Di recente, a un matrimonio, qualcuno mi ha chiesto se la mia gravidanza – sono quasi all’ottavo mese – fosse stata imprevista. Immagino che stessero reagendo al fatto che, quando mi avevano chiesto “Sei emozionata?”, la mia risposta era stata un tiepido: “Non so se la definirei ‘emozione’”. È intervenuto il mio ragazzo: “No, non è stata imprevista, ne abbiamo parlato”. Ed è vero, il che ha reso la mia apprensione nei confronti della maternità ancora più incongruente.

Il fatto è che quelle due linee blu per me hanno cristallizzato alcune scomode verità sulla precarietà del mondo moderno. La dottoressa Heather McMullen, sociologa presso la Queen Mary University che ha studiato le tendenze riproduttive, lo descrive al meglio: “Tra il Covid e le informazioni che riceviamo sul clima, sono stati anni pesanti; le notizie raccontano di crisi globali e conflitti, di precarietà e aumento del costo della vita. Penso che alcune persone stiano dicendo: ‘Nelle mie condizioni attuali, questa scelta mi sembra insopportabilmente vulnerabile.’”

Quando ho scoperto di essere incinta, ho avuto la netta sensazione che il mondo in cui sarebbe nata mia figlia sarebbe stato molto diverso da quello in cui sono cresciuta io, forse troppo diverso perché io possa aiutarla a orientarsi.

pregnancy rates in the climate crisis
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L’insopportabile vulnerabilità della genitorialità è qualcosa che ha affrontato anche Aga Marszalek, quando aveva poco più di 30 anni. “Ho considerato l’idea di avere figli,” racconta. “Più che considerato – avevo iniziato a comprare vestitini da neonato perché pensavo: ‘Potrebbero servirmi’.” Ora ha 47 anni e ha scelto di non avere figli. Considera quel momento un periodo formativo per il suo attivismo climatico. Aga si interessa alle questioni ambientali sin da adolescente. “Già negli anni ’90, a scuola ci insegnavano l’impatto ambientale degli esseri umani sul pianeta, e questo mi riempiva di angoscia.”

Le persone stanno reagendo a un futuro imprevedibile e questo non riguarda solo il clima

Ma, aggiunge, è stato solo quando la prospettiva della maternità è diventata più reale che ha dovuto davvero fare i conti con ciò che quella paura le stava dicendo: “Ho pensato, in che tipo di mondo nascerà questo bambino? Come potrei creare un ambiente in cui il bambino si senta al sicuro, accudito e ottimista, come mi sentivo io da piccola?” La decisione che il mondo stesse diventando troppo inospitale per accogliere un figlio è stata, dice, “una decisione triste. Ci sono stati momenti di vera tristezza. Ma ora mi guardo attorno e sento di aver fatto la scelta giusta.”

Per anni, Aga si è sentita piuttosto isolata. “Molte persone non capivano; sono ancora la pecora nera della mia famiglia,” dice ridendo. Ma man mano la consapevolezza dell'imminente catastrofe climatica si è diffusa, sempre più persone hanno iniziato a trarre conclusioni simili. Aga fa ora parte del movimento BirthStrike. Nato nel Regno Unito nel 2019, in reazione alla crescente sensazione che, senza un cambiamento radicale, il futuro riservasse poche speranze all’umanità, il movimento è un collettivo informale di persone, si stima qualche centinaio, che hanno deciso di non procreare. Sebbene i membri abbiano sempre sottolineato che la riproduzione è una scelta personale, i BirthStrikers sono stati oggetto di critiche. Come spiega l’antropologa e studiosa della riproduzione Katie Dow: “BirthStrike lancia un messaggio netto sulla minaccia esistenziale e alcune persone semplicemente non vogliono sentirlo, soprattutto quando si parla di bambini. Nell'attivismo climatico c’è sempre stata l’idea che lo si facesse per le future generazioni, perché gli effetti delle emissioni di carbonio sono rappresentati come qualcosa che accadrà. Quello che ha fatto BirthStrike è rendere tutto molto personale, ricordandoti che riguarda i tuoi figli.”

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Per Aga, unirsi a BirthStrike significava “far sapere ad altre persone con le stesse preoccupazioni che non sono sole.” A cinque anni dalla fondazione del movimento, l’opinione pubblica sembra cambiare. Alla fine del 2023, uno studio dell’University College London (condotto su oltre 10.000 persone dell'emisfero settentrionale, tra il 2012 e il 2022) ha rilevato che le preoccupazioni legate al cambiamento climatico sono diventate un fattore importante nelle decisioni riproduttive. Maggiore era l’ansia climatica, più le persone tendevano a dire che non volevano figli – o ne volevano di meno. Come Aga, i partecipanti si concentravano sull’eredità che i bambini avrebbero ricevuto, ma anche sull’impatto ambientale del mettere al mondo un figlio. “Faccio l’insegnante, quindi non è che non abbia bambini nella mia vita,” dice Aga. “Amo i bambini. Ma sento di poter avere un impatto molto più positivo in questo modo, piuttosto che aggiungere un’altra persona a un pianeta già sovraccarico.”

Lo spettro di un pianeta morente ha iniziato a infestare molte narrazioni sulla genitorialità. Di recente è stato realizzato un film dal romanzo distopico di Megan Hunter La fine da cui partiamo; Jodie Comer interpreta la protagonista, nota solo come “Madre”, una donna che partorisce proprio mentre un’inondazione biblica spazza via la civiltà moderna. Il film è solo uno dei tanti titoli – tra i quali il successo di Netflix Il mondo dietro di te – che usano famiglie e genitorialità per rendere personale la catastrofe globale. Mi ha colpita una scena in particolare: la Madre (Comer) fugge da una milizia armata con il neonato legato al petto. La vulnerabilità di quella situazione – sola, in fuga, con in braccio un bambino di poche settimane – mi ha lasciato un senso di angoscia.

Adoro i bambini, ma la prospettiva di dover fare di nuovo couch-surfing con un bambino in arrivo era terrificante.

Ovviamente, il calo dei tassi di natalità non è dovuto solo alle preoccupazioni climatiche. A gennaio, i ricercatori dell’Università di Southampton e del programma internazionale Generations and Gender hanno pubblicato i risultati del primo sondaggio del Regno Unito su questo tema, con 7.000 intervistati. I dati hanno mostrato che l’essere “childfree by choice” è diventato una nuova normalità per molti adulti britannici: meno della metà dei 25-34enni ha dichiarato di voler avere figli con certezza. Tra le motivazioni: il cambiamento climatico, ma anche le prospettive lavorative incerte, l’altissimo costo della cura dei bambini e la crisi abitativa.

La dottoressa McMullen definisce questi fattori come “questioni sovrapposte”: “Un senso di instabilità lega molti di questi elementi; le persone reagiscono a un futuro più imprevedibile, e non si tratta solo di clima, ma di precarietà in generale”. Dalla rivoluzione tecnologica dei primi anni 2000, che ha destabilizzato il mercato del lavoro globale, molte industrie sono state messe in ginocchio – e il concetto di “lavoro per la vita” è ormai alieno a chiunque abbia meno di 50 anni. “Tutte queste cose sono collegate,” dice McMullen, “e contribuiscono a una sensazione generale che il futuro non sia più così stabile come lo immaginavamo.”

È una sensazione che Ben*, 27 anni, londinese, ha dovuto affrontare. A dicembre, ha ricevuto uno sfratto due settimane dopo aver scoperto che la sua compagna era incinta. “Sarebbe stato il nostro terzo trasloco in 18 mesi – tutti dovuti all’aumento dell’affitto, tra il 18% e il 30%.” Una settimana dopo, mentre valutavano l’ipotesi di tornare a vivere con sua madre, la sua compagna ha avuto un aborto spontaneo. “Abbiamo pianto molto negli ultimi due mesi – perché non c’erano dubbi: avremmo tenuto il bambino. Ma in un certo senso, e mi sento in colpa a dirlo, ci siamo anche sentiti sollevati. Ho sempre pensato che avrei avuto figli, amo i bambini – ma l’idea di tornare a fare couch-surfing, con un bambino in arrivo, era davvero terrificante. Non ho dormito per dieci giorni, a pensare a come avremmo fatto a far quadrare tutto.”

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BBC Films//BBC
I bambini dovrebbero essere una gioia e un privilegio, ma il mondo non è più quello di una generazione fa.

L’esperienza, racconta Ben, ha cambiato la sua prospettiva sul mettere su famiglia. Così come è successo a me, dice che la gravidanza ha cristallizzato molti problemi: “La nostra situazione finanziaria, la crisi abitativa, il costo della cura dei bambini, il fatto che tutto sembri peggiorare anziché migliorare – sia a livello economico che ambientale. I figli dovrebbero essere una gioia, un privilegio, ma il mondo non è più quello di una generazione fa, e la realtà è che potresti finire per offrire ai tuoi figli una vita peggiore, più dura di quella che hai avuto tu. E io non penso di potermi assumere questa responsabilità.”

Forse è per questo che, oltre al calo dei tassi di natalità, chi decide di avere figli – e ha la possibilità di farlo – tende a farlo sempre più tardi. La genitorialità moderna – soprattutto la maternità – appare, vista dall’esterno, incredibilmente difficile per chiunque non sia davvero fortunato. Online, la maggior parte dei contenuti dedicati alle mamme dipinge un quadro cupo fatto di notti insonni, esaurimento, sovraccarico di lavoro; di carriere deragliate e relazioni distrutte. Mentirei se dicessi che scorrere certi profili e leggere certe newsletter non mi abbia fatto desistere dalla maternità – e che non provi ancora oggi una profonda ambivalenza al riguardo, pensando a quante persone lamentino i sacrifici fatti dopo aver avuto figli. Esiste un modo per farlo senza diventare schiavi della propria prole? A sentire certe testimonianze, sembra proprio di no. Il senso di sopraffazione che tanti genitori esprimono nasce dagli stessi contesti difficili e dalla stessa precarietà che porta molti a rinunciare del tutto alla genitorialità (cambiamento climatico, costo della vita, cura dei bambini, alloggi, instabilità lavorativa – tutto si somma), quindi non è che dia la colpa a chi “racconta la propria verità”, ma il risultato è un’immagine piuttosto dura da digerire (soprattutto su TikTok) per chi non ha ancora vissuto tutto ciò. Quando ne ho parlato con amiche che hanno figli, mi hanno detto che la ricompensa di tutto quel lavoro era l’amore fortissimo e unico che si prova per il proprio bambino. È davvero tutto qui? mi sono chiesta. Un cocktail ormonale così potente da farti impazzire?

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Edward Berthelot

La comica e scrittrice britannica Kiri Pritchard-McLean, 37 anni, ne parla così: “Guardo i miei amici con famiglia, in particolare le coppie cis-etero con figli, e vedo che anche il miglior papà non è una mamma. Non c’è modo che l’impatto non ricada di più sulla madre. E certo, partorire un figlio arricchisce la vita in modi impensabili, ma se sei una madre rende anche la vita molto più difficile. Sono molto privilegiata – ho quasi tutti i privilegi possibili – e non voglio che la mia vita diventi più dura.” (Attualmente senza figli, ha valutato l’idea della maternità nel corso degli anni e ha deciso che, se mai avrà figli, non sarà lei a partorirli.)

Nel suo saggio Matrescenza, la scrittrice Lucy Jones racconta il proprio viaggio nella maternità (chiama questi anni “il periodo più solitario della mia vita adulta”) descrivendo la forza dirompente dell’esperienza – il fatto che servizi maternità sottofinanziati, abitazioni instabili e costi esorbitanti per la cura dei bambini influenzano direttamente il modo in cui le persone vivono la genitorialità. Come osserva la dottoressa Dow: “Molte persone hanno un’idea di cosa significhi avere una famiglia, ed è un’immagine modellata sulle generazioni precedenti. Ma oggi la realtà è molto diversa: avere un figlio è molto più costoso di trent’anni fa, si deve lavorare molto di più e destreggiarsi tra mille cose, mentre l’assistenza pubblica è meno solida. L’esperienza è quindi molto diversa da quella che hanno avuto i loro genitori.”

Per la dottoressa Dow, tuttavia, c’è un grande vantaggio nel fatto che molti di noi non accettino più tacitamente il vecchio dogma secondo cui riprodursi biologicamente è necessario o “lo scopo della nostra esistenza”. “Molti attivisti climatici con cui ho parlato hanno concluso che la visione normativa di famiglia – recinzione bianca, casa indipendente, due auto, vacanze regolari – è molto impegnativa dal punto di vista climatico, e questo non li ha fatti desistere, ma li ha spinti a immaginare modi alternativi per creare una famiglia. Allo stesso modo, penso che le conversazioni che stiamo facendo oggi porteranno a un cambiamento positivo nel concetto stesso di famiglia.” Più che una diminuzione delle famiglie, lei prevede una “proliferazione dei ruoli” che svolgiamo nelle vite degli altri; man mano che sempre più instaurano legami con bambini e giovani con cui non hanno rapporti genetici, l’idea stessa di chi o cosa sia una famiglia si espanderà. “E tutto ciò ha il potenziale per avvicinarci di più, anziché allontanarci.”

Per quanto mi riguarda, con il passare del tempo e i movimenti del bambino – un essere alieno che si agita dentro il mio corpo – ho trovato una certa pace nell’assumere questo nuovo, vulnerabile, ruolo. Il mondo continua a essere un posto spaventoso, anche per una come me, con tutte le sue risorse e privilegi – ma suppongo che, come ogni persona che si è trovata in questa situazione prima di me, sto scegliendo di abbracciare la speranza.

*Il nome è stato cambiato

Da Elle Uk