“Slip inside the eye of your mind, don’t you know you might find…” un bucket hat, un parka oversize, delle adidas Gazelle o una T-shirt sfilacciata sotto a una giacca a vento anni Novanta. No, non è la descrizione di un look rubato a qualche archivio di menswear di Manchester, ma l’istantanea di quello che è successo—sta succedendo—sulle strade di Londra, Cardiff, Manchester, mentre migliaia di persone aspettano di entrare al già leggendario tour-reunion degli Oasis. Trentuno anni dopo Definitely Maybe, sedici dopo l’ultimo concerto nella loro città natale e la rissa di Parigi che ha decretato lo scioglimento del gruppo, Liam e Noel Gallagher sono tornati insieme per il Live ’25. E con loro è tornato qualcosa di ancora più potente dell’effetto nostalgia: il Britpop fashion. Quello stile che non si limita a evocare i Nineties ma ancora li abita, che affonda le radici nella cultura da cui proviene con la convinzione sfrontata tipica del nord dell’Inghilterra, perché lo stile degli Oasis non era una citazione né una posa, ma un’estensione della loro musica. Una dichiarazione di appartenenza, di classe, di attitudine. Non è un caso se la loro influenza oggi risuona con forza proprio mentre il mondo della moda sta cercando nuove forme di autenticità. Loro erano la risposta stilistica a un'Inghilterra in cerca di rappresentazione visiva concreta, che non provenisse da passerelle lontane ma dal cuore pulsante dei sobborghi operai.

oasis uniform lo stile britpop dei fratelli gallagher torna di modapinterest
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Noel Gallagher e Liam Gallagher


Nineties again: la nascita di un’estetica che è già leggenda

Ma per capire davvero cosa significasse vestirsi “alla Gallagher” allora – e perché ora sia tornato tutto, di nuovo, come un loop perfetto – bisogna guardare alla Londra e alla Manchester dei primi anni ’90. Era l’epoca del Cool Britannia, della rinascita culturale post-Thatcher, del Britpop come orgoglio nazionale e arma culturale contro l’americanizzazione imperante. Il panorama musicale esplodeva: Blur, Pulp, Suede, Oasis. E con esso, si imponeva anche un immaginario visivo ben preciso: un mix di estetica Mod anni ’60 (Fred Perry, giacche Harrington, Ray-Ban Wayfarer) e sportwear working class (Umbro, Reebok, Adidas, Kappa), su cui si innestavano accenni rave, tocchi da hooligan fashionista e una certa sprezzatura mascolina da northern lad che oggi potremmo tranquillamente definire bloke-core. A metà tra il calcio e la bandiera dell'Union Jack, tra l'hooliganismo romantico e la rabbia estetica, si faceva largo l’idea che la moda non fosse solo per soft boys e poser, ma anche per chi viveva una vita fatta di stimoli e pulsioni grezze, non edulcorate. Liam Gallagher non si vestiva per piacere: si vestiva per esistere. E quella differenza si sentiva.

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Noel e Liam Gallagher

I codici visivi di Liam Gallagher

Il suo armadio era quello di un ragazzo di Burnage, nei sobborghi di Manchester, con due fratelli maschi, un’educazione spiccia, una passione per il calcio e per gli Stone Roses, eppure bastava metterlo su un palco o davanti a una telecamera perché quegli stessi capi diventassero stile. Parka lunghi con cappuccio in pelliccia sintetica (un richiamo a quelli militari), occhiali da sole ovali portati anche con la pioggia, jeans morbidi, maglioni di lana, Clarks – Wallabee o Dester Boots – ai piedi, bucket hat da rave e tute Adidas in acetato. La loro estetica era immediatamente riconoscibile perché non cambiava mai. Era una divisa: anti-glamour, anti-moda, eppure potentemente iconica. Non è un caso se negli anni si è cominciato a parlare di Oasis uniform”, un look codificato al punto da entrare nelle collezioni archivistiche e nelle moodboard di stilisti e stylist britannici. In fondo, quello che i fratelli Gallagher hanno fatto è stato disegnare un'idea alternativa di mascolinità: meno curata, più ruvida, autenticamente inglese.

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Liam Gallagher

Dagli stadi alle sfilate: la moda inglese negli anni del Britpop

Nello stesso periodo, la moda inglese si muoveva su due binari. Da un lato c’era la scena clubbing, con i resti acidi dell’epoca Madchester Anni 80 e del rave che andavano convergendo nel cyber-style più eccessivo (colori fluo, pantaloni cargo, dettagli tech). Dall’altro c’era la corrente “new heritage” alimentata da marchi come Barbour, Burberry, Fred Perry, Dr. Martens, reinterpretati da stilisti emergenti con un occhio alla tradizione sartoriale. E poi, naturalmente, c'erano gli outsider come Alexander McQueen, che trasformavano il dolore e la rabbia inglese in opera d'arte. In mezzo a questo mix di stili e tendenze, gli Oasis hanno preso un’estetica da pub, da stadio, da fratello maggiore e l’hanno scolpita nel marmo della cultura pop. Il fatto che oggi stiamo parlando di bloke-core, lad-core, chav chic o mod revival è solo l’ennesima prova di quanto quell’impronta abbia resistito. I Gallagher non seguivano tendenze: le imponevano. Ai tempi della guerra musicale con i Blur, la differenza era palese anche esteticamente. Se Damon Albarn sperimentava con l’ironia, le giacche a quadri, i capelli più curati, gli Oasis ribattevano con maglie da calcio, jeans sformati, andatura sprezzante, eppure sulle copertine di NME, Select, Melody Maker erano loro a dominare. Erano i figli legittimi del mod style di Paul Weller, del rude boy, del punk di Camden, ma anche dello stile ignorante di certi hooligan dello Sheffield anni ’80. Indossare una maglia degli Oasis significava non solo amare la musica, ma anche prendere posizione.

Perché lo stile Oasis non è mai uscito di scena

E oggi, mentre Liam posa per Burberry nella campagna ispirata a Glastonbury, con lo stesso sguardo storto e una giacca come quelle che portava trent’anni fa, è evidente che non è cambiato nulla – se non la consapevolezza con cui il sistema moda torna ad accoglierlo, stavolta con reverenza. Se nel 1995 nessuno avrebbe immaginato un Gallagher in una campagna di lusso, nel 2025 la moda ha capito che nessuno può raccontare l’autenticità inglese meglio di loro. L’heritage di Burberry non è solo trench e tartan: è anche fango, festival, birra e ruvidità del nord. La moda non fa che confermare ciò che la cultura pop sapeva da tempo: i codici visivi del Britpop sono ancora attuali, ancora capaci di trasmettere desiderio e identità. E negozi e piattaforme online lo confermano: dall’annuncio della reunion tra i due fratelli Liam e Noel, su Pinterest sono notevolmente aumentate le ricerche per “parka”, “Adidas Gazelle”, “aesthetic Britpop”, “mod fashion”, l’azienda JD Sports ha segnalato un +913% nelle richieste di articoli in stile Oasis, mentre Depop ha visto impennate nelle vendite di parka e bucket hat. Il nuovo merchandising, tra collaborazioni con Levi’s, Adidas e Manchester City, è andato sold out in poche ore. Il logo Helvetica inclinato della band è ovunque: su magliette, felpe, giacche, cappellini, tatuaggi temporanei e post Instagram. Per non parlare poi dell'ultima trovata di Lidl: una giacca blu elettrico ispirata ai parka degli Oasis, con logo Lidle by Lidle in riferimento alla canzone della band "Little by Little".

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Liam Gallagher nel backstage di un concerto con il fratello Paul

Britpop style: molto più di un revival nostalgico

Ma il ritorno dell’Oasis-style non è solo un revival: è un modo, anche per le generazioni più giovani, di indossare un’identità, qualcosa da cui lasciarsi definire con orgoglio. È in questo crocevia tra passato e presente che si capisce perché la moda torni a flirtare con l’estetica Britpop: perché è una tendenza che non si sforza di essere tale, un manifesto della working class elevato a dichiarazione d’intenti, uno stile costruito per durare, che non ha bisogno di cambiare per essere rilevante. Una maglietta degli Oasis del 1994 funziona oggi la giacca di Steve McQueen: senza tempo, senza posa, senza filtro. E in un mondo che cambia a una velocità vertiginosa, la forza di quel look sta proprio nella sua inalterabilità. Nella sua capacità di raccontare una storia, un luogo, una voce collettiva. Forse è questo che stiamo cercando, ancora una volta: qualcosa da sentire nostro, senza bisogno di tradurlo. Proprio come una strofa degli Oasis cantata sotto la pioggia, con il cappuccio alzato e le mani in tasca.