Il 4 agosto 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che introduce nuove regole per l'accesso ai farmaci utilizzati nei percorsi di affermazione di genere per persone transgender* minorenni. Il testo, promosso dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalla ministra per la Famiglia Maria Eugenia Roccella prevede una diagnosi obbligatoria da parte di un’équipe multidisciplinare, il via libera di un comitato etico nazionale pediatrico e l’istituzione di un registro gestito dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per monitorare ogni somministrazione.
Secondo le intenzioni del governo, l’obiettivo del provvedimento sarebbe quello di “tutelare la salute” dei minori. Tuttavia, diverse voci critiche — tra cui associazioni, persone attiviste e parte della comunità scientifica — esprimono forte preoccupazione. Il timore è che queste nuove misure, anziché proteggere, introducano barriere burocratiche e dispositivi di controllo che potrebbero ritardare o ostacolare l’accesso a cure necessarie.
Per questo motivo pubblichiamo integralmente la riflessione di Angelica Polmonari local, national and international LGBTQIA+ rights advocate, DE&I trainer, consulente per Fondazione Libellula, che esprime la sua profonda preoccupazione verso un disegno di legge che, lontano dall’essere uno strumento clinico, rappresenta — nella sua interpretazione — un attacco politico alla libertà e al benessere delle persone trans*.
In qualità di attivista transfemminista lesbica italiana per i diritti LGBTQIA+, attiva a livello locale, nazionale e internazionale, oggi non posso che esprimere una sentita e profonda preoccupazione per il nuovo, recente disegno di legge firmato dal ministro Eugenia Roccella, ministro della Famiglia e da Orazio Schillaci, ministro della Salute, ed approvato in data 4 agosto 2025 dal Consiglio dei Ministri del governo nazionale Meloni.
Questo disegno di legge introduce disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la “disforia di genere”.
Questo Ddl che promette di tutelare la salute delle persone transgender minori di età in Italia, in realtà, rischia di compromettere gravemente la salute delle stesse, introducendo un sistema burocratico multilivello atto a controllare — in termini istituzionali — l’accesso delle persone minori transgender al Servizio Sanitario Nazionale. Un monitoraggio continuativo che sa di vera e propria schedatura, con un esito di stigmatizzazione a livello politico, istituzionale, sociale, culturale
Il Ddl si incardina su tre pilastri:
diagnosi obbligatoria da parte di un’equipe multidisciplinare della cosiddetta “disforia di genere”;
autorizzazione da parte di un comitato etico pediatrico nazionale all’accesso ai farmaci;
istituzione di un registro nazionale presso l’AIFA che raccoglierà dati personali e clinici di ogni singola persona minore transgender* in Italia che accede a trattamenti ormonali o bloccanti della pubertà.
Ad uno sguardo attento non sfugge quella che è una realtà inquietante: si tratta di uno studiato meccanismo atto a rallentare, complicare e scoraggiare l’accesso — già complesso da un punto di vista logistico — ed estremamente impervio in termini onnicomprensivi a cure salvavita per le giovani persone transgender* in Italia.
Una consapevolezza disarmante per tutta la comunità LGBTQIA+: "questa volta sono venuti a prendere le persone trans*. Torneranno una seconda, una terza, una quarta volta per mettere all'angolo, stigmatizzare e ledere dignità e diritti di altre soggettività della comunità".
La posizione della comunità LGBTQIA+, come evidenziato anche da Italia Trans Agenda, in merito a questo Ddl è inequivocabile: altro non costituisce che un dispositivo politico e NON, invece, come millantato, uno strumento clinico. Questo Ddl ha come scopo quello di ostacolare i percorsi di affermazione di genere delle giovani persone transgender* in Italia, e, a questo fine, si prefigge di schedare chi intraprende i percorsi di affermazione di genere nel nostro paese. E così facendo, si indirizza verso una riaffermazione di una visione patologizzante della transizione di genere.
Dietro quella che può essere considerata una vera e propria “retorica della prudenza e della sicurezza sanitaria”, in realtà, si cela, ma anche non troppo, un progetto di natura squisitamente ideologica di disciplinamento e cancellazione senza ritorno di quelle che sono le esistenze, o, meglio, le r-esistenze trans* in Italia.
Quello che questo Ddl comporterebbe è una delegittimazione del consenso informato, una iperpatologizzazione ed una ipermedicalizzazione della condizione trans* in Italia.
Riprendo le parole di Cristian Cristalli, Referente per le Politiche Trans* di Arcigay nazionale:
“Se devi passare da un comitato etico nazionale per accedere a un farmaco che può salvarti la salute mentale, non sei libero. Sei monitorato, messo sotto osservazione. E intanto il tempo passa, il corpo cambia. Le conseguenze psicologiche possono essere devastanti: crisi d'ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo. Noi vediamo queste situazioni ogni giorno.”
Quello dice Cristalli in un altro frangente: "Non si parla mai di benessere in questo tipo di Ddl, ma si parla esclusivamente di contenimento. Questo governo non vuole prendersi cura delle persone trans, ma ne vuole limitare la libertà di esistenza, la libertà di espressione e in termini più ampi la libertà di autoaffermazione".