Toccare il cielo con un dito per poi sprofondare nel "dolore più grande", il tutto nello spazio di pochi mesi. Dopo interminabili silenzi, è in un lungo sfogo sui social che si scioglie il difficile anno di Roberta Rei. Nel giorno del suo 40esimo compleanno, la giornalista racconta di avere subito un aborto e affida a un toccante post il resoconto di cosa significa trovarsi a essere "improvvisamente incinta, improvvisamente felice come mai nella vita" e poi, a quattro mesi inoltrati, scoprire che "la natura ha scelto per te" e che ogni cosa "smette di avere senso", il tuo corpo piange, "ma nessuno lo capisce".

Roberta Rei racconta il suo aborto e le sue parole riguardano tutte noi

Accanto a una foto in bianco e nero con vista su una cascata di ricci e un paio di occhi che sanno di consapevolezza, nostalgia e amore, mentre alle spalle una placida distesa di acqua fa da sfondo, Roberta Rei sceglie di raccontare gioie e dolori di una maternità mancata, di una gravidanza non arrivata al termine, di un dolore che si fa largo tra le cose della vita come una sofferenza "viscerale". "È stato il periodo più difficile di sempre", esordisce la giornalista televisiva. "Improvvisamente incinta, improvvisamente felice come mai nella vita. E chi se lo immaginava di sentirsi così, neanche ci pensavo io alla maternità", prosegue Roberta Rei, che ricorda come spesso si punteggino le conversazioni di frasi inopportune come "L’età avanza, ma non ci pensi? E perché?".

Il racconto della giornalista de Le Iene prosegue tra il timore, un po' scaramantico, di dare il lieto annuncio e il desiderio di condividere la notizia con le persone più care. "Ho superato i famosi tre mesi, quelli del 'non dirlo, meglio aspettare'. E invece ai pezzi del mio cuore l'ho detto. Avevo registrato una serie di video della loro reazione che ho cestinato, ma tengo nella mente".

Dopo l'immensa gioia, il dramma: "A quattro mesi inoltrati poi 'la natura ha scelto per te' e il dolore più grande. Viscerale, anche quello, dei più forti mai provati. E poi tutto smette di avere senso, ma non sei tu a sceglierlo, è il tuo corpo che piange. Ma nessuno lo capisce. Ho visto quello schermo, quell’immagine distesa, come dormiente, non la toglierò più dalla testa. Non avrei dovuto guardare, non avrebbero dovuto farmi guardare", prosegue nel racconto Rei, che denuncia la prima violenza, da parte di chi non ha avuto la cura di proteggerla dal guardare la fine di una vita che se ne va.

Ma è entro la cornice della sofferenza personale che trova spazio il racconto di un dramma collettivo, che tocca da vicino, quello delle tante donne che, dopo avere subito il trauma di un aborto, si ritrovano come lei circondate dalla gioia delle partorienti e le grida dei neonati, durante l'attesa del medico. Risultato di progressivi tagli del personale e accorpamenti di sezioni di reparto che costringono a una dolorosa convivenza tra chi dà alla luce una vita e chi la perde. Un'attesa di ore in ospedale "perché 'signora ci sono tante donne che stanno partorendo, il medico poi arriverà'. Io ho visto i loro volti felici, ho sentito i pianti di quelle creature che venivano al mondo. Erano dei coltelli che si infilavano nello stomaco. Era necessario? Me lo sono chiesta dopo tornando lucida. No. E non deve esserlo per nessuna donna che va incontro a un aborto. Che lo abbia scelto o meno", prosegue Roberta.

La giornalista si rivolge alle tante che in silenzio convivono ogni giorno con un simile dolore: "Se c’è una cosa che posso dire alle donne a cui succede e che custodiscono in silenzio questo dolore è che dovete abbracciarvi. E dovete chiedere aiuto. Io non ci sono riuscita subito.
Se non ci riuscite da sole chiedete aiuto. E a chi vi sta intorno dico abbracciatele sempre. Ci vuole tanto tempo per rimarginare questo tipo di ferite, datevelo questo tempo".

Roberta Rei rivendica il diritto "a essere fragili"

Di nuovo il racconto personale prende il sopravvento per raccontare come abbia avuto "la sfortuna di provare delusione da molti a me intorno e l'immensa fortuna di scoprire abbracci inaspettati. I più belli". Infine l'ammissione: "ci ho pensato a lungo se raccontarlo, ma se lo faccio è perché voglio abbracciarvi tutte. Spero davvero che il mio abbraccio vi arrivi. Oggi sarebbero stati 7 mesi. Per me invece sono 40, con enormi consapevolezze in più e un pensiero alle cose belle che sicuro arriveranno". Infine un'autoassoluzione di cui fare tesoro: "Si può essere fragili, non c'è da nasconderlo, anche questo ho imparato".

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