Verso fine giugno avevamo vissuto tutti un momento che gli sceneggiatori di Black Mirror si sono appuntati come nuovo limite del reale che diventa grottesco, della verità che diventa inverosimile: c'è un prima e un dopo, insomma, Donald Trump che parla della terza guerra mondiale con alle sue spalle giocatori e dirigenti della Juventus. Per chi si fosse perso questo momento che è spirito dei tempi, che è iconografia del contemperano, che è Zeitgeist e allo stesso tempo allucinazione collettiva, un breve riassunto: il 18 giugno una delegazione della Juventus ha visitato lo Studio Ovale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e durante quell’incontro, che era stato organizzato per via della partecipazione della Juventus al Mondiale per club, al momento delle domande i giornalisti presenti si sono concentrati solo sulla possibilità di un coinvolgimento degli Stati Uniti a fianco di Israele contro l’Iran. Trump ha puntualmente risposto alle loro domande su questo argomento per circa 15 minuti, mentre i giocatori della Juventus e altri membri della delegazione, fra cui il proprietario John Elkann e l’allenatore Igor Tudor, erano in piedi dietro di lui.

Il presidente Usa a un certo punto ha deciso di cominciare a denigrare il suo predecessore Joe Biden dicendo, per usare, visto il contesto, una formula anglosassone, out of the blue: "Era favorevole a far giocare gli uomini negli sport femminili". Compiaciuto di essere riuscito a spingere anche questa volta la sua narrazione transfobica, Trump, com'è tipico dei bulli, ha cercato approvazione, girandosi verso i giocatori della Juventus, visibilmente desiderosi di recarsi il prima possibile in un bosco di notte per urlare fino a perdere i sensi. "Una donna potrebbe far parte della squadra?", ha chiesto allora The Donald, che di certo è uno che non molla. Qualcuno ha sorriso come solo allo zio ubriaco a Natale, e poi ecco Damien Comolli (direttore generale della Juventus, ndr) che cerca di uscire dallo stallo: "Abbiamo un'ottima squadra femminile". "Ma dovrebbero giocare con le donne, giusto? Siete molto diplomatici", ha chiosato a quel punto Trump, che poco appagato dalla scarsa solidarietà anti trans bianconera ha deciso fosse meglio tornare a parlare di Iran e Israele.



L'ordine esecutivo di Trump: via le atlete transgender dallo sport femminile

Ecco, quell'aneddoto, poco più di un mese dopo è tornato in qualche modo attuale, visto che il Comitato Olimpico e Paralimpico americano ha fatto quello che la Juventus non è riuscita a fare, confermando la linea del presidente Usa che a febbraio, aveva firmato un ordine esecutivo che vieta alle atlete transgender di competere negli sport femminili. Una posizione chiara quella che il comitato ha comunicato alle federazioni di nuoto, atletica leggera e altri sport. Tutti obbligati a rispettare l’ordine esecutivo emesso dal presidente Trump. La modifica dell’USOPC è citata indirettamente come punto nella sezione ‘Politica per la sicurezza degli atleti dell’Usopc’, che fa riferimento all’ordine esecutivo di Trump, denominato “Tenere gli uomini fuori dagli sport femminili” e firmato con grande urgenza (ricorderete il proclama il giorno dell'insediamento: "torneranno ad esserci solo due generi sessuali") a febbraio. L’ordine esecutivo, tra le altre cose, come già aveva precisato Trump, minaccia di “revocare tutti i fondi” alle organizzazioni che non attueranno la politica citata e di conseguenza permetteranno la partecipazione di atlete transgender negli sport femminili.

I funzionari olimpici statunitensi hanno informato gli organi di governo nazionali di doversi comportare allo stesso modo. Questa nuova politica segue un provvedimento simile attuato dalla Ncaa a inizio 2025: in quel caso fu colpita fra le tante anche la nuotatrice Lia Thomas, prima atleta transgender a vincere un campionato in NCAA Division I ma a cui è stato vietare di partecipare alle Olimpiadi 2024 di Parigi proprio perché trans. Anche nel Regno Unito una recente sentenza della Corte Suprema ha cambiato le regole che avevano permesso alle atlete transgender di giocare nel calcio femminile a patto che avessero ridotto i loro livelli di testosterone.

La linea ufficiale del Comitato Olimpico statunitense

“Come organizzazione a statuto federale, abbiamo l’obbligo di rispettare le aspettative federali – così scrivono in una lettera l’amministratore delegato dell’Usopc, Sarah Hirshland, e il presidente Gene Sykes - La nostra politica rivista sottolinea l’importanza di garantire ambienti di competizione equi e sicuri per le donne. Tutti gli organi di governo nazionali sono tenuti ad aggiornare le proprie politiche applicabili in linea con le nuove disposizioni”. Immediata la risposta del National Women’s Law Center, che ha rilasciato una dichiarazione in cui viene condannata la decisione attraverso la presidente e amministratore delegato dell’organizzazione Fatima Goss Graves: “Cedendo alle richieste politiche, l’Usopc sta sacrificando le esigenze e la sicurezza delle proprie atlete”.

Sebbene la presenza di atlete transgender negli sport femminili sia un tema delicato, che deve essere trattato e analizzato dalle autorità sportive e scientifiche, è anche qualcosa di molto particolare e raro, che non riguarda lo sport di alto livello dove non esistono casi di questo genere. O meglio, se ci sono, sono stati, come per la già citata Lia Thomas, risolti con l'impossibilità di gareggiare ai Giochi olimpici.

Altri esempi, come il molto e male dibattuto caso della pugile algerina Imane Khelif o della sua collega Yu Ting, non c’entrano con questi divieti: si tratta infatti di atlete intersex e iperandrogine. Vale a dire donne, con un'eccessiva produzione di ormoni maschili (androgeni), in particolare di testosterone. Persone, insomma, che non sarebbero toccate dal provvedimento di Trump, che nonostante lo sa benissimo e ha usato questa vicenda, che ha avuto eco mondiale durante i Giochi di Parigi, per giustificare il suo ordine esecutivo. Il suo provvedimento, come logica conseguenza, vieterà anche ad atlete transgender di entrare negli Stati Uniti per competere con le donne alle Olimpiadi del 2028 a Los Angeles.

Uno scontro culturale e politico ben oltre lo sport

La partecipazione degli atleti transgender allo sport è diventata una questione divisiva negli ultimi anni, con particolare accanimento sulle ragazze e sulle donne trans. Eppure gli atleti transgender costituiscono solo una piccola parte del panorama competitivo complessivo. Il presidente della National Collegiate Athletic Association
Charlie Baker ha testimoniato davanti a un comitato del Senato a gennaio che sapeva di meno di 10 atleti collegiali transgender tra i 544.000 attualmente in competizione. Per contro, più di 400 atleti hanno firmato una lettera l'anno scorso chiedendo alla NCAA di non vietare gli atleti transgender dalla competizione, esortandola ad essere sul "lato giusto della storia".

"Come atleti, sappiamo in prima persona che lo sport ha il potere di cambiare la vita", diceva la lettera. "Consentire agli atleti transgender all'interno della NCAA di partecipare agli sport che amano per quello che sono veramente insieme ai loro compagni di squadra soddisfa il vero spirito dell'Olimpismo a cui tutti attribuiamo". Ma non soddisfa lo spirito di The Donald, che di questa battaglia ha bisogno per tenere stretto attorno a sé un consenso del mondo MAGA che in questi giorni, complice il clima di sospetto che aleggia a causa degli “Epstein files”, sente scivolare via.