Il 7 marzo 2025, il giorno prima della Giornata internazionale della donna, sul sito del governo italiano è stata pubblicata una dichiarazione firmata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Si leggeva: "Oggi il Governo compie un altro passo avanti nell’azione di sistema che sta portando avanti fin dal suo insediamento per contrastare la violenza nei confronti delle donne e per tutelare le vittime. Il Consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge estremamente significativo, che introduce nel nostro ordinamento il delitto di femminicidio come reato autonomo, sanzionandolo con l’ergastolo, e prevede aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn".
Il 23 luglio 2025 è stato fatto un passo sostanziale in questa direzione, con il Senato che ha approvato in prima lettura e all’unanimità il disegno di legge che istituisce, tra l’altro, il reato di femminicidio punito con l’ergastolo, e il voto unanime, accolto con un applauso dell’Aula.
Lo ha salutato con soddisfazione Fabrizia Giuliani, coordinatrice del comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale antiviolenza istituito al Dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio, che ha curato il Libro bianco per la formazione sulla violenza contro le donne presentato lo scorso novembre dalla ministra per la Natalità, la Famiglia e le Pari opportunità Eugenia Roccella. Soddisfatta anche la premier Giorgia Meloni, perché "l'Italia è tra le prime nazioni a percorrere questa strada, che siamo convinti possa contribuire a combattere una piaga intollerabile".
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Un nuovo reato nel codice penale italiano: nasce il femminicidio autonomo
Ma cosa cambia, in concreto, con questa introduzione del reato autonomo di femminicidio? Fino ad oggi il codice penale italiano puniva l’uccisione di una donna con la norma generale sull’omicidio (art. 575 c.p.), con la possibilità di applicare alcune aggravanti specifiche, come la relazione affettiva con la vittima (art. 577 c.p.) o la crudeltà (art. 61 c.p.). Oggi viene, invece, definito in modo più ampio, come un atto di discriminazione o di odio verso una persona in quanto donna o come conseguenza del suo rifiuto ad avere o continuare una relazione affettiva, e sarà sempre punito con l'ergastolo.
La revisione del testo
Sembra, insomma, che in Senato stavolta sia prevalso il gioco di squadra maggioranza-opposizione, come testimoniano alcune modifiche al testo che sono state fatte passare. La più importante riguarda il perimetro del reato: per le opposizioni, la definizione era troppo vaga. Il testo inizialmente parlava di "atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna, per reprimere l'esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l'espressione della sua personalità". Mancava l'aspetto relazionale e soprattutto il rifiuto della donna rispetto a una storia, sempre più spesso miccia per gli uomini che uccidono le compagne o ex. Alla prima parte, quindi, si è aggiunto il passaggio sul 'no' di una donna a "stabilire o mantenere una relazione affettiva", ma anche a voler "subire una condizione di soggezione o comunque una limitazione delle sue libertà individuali". Ciò vale anche a chi si percepisce come donna, ma non lo è anagraficamente. I correttivi, inoltre, si estendono alle aggravanti previste per i maltrattamenti in famiglia, le lesioni e lo stalking.
Gli aiuti agli orfani di femminicidio
Altra novità sono gli aiuti agli orfani di femminicidio: la legge stanzia per loro 10 milioni di euro. Ma soprattutto allarga la platea: gli aiuti varranno per tutti i minori privati della madre se uccisa in quanto donna, anche se l'omicida non aveva un legame affettivo con lei, né al momento né prima. E anche per i figli di donne sopravvissute a tentativi di femminicidio, ma rimaste gravemente compromesse tanto da non poter più prendersi cura dei figli.
Le critiche al disegno di legge
Il sì del centrosinistra però non nasconde l'esistenza di lacune e critiche alla legge. Pd, Avs e M5s denunciano l'assenza di interventi e investimenti su prevenzione, cambio culturale ed educazione affettiva. La stessa obiezione era stata mossa da un gruppo di 80 giuriste contrarie all Ddl, e che avevano firmato un documento congiunto il cui punto focale era proprio l'attivazione di modifiche del codice di procedura penale non accompagnate da altri interventi di prevenzione. "Quello che non convince - avevano scritto le giuriste- è che manca del tutto la parte relativa alla prevenzione come anche la Convenzione di Istanbul invita a fare. Così si rischia di fare propaganda. Lo vediamo nei paesi sudamericani dove il reato di femminicidio esiste ma i casi sono numerosissimi e l'introduzione della norma non li ha limitati".
Secondo la senatrice della Lega Giulia Bongiorno viene "finalmente riconosciuta la gravità della condotta di chi uccide una donna come atto di odio o discriminazione. È una presa di posizione nuova e forte contro chi considera le donne esseri inferiori. La Lega da anni è in prima linea nella battaglia contro la violenza sulle donne e ancora una volta ha dato un contributo essenziale a questo provvedimento. Naturalmente, auspico che ci sia una corretta e rigorosa applicazione delle nuove misure". "Il confronto vero ha dato dei risultati – ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein, che qualche mese fa aveva lanciato un appello a Meloni per collaborare su questo aspetto – ora però bisogna rilanciare, perché l’introduzione del reato non sarà sufficiente ad affrontare il fenomeno, la repressione non basta, serve la prevenzione".