L'Italia è il Paese Ocse con la peggiore perdita di potere d’acquisto e a dirlo nero su bianco è il nuovo report Employment Outlook 2025 dell'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, da poco presentato al Cnel. È vero, nell'ultimo anno i salari sono aumentati, eppure restano comunque inferiori del 7,5% rispetto al 2021.
Secondo il report, infatti, l’Italia ha registrato "Il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie”. Anche se gli stipendi ora stanno aumentanndo, la crescita non è sufficiente per compensare l’inflazione e la perdita di potere d'acquisto. Non ci siamo ancora ripresi dalla pandemia.
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Gli stipendi in Italia non crescono
"I salari reali stanno crescendo praticamente in tutti i paesi dell'Ocse", ha spiegato Andrea Bassanini, senior economist dell'Ocse presentando il rapporto, "ma nella metà di essi sono ancora inferiori ai livelli dell'inizio del 2021, prima dell'impennata dell'inflazione che ha seguito la pandemia”. È il caso dell'Italia dove i salari reali, considerando l'inflazione e quindi l'aumento del costo della vita, sono ancora bassi. “I redditi da lavoro reali annuali in Italia sono scesi del 3,4% tra il 1990 e il 2023", spiega Bassanini, "Nello stesso periodo sono cresciuti di circa il 50% negli Stati Uniti e di circa il 30% in Francia e Germania”.
Per adattare i salari al costo della vita in questi giorni è stata avanzata una proposta di legge da l’Alleanza Verdi Sinistra. Si chiede un ritorno alla cosiddetta "scala mobile" abolita trent'anni fa, una misura economica di adeguamento automatico degli stipendi e delle pensioni all'aumento del costo della vita. Secondo la proposta, ogni settembre il governo dovrebbe emanare un decreto che stabilisca l’adeguamento automatico dei salari, pubblici e privati, tenendo conto dell’inflazione. Secondo l'Ocse, comunque, se i salari nominali, valutati senza tenere conto dell'inflazione, continueranno a crescere (si parla di un +2,6% nel 2025 e +2,2% nel 2026) e l'inflazione, come si prevede, calerà (si parla del 2,2% nel 2025 e dell'1,8% nel 2026) questo potrebbe portare a dei benefici, per quanto minimi, in termini di guadagni per i lavoratori.
Salari bassi e calo demografico
Un altro aspetto che emerge dal report, pero, è quello del calo demografico, e l'Italia è uno dei paesi più a rischio. Si prevede, infatti, una diminuzione della popolazione in età lavorativa del 34% tra il 2023 e il 2060 mentre la media nell'area Ocse è dell'8%. Si fanno meno figli, anche perché non ce li si può permettere, come in un circolo vizioso. "Senza interventi di politica economica e senza la crescita della produttività, l'Ocse prevede per l'Italia una flessione del Pil pro capite di quasi 0,5 punti percentuali all'anno”, ha sottolineato Renato Brunetta ex ministro presidente del Cnel al momento della presentazione. A suo parere c'è "un solo punto di speranza: abbiamo riserve non utilizzate". "Sulla base delle stime dell'Ocse", spiega, "l'Italia riuscirebbe a bilanciare l'impatto negativo dell'invecchiamento della popolazione sul rallentamento della crescita del Pil riducendo il divario di genere, valorizzando i giovani, attivando i lavoratori anziani in buona salute e promuovendo canali di immigrazione regolare".