Il primo look a scendere la scala è un completo bomber e pantalone grigio con il cavallo comodo, guanti da biker, sneakers bianche, micro bag rigida in mano. La luce della Triennale è calda, come un inizio autunno milanese che concede la tregua alla malinconia menenghina. Poi arriva una camicia rossa scivolata con cura dalla spalla, abiti retti da un collier dorato per uno scollo americano mai urlato, sempre preciso, la steadycam segue le modelle che si muovono tranquille, indossano, in fila (senza mai correre via incazzate come da prassi di show) tutti i concetti chiave della capacità di disegnare di De Sarno.

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Estrop//Getty Images

Longuette di pelle con zip centrale, blazer squadrati in linea con il bacino, colletto piccolo qb, un foulard antico sul capo, un bustier fatto solo di due coppe discrete e una gonna alta che si avvicina al seno. Il tailleur diventa un top di frange infinite e luccicanti seguito da gonna a matita; anche lo spolverino nero porta con sé il passatempo della sana noia e del ticchettio della luce sulle mille frange, questa volta anche in verde salvia; il pizzo scopre il corpo in un lime acidulo e irreale, la serafina portata su minigonne bon bon (in completo crema, bingo di stagione), il bling bling richiesto dal mercato è trasmesso in calma su completi scheggiati dal luccichio.

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“Un anno dopo, questa collezione racconta un percorso di costruzione compiuto. Istante dopo istante, ho sedimentato la mia idea per Gucci. Un casual grandeur che prende forma attraverso le mie ossessioni - il tailoring, la lingerie, la pelle, le silhouette anni '60 - combinate a un’instancabile esplorazione del patrimonio di questo brand. E a un’attitudine irriverente, sempre” ha scritto il designer. Ed eccole le giacche, il parco giochi di Sabato De Sarno, e la sua fissa per quelle spalle e revers che stanno dove devono stare. Il trench su jeans e canottiera bianca è overloading, over largo, over SDS, over presente strisciando sulla lacca rossa della Triennale di Milano. Che poi è anche da dove ha iniziato il suo viaggio da direttore creativo Sabato: e non ha paura di ritornarci con chiarezza estrema.

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Si è detto (questo è il suo sesto show) che ci si aspetta tanto e sempre più dallo stilista campano: non ha cambiato una virgola, ancora, di ciò che aveva in testa e perché lo desiderava. Mentre scendono la scala a chiocciola della Triennale di Milano, mentre sotto suona Fiordaliso e la sua Non voglio mica la luna, le modelle sono rilassate nei loro rigidi collier dorati, il bangle alto sul braccio, gli stivali rasoterra con Vittoria Ceretti e Mona Tougaard che sfilano tenendosi per mano, e Sabato che attraversa tutta la sua lunghissima passerella. Non ha bisogno di “ali d’aliante per volare sempre più distante” dal suo mondo di istanti molto ben definiti.