Le Smoking con le giga-spalle; grigio, nero, prugna, a graffiare di severità e seduzione facendosi beffa delle stagioni. Il blouson in pelle o camoscio sull’abito in chiffon plissé con stampa cachemire. Le giacche di broccato e lamé con le mini in pizzo. E loro; le virago che svettano all’infinito, le monolitiche femmes che non devono chiedere mai, libere e dannatamente sexy pur paludate in volumetrie mascoline. Sfilano nella sede della maison, in Rue de Bellechasse, eppure potrebbero essere – ancora – le misteriose valchirie Newtoniane che si aggirano in gessato tra le luci notturne di Rue Aubriot. “Nessun’altra casa di moda è legata ad una quintessenza di archetipo femminile come Saint Laurent, il cui ideale di donna è più complesso della seducente perfezione delle muse classiche”, si legge nelle nota stampa della maison. Ed è vero, tra i lasciti più grandi di Monsieur Yves c’è quello di aver reso le donne potenti, non sterili divinità in giacca e pantaloni, bensì dee contemporanee dalle mille sfaccettature e accomunate unicamente dall’ostilità nei confronti dei tabù. Per noi oggi non è niente (o quasi), eppure quello smoking dal taglio maschile che nel 1966 irrise i generi indugiando su un’ambigua carica erotica, fece scandalo, segno su stoffa di un autore che faceva quello che ci si aspetterebbe anche – avessero tempo – dai registi di oggi: tramutare lo spirito in un sogno indossabile chiamato moda, anticipando e regalando il brivido.

sfilata saint laurent primavera estate 2025 parigi fashion weekpinterest
launchmetrics.com/spotlight
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Anthony Vaccarello, da Saint Laurent, il frisson lo dona spesso e volentieri: saccheggia l’archivio, insiste su una silhouette verticale e misteriosa, e reitera. Meno che nella sua collezione dello scandalo – e cioè l’Inverno 2024 2025 di trasparenze e nudità che qualche critico non mandò giù – ma comunque insistendo: doppiopetto, camicia e cravatta, con mastodontici trench o giacche in pelle da aviatore. Poi gli abiti bohémienne e le gonnellone folk lurexate, i cenni sportswear di un bomber satinato e l’opulenza à la Yves, riveduta e corretta alla Vaccarello maniera.

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Una decina di giacche preziose su bluse trasparenti dal colletto elisabettiano, e altrettante mini come millefoglie di seta su pizzo a rammentare le gonne di Dandy. La suggestione sono gli adorati giardini di Marrakech, la loro ricchezza che qui riecheggia in palette mozzafiato e il blu martin pescatore sta al viola e all’arancio, mentre il verde muschio è in un passo a due di trasparenze con il cobalto nel mini abito in pizzo. Altra tranche di passerella, altra citazione; a quel nude look che Yves Le Magnifique brevettò – negli anni Sessanta – scandalizzando il mondo.

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Eppure, la suggestione primaria di Vaccarello, nella notte di Saint Laurent incorniciata da un ovale dorato e una pedana di gocce che paiono stelle, è al Maestro stesso; al suo stile fatto di massicci occhiali da vista e sartoria impeccabile che si trasla oggi su un tailoring potente, carico di quell’algido erotismo con cui le muse di Yves lo interpretarono nel loro tempo. E il giudizio è (quasi) unanime: la femme Saint Laurent è un cocktail che inebria, indossatrice di un guardaroba potentemente seducente che porta i nomi delle icone moderne e passate della maison. Betty, Amalia, Freja, Dovima, Kate; in un carosello di smoking e trasparenze, gioielli dichiarazione e stiletto appuntiti. Le grandi spalle di Reaganiana memoria regalano imperscrutabilità, si fanno veicolo di sicurezza e autorevolezza e non bastano ruches e scollature vertigo a camuffare l’attitudine forzuta delle mannequin che le mani in tasca, noncuranti delle convezioni, le mettono anche tra le balze delle mini con fare spavaldo.

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“Se Chanel ha dato la libertà alle donne, tu hai dato loro il potere – disse Pierre Bergé ricordando la moda di Yves –. Avevi capito perfettamente che il potere era in mano agli uomini e che trasferendo gli abiti maschili sulle spalle delle donne davi loro, alle donne, il potere”. Ma se i tempi sono cambiati, allora perché ci sentiamo ancora così in attrazione fatale con quella divisa androgino-chic che esubera di stoffa quasi a volerci corazzare? O forse è semplicemente perché il completo fa sentire “perennemente elegante”. “Perché lo smoking è stile, non moda. La moda va e viene, lo stile è per sempre”.

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