoso look con maglione e collant (portati senza gonna né pantaloni) che poi Kendall Jenner ha consacrato per le strade di Los Angeles e che è forse divenuto emblematico di questa nuova tendenza normcore/comfort chic, perché la combinazione è stata poi replicata da molti brand per le sfilate Autunno Inverno 2023-24. Primo tra tutti Miu Miu, che ha ribadito il concetto proponendo una collezione che è un inno al quotidiano fatto di maglioncini in lana dai colori neutri, camicie ripiegate dentro l'elastico delle calze, capelli scompigliati e collant velati: un ritorno al concetto di ugly chic, che ricerca il bello nel banale, che d'altronde è sempre stato alla base della visione di Miuccia Prada. Il segnale arriva poi anche dalle celebrities, che cercano di scendere dal piedistallo e apparire più in contatto con il momento storico in cui viviamo – e sensibili ai problemi che affliggono i comuni mortali – abbandonando i gioielli nei loro look da red carpet, come è successo ai Golden Globes di Gennaio.
A informarci del nuovo cambio di rotta però, ben prima delle settimane della moda, è come sempre stato TikTok. Il normcore di oggi, infatti, ha qualcosa di diverso e forse sarebbe più appropriato parlare di recession core, una definizione che rimbalza ormai da un po' tra i video effimeri dei social per arrivare a farsi spazio nel senso comune. Naturalmente, i due concetti sono correlati: il termine normcore nasceva proprio ai tempi della grande crisi finanziaria che coinvolse il mondo intero nel 2008, in risposta allo stile sfavillante dei Naughties che d'un tratto non sembrava più appropriato per raccontare i tempi; oggi, che ci troviamo davanti a un'altra recessione e in un momento di grave crisi politica e ambientale tra guerre ed effetti del cambiamento climatico, mentre da un lato si consolida l'estetica Y2K che trae ispirazione proprio dai primi Anni 2000, dall'altro si torna a sentire la necessità di rivolgersi a un look più sobrio, semplice, "normale", appunto.
Ma attenzione, il nuovo minimalismo è ben lontano da un'ascetica privazione di opulenti beni terreni: nel recession core il marchio conta eccome, solo che diventa una questione privata – per quanto possa esserlo in una società governata da video haul e unboxing in cui l'acquisto di un singolo prodotto si trasforma in un'occasione per generare content e dunque niente rimane davvero privato. Quello che i giovani ricercano oggi sono investimenti, design classici e senza tempo, emblematici di un'eleganza sussurrata come vuole lo stile Old Money. È così che si rinnova l'interesse per accessori intrisi di un senso di tradizione ed elitarismo, come la Birkin di Hérmes, che sebbene non abbia mai davvero abbandonato le scene ora torna anche ad ammantarsi di un'aura di coolness. Molti brand hanno risposto a quest’esigenza del consumatore con una dichiarata volontà di tornare alle origini, puntando proprio sulla tradizione: da Gucci, che con quest'obiettivo in mente ha lasciato andare Alessandro Michele e annunciato l'apertura di Salon rivolti a una clientela davvero d'élite in cui i prodotti costeranno minimo 40000€, a Balanciaga, che dopo anni passati a puntare sullo shock factor ha fatto un passo indietro con una collezione sobria che vuole "tornare alle radici" del marchio; da Burberry, che ha riesumato il logo vintage col cavaliere equestre che fa subito heritage, a Versace che per la sua sfilata da sogno a Hollywood ha reso omaggio a un'eleganza classica ed essenziale, così bella proprio perché in linea con i tempi.
Che significa, quindi, per i nostri acquisti futuri? Se sapremo volgere tutto questo in positivo, potrebbe voler dire che ci lasceremo guidare più dalla ricerca di qualità che dalla quantità, cercando di investire in capi e accessori senza tempo – per lo status che gli è intrinseco secondo la percezione comune o, semplicemente, perché davvero in linea con i nostri gusti personali più che con le micro-tendenze. A livello di trend, invece, questa comodità chic si traduce (anche) nel ritorno dello stile preppy, che però oggi si interseca con una nuova sensualità Y2K dando vita a qualcosa di nuovo. Infine, dal recession core esce forte anche la necessità di cercare alternative allo shopping tradizionale, rivolgendosi sempre più verso il noleggio e l'acquisto di prodotti vintage o second hand – in cui sempre più si cercano proprio design classici, destinati a durare.