A mezzaluna senza essere hobo: come fosse un piccolo croissant dai manici tressé siglato da una patta che custodisce una tasca segreta. Piccola, ma fondamentale: per tenere smartphone, chiavi o, perché no, i trucchi di un make-up da aggiustarsi all’occorrenza. Le basta(va) questo per distinguersi dalla giungla di borsette degli anni Duemila, tra pellami deluxe, ferocia creativa e perizia artigianale. Nome in codice? Fendi Spy Bag, ossia il feticcio di ogni ragazza it di inizio millennio, nonché uno dei tanti simboli che hanno dimostrato la capacità della maison romana di tenere il passo delle tendenze. Discreta eppure riconoscibile, bisaccia di lusso bella e funzionale per contenere molto più del necessario. Debutta sulla passerella della Primavera Estate 2005, nel tableau a tinte acide di un Karl Lagerfeld suggestionato dalle tele di Joan Miró, progettata dal deus ex machina di tutti gli accessori della griffe. Dietro ai miti da agganciare al braccio c’è sempre lei, Silvia Venturini Fendi che, fedele al suo mantra – “Una borsa deve avere una sua sensualità: né troppo morbida, né troppo dura. L’alchimia delle forme è un’arte a sé”, come disse una volta – ha l’intuizione della Spy. La si vede sfoggiata dalle celebrità in un ventaglio di materiali da capogiro: dai pellami tradizionali a quelli esotici, dai tessuti con logo a quelli ricamati. Bianco panna come privilegiato da Nicole Ritchie, bronzé secondo Mary Kate Olsen, nocciola per Nicky Hilton o pitonata con lampi di blush, come nella versione amata da Sarah Jessica Parker a glossa del look composto di skinny jeans e tank top.

il ritorno della fendi spy bag, borsa icona degli anni duemilapinterest
Courtesy Fendi
Qui e di seguito, alcuni scatti della campagna digitale FENDI SPY BAG RETURNS, fotografata e diretta da Stevie Dance con lo styling di Anna Trevelyan

Una piccola, grande icona che torna oggi a vent’anni dal debutto, totem di esclusività aggiornato sulla passerella dell’Autunno Inverno 2025 2026 che festeggia il secolo di Fendi, riattivato nella semantica da un’ADV di scatti rubati e video di sorveglianza a cui guardare come voyeur. Amelia Gray ne tiene sottobraccio una pastello, Xiao Wen Ju ne declina la versione calda e soffice, mentre Gabbriette quella in rosa zuccherino a contrastare con la sua chioma corvina. Vengono riprese in segreto in angoli di una metropoli, dove una misteriosa handbag hacker investiga su Google e TikTok alla ricerca della sua ossessione. Ovvero la Fendi Spy Bag, nella cornice di un racconto ultra-accattivante scattato e diretto da Stevie Dance con lo styling di Anna Trevelyan.

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Courtesy Fendi

Un ritrovato oggetto del desiderio che mantiene intatte le caratteristiche originarie, quelle che l’hanno resa un must della moda che fu, tra forme sinuose, manici in torsione e scomparti segreti, pur rinnovandosi in palette e misure. La versione regular, ad esempio, è pensata per essere indossata a spalla, e presenta un anello a D a cui agganciare charms o, volendo, quei simpatici mostriciattoli che tanto vanno (e di cui Fendi fu pioniere, con l’arguzia del Kaiser che nel 2013 pronosticò la versione decisamente più amabile dei Labubu con i suoi Bug Bags), mentre il modello small si indossa anche crossbody, grazie a una tracolla removibile e regolabile.

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Courtesy Fendi

Immutabile, invece, l’estetica raffinata della Fendi Spy Bag ancora corroborata da materiali pregiati, nonché da una palette di grandi classici come i neri, i cioccolata e i miele scuro che ne tinteggiano la versione in pelle liscia, così come di sfumature pastello. Tra i macaron polverosi, i verde menta e i gialli sorbetto che rendono la versione petite un bonbon dello stile. Quasi inutile poi, annoverare il ventaglio di “stoffe” che cesellano la borsa, dallo shearling in nuances terrose alle versioni in anguilla lavorate a ricordare le mitologiche righe Pequin in oliva o vinaccia, fino ad arrivare agli esclusivi intarsi in visone a motivo chevron o all’astrakan ricamato color latte, a testimonianza della maestria artigianale della maison nella pelletteria e pellicceria.

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Eppure il suo valore aggiunto è tutto condensato in quel design che è indice di discrezione, nel progetto di una borsa accessibile solo all’indossatrice. “Mi è piaciuta l'idea dello scomparto segreto perché una borsa è un luogo in cui si conservano gli oggetti più intimi. È un'estensione di te stesso – racconta infatti Silvia Venturini Fendi a proposito della genesi dell’it bag –. Se apri una borsa e vedi cosa c'è dentro, puoi leggere una persona. Mi piace che ci possa essere qualcosa che vorresti tenere solo per te, ecco perché ho concepito la tasca nascosta”. Una spia (di borsa); nella memoria di un’intera generazione che continuerà a sognarla.

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