“Stray Kids everywhere all around the world” è il motto di una delle boy band del K-Pop di quarta generazione più influenti del momento, uno slogan nato nel 2018 che oggi suona quasi profetico mentre i volti degli otto componenti (Bangchan, Han, Changbin, Lee Know, Felix, Hyunjin, IN, Seungmin) rimbalzano sui profili social dei brand di lusso, sulle copertine delle testate di moda più importanti, nei front row delle sfilate – e, a volte, anche in passerella.

Nelle ultime settimane, Seungmin è stato annunciato brand ambassador di Burberry e Lee Know di Gucci, andando a unirsi a quello che i fan chiamano “ambassador racha” – “racha” sta per sottogruppo, unità – di cui già facevano parte Felix (“principe” di Louis Vuitton dal 2023 nonché volto di Samsung, Unicef, Gong Cha, Gentle Monster, Tamburins, Atiissu), Hyunjin (Versace, Cartier, Givenchy Beauty), I.N (Bottega Veneta, Damiani), Bangchan (Fendi). Senza contare poi che il gruppo nel suo insieme è global ambassador di Tommy Hilfiger, un sodalizio culminato in un ingresso storico al Met Gala 2024, segnando la prima apparizione di un’intera band K-Pop all’evento. Dallo scorso anno, le loro incursioni nel mondo della moda sono state innumerevoli, dando vita a un’egemonia estetica che trova il suo punto di pressione più dirompente nel cosiddetto “Felix effect”, fenomeno di attrazione quasi ipnotica per cui molte persone scoprono il magico mondo del K-Pop proprio perché affascinate dall’aspetto etereo o dalla voce baritonale dell’idol.

chi sono i kpop idol del momento e perché la moda non può farne a menopinterest
Olga Gasnier//Getty Images
Felix alla sfilata Cruise 2026 di Louis Vuitton

Dopo $68.3 milioni di EMV (earned media value) generati nel solo 2024 e due apparizioni in passerella – per l’Autunno Inverno 2024 e Autunno Inverno 2025 di Louis Vuitton –, riconfermando l’intesa con Nicolas Ghesquière, a maggio 2025 Felix ha catalizzato l’attenzione intorno alla Cruise 2026 del marchio partecipando alla sfilata ad Avignone tra una tappa e l’altra del tour mondiale – in una comparsa celest(ial)e che ha fatto impazzire i social, generando $15.81 milioni in EMV, ovvero il 39% del valore mediatico dell’intero show –, per poi collaborare alla nuova collezione di gioielli Silver Lockit 2025 presentata da LV a inizio luglio in partnership con Unicef, in molti stati già sold out ancor prima del lancio ufficiale. E non solo moda: con la sua campagna per il Galaxy S25 Edge, Samsung ha venduto oltre 2 milioni di pezzi in due settimane, solo in Corea. Felix incarna un’idea di bellezza trasversale, liquida, fiabesca ma concreta, un ibrido che funziona su ogni supporto visivo – ma è in buona compagnia. Di recente, I.N è stato protagonista dell’ultima campagna di Bottega Veneta “Craft is our language” – la prima di Louise Trotter –, Hyunjin, il pupillo di Donatella, è tra i contenuti fissi sul suo Instagram e ha scattato editoriali per Versace e Cartier, Seungmin ha partecipato alla campagna di Burberry ispirata al festival di Glastonbury, la più recente nomina di Lee Know come testimonial di Gucci ha frantumato l’engagement medio della maison, sfiorando il milione di like – a fronte di uno standard di decine di migliaia. Ma gli Stray Kids, che stanno (giustamente) godendo di un momento d’oro, sono solo la punta più visibile di un iceberg che ha ormai sommerso il settore della moda e del lusso.



Da G-Dragon a BTS: l’ondata coreana nella moda di lusso

In principio, fu G-Dragon, idolo di tutti gli idol nonché leader dei BigBang (di cui, per intenderci, faceva parte anche TOP, che interpreta Thanos in Squid Game): il primo cantante sudcoreano investito del ruolo di global ambassador da un brand di lusso – Chanel, nel 2016 – ha cambiato per sempre l’immagine della maison in Asia e ispirato generazioni di idol a immaginarsi testimonial.

chi sono i kpop idol del momento e perché la moda non può farne a menopinterest
Rindoff/Le Segretain//Getty Images
Karl Lagerfeld e G-Dragon, Chanel Haute Couture PE 2016

Poi nel 2019 arrivò Kai degli EXO a richiamare folle scalpitanti di giovani fan alle porte del Gucci Hub in via Mecenate, a Milano, in occasione delle sfilate, in una collaborazione culminata nel 2021 nella creazione della capsule collection Kai x Gucci, con teddy bear stampati su borse, scarpe e capi genderless – inutile dire che il drop andò subito sold out. Lo stesso anno, Louis Vuitton elesse global ambassador nientemeno che la boy band responsabile dell’espansione del K-Pop nel mondo, i BTS (RM, Jin, Suga, J-Hope, Jimin, V e Jungkook). Il messaggio era chiaro: nessun altro gruppo poteva garantire quella combinazione di stile, fanbase planetaria e credibilità pop. I singoli membri hanno poi preso strade diverse: Jimin è stato scelto da Dior e Tiffany & Co., J-Hope da Louis Vuitton, poi presente anche da Hermès e Dior durante le fashion week parigine, RM ha siglato un sodalizio con Bottega Veneta, Jin è tornato alla ribalta con Gucci appena concluso il servizio militare, Suga è diventato volto di Valentino nel progetto Di.VAs (“Different Values”), simbolo del nuovo approccio inclusivo dei brand, Jungkook collabora con Calvin Klein, mentre V con Cartier e Celine – proprio il 6 luglio di quest’anno, ha partecipato alla sfilata Primavera Estate 2026 mandando i fan in visibilio. D’altronde, quando si tratta di K-Pop idol, bastano apparizioni fugaci per causare isterie collettive: a Milano o Parigi, 10 secondi di camminata fuori dalla location di una sfilata o in uscita dal taxi davanti a un negozio sono più che sufficienti per catapultare il brand in cima ai topic in tendenza globale.

chi sono i kpop idol del momento e perché la moda non può farne a meno tehyung bts celinepinterest
Edward Berthelot//Getty Images
Taehyung (V) dei BTS arriva alla sfilata di Celine, luglio 2025

Le regine del K-Pop: come le BlackPink dominano i brand

Anche le BlackPink hanno saputo presidiare il lusso in modo strategico. Jisoo è la regina dell’EMV: nel 2024, ha generato $227 milioni per Dior. Rosé ha portato Saint Laurent e Tiffany & Co. in orbita, per poi diventare anche ambassador Puma e aumentare del 49% le vendite globali del brand, con la Puma Palermo (da lei indossata in una campagna) subito esaurita in Cina. Con alle spalle collaborazioni con Celine e Bulgari, oggi Lisa è il nuovo volto di Louis Vuitton e ha iniziato a espandere il raggio d’azione alla recitazione, vestendo i panni di Mook in The White Lotus 3 e moltiplicando così la sua visibilità mainstream. Jennie, soprannominata “human Chanel” per la sua dedizione al marchio, è volto della maison francese da anni – e il suo outfit è stato uno dei più belli del Met Gala 2025.

chi sono i kpop idol del momento e perché la moda non può farne a meno jennie blackpink chanelpinterest
Dimitrios Kambouris//Getty Images
Jennie al Met Gala 2025

Tutti pazzi per i K-Idol: gli ambassador che valgono oro

Dal 2023 a oggi, le grandi case di moda hanno scommesso su un'infinità di gruppi o singoli talenti: gli Enhypen sono i prediletti di Prada, sempre attesissimi e acclamatissimi dai fan alla settimana della moda di Milano; le Aespa rappresentano Chopard tutte insieme e altri brand a livello individuale – Giselle è volto di LOEWE, Karina di Prada; delle NewJeans, Minji è da Chanel, Haerin da Dior, Hyein da Louis Vuitton, Danielle da Celine e YSL Beauty; Yujin delle IVE è testimonial di Fendi; degli NCT abbiamo Doyoung da Dolce & Gabbana, Jaehyun da Prada, Jungwoo da Tod’s, Taeyong da LOEWE. La lista potrebbe continuare. Secondo il report di Lefty e Karla Otto “A Year in Data 2024”, per la categoria fashion influencer più d’impatto dell’anno, fatta eccezione per Kim Kardashian e Kendall Jenner, tutti i primi posti sono occupati proprio da idol sudcoreani: tutte e quattro le BlackPink (Jisoo, Jennie, Lisa, Rosé) in pole position, dai $227M in EMV generati da Jisoo ai $66M di Lisa, poi Cha Eunwoo degli Astro con $98.9M, e Felix degli Stray Kids con $68.3M. Insomma, più che di una scommessa si tratta di una certezza: in questo momento storico, niente e nessuno può battere la capacità dei K-Pop idol di generare valore mediatico – e poi di trasformarlo in vendite e nuovi prospect (cioè i clienti potenziali), soprattutto tra i giovani.

Perché il K-Pop è il futuro del fashion marketing

Al di là dell’intesa creativa e della visione condivisa, infatti, l’obiettivo principale è sempre quello di toccare i tasti giusti per ampliare il bacino di clienti, soprattutto in questi anni di crisi per l’intero sistema, quando il ritorno agli archivi e ai pezzi iconici sembra attrarre principalmente una clientela parsimoniosa e le iniziative speciali si rivolgono soprattutto ai VIC. Tra i micro-trend di TikTok che hanno trainato il mercato negli ultimi anni (e di cui, forse, solo ora stiamo iniziando a stancarci), il potenziale di spesa limitato e una certa dissonanza nel sistema di valori e priorità, le case di moda stanno facendo fatica a raggiungere un target più giovane e, più in generale, nuovi clienti che non siano già stati fidelizzati. Ed è proprio qui che si inserisce il K-Pop. Oggi in fase di acquisizione da parte di Prada Group dopo diversi cambi di proprietà che hanno portato più danni che benefici, Versace non naviga esattamente in ottime acque, eppure sui social non mancano account di persone nella fascia 20-30 anni che mostrano i loro acquisti “influenzati” da Hyunjin: la T-shirt con la Medusa che indossa in tour, gli occhiali da sole neri con logo dorato laterale che porta ovunque, il portachiavi Medusa Fluffy da attaccare alla borsa (replica mini di un maxi peluche che il cantante si è portato via abbracciato uscendo dal negozio Versace di Ginza, a Tokyo). Arrivati a questo punto, il passaggio dagli item entry-level alle borse non è che un’evoluzione naturale: una volta fatti nostri i Labubu tanto amati e decantati da Lisa, perché non sublimarli con una It-bag degna della nostra beniamina? E quale modo migliore per mostrare ammirazione verso Felix se non agganciando la sua photocard e il suo pulcino peluche (ogni membro del gruppo ha un animaletto come avatar/mascotte) su una borsa di Louis Vuitton? – si chiese riesumando la Speedy dai meandri dell’armadio. Basta farsi un giro tra i post del fandom su TikTok, Instagram, X, per incappare in haul dei propri acquisti lusso dettati dalla passione sfrenata per un certo idol o post che segnalano capi, accessori e gioielli da loro indossati, anche solo in una micro-apparizione, e dove trovarli.

Il fandom come forza trainante

Ma perché funziona tutto così bene? Semplice, perché è un fenomeno che fa leva sull’ossessione. L’equazione è chiara: gruppo K-Pop = fandom globale, attivo, devoto, disposto a tutto. Non si tratta di numeri, perché gli idol non hanno soltanto follower ma community strutturate, interconnesse, iperattive, organizzate quasi militarmente, che si muovono come un unico organismo, capace di generare hype, trending topic, vendite, file fuori dalle boutique, picchi di engagement mai visti prima. Un solo reel con un idol può valere quanto sei mesi di campagna pubblicitaria classica, un’occasione unica per i brand. Ma la cosa più potente è che il fandom stesso finisce praticamente per lavorare da solo per l’idol (e, di riflesso il brand) in questione: non c’è bisogno di copy accattivanti o di creatività spinta – basta un nome, un volto, una comparsa. Quando un nuovo ambassador viene annunciato, la notizia diventa virale in pochi minuti, gli hashtag dedicati nascono e si diffondono prima ancora che l’ufficio stampa pubblichi il comunicato. Gli utenti zoomano su ogni dettaglio del look – borsa, orecchino, smalto, pattern della camicia – per individuarne le reference, postano tutorial per replicarlo, aprono thread su X, edit su TikTok, l’engagement medio del brand schizza alle stelle. Le interazioni si moltiplicano per venti, trenta volte. È successo con Jennie per Chanel, con Lee Know per Gucci, con J-Hope per Louis Vuitton. E succede ancora, show dopo show, post dopo post, tanto da far sembrare antiquato l’intero sistema delle celeb occidentali, che raramente producono questo tipo di mobilitazione spontanea. La differenza, alla fine, sta tutta nel tipo di legame tra idol e fan: la tanto confortante quanto fuorviante relazione parasociale, quella parvenza di bilateralità che in realtà nasconde una devozione e lealtà unilaterale in grado di muovere le persone come se fosse reciproca.


Il K-Pop è una macchina progettata con precisione chirurgica per questo. Ogni idol si presenta al pubblico non solo come artista ma come persona, o meglio, come personaggio relazionale, e di conseguenza il fandom non si limita a consumare la musica o replicare i look, ma entra in un circuito emotivo costruito su prossimità continua, aggiornamenti costanti, contenuti quotidiani che creano un’illusione di intimità. Gli idol raccontano le loro giornate, parlano in diretta ai fan mentre mangiano, disegnano, ascoltano la musica. I vlog su YouTube, le dirette su Weverse o Vlive, le challenge su TikTok, le reaction ai video dei colleghi, persino i momenti in cui piangono o si confessano tra loro – tutto contribuisce a rafforzare la sensazione di essere “dentro” la loro vita. Per un fan, il bias – cioè il proprio membro preferito – diventa insieme un oggetto di affetto, una figura di riferimento da cui lasciarsi ispirare, un alter ego a cui delegare le proprie emozioni, una piccola divinità a cui dedicare tempo, attenzione e, inevitabilmente, denaro. Qualcuno da supportare a tutti i costi. E come sentirsi davvero parte della narrazione se non acquistando sette copie dello stesso disco per avere la variante di ogni componente del gruppo, collezionando centinaia di photocard del proprio idol da appendere alla borsa o archiviare in un raccoglitore come con le carte dei Pokémon o, apoteosi, acquistando il suo stesso cappello, la sua stessa borsa, gli stessi occhiali da sole? Il passaggio dal merch ufficiale della band al marchio con cui collabora è breve, anche perché il K-Pop è già di per sé un hobby costoso, che deve molto all’acquisto irrazionale e richiede dedizione spassionata, un orizzonte in cui consumo e affetto coincidono. Acquistare le sneaker di Jin o gli occhiali di Lisa è una forma di supporto tangibile e, al tempo stesso, diventa una pratica rituale: ogni fotografia, album, accessorio si trasforma in un reliquiario. Per questo, è lo spiraglio perfetto per attrarre un bacino di potenziali clienti più giovani e già scremati: non servono identikit dei nuovi prospect o strategie ad hoc per conquistarsi la loro attenzione, il fandom è già lì, pronto, affamato, dispostissimo a comprare – purché si senta coinvolto, rispettato, visto. Ecco perché i brand migliori non si limitano più a usare gli idol come testimonial, ma li integrano nelle narrazioni, ne assorbono i codici, li trasformano in archetipi viventi. La moda ha capito che la devozione muove più dello status o del desiderio, e il K-Pop ne è la forma contemporanea più sofisticata e infallibile.