Vi raccontavamo a giugno 2024 di Barbara e Chiara, unite civilmente a Milano, la loro città, e madri di due figli. Un anno fa la secondogenita era in arrivo, e Barbara ci aveva spiegato che il giorno stesso in cui sarebbe nata, avrebbe fatto "partire la richiesta per l’adozione in casi particolari". Dopo la circolare del ministro Piantedosi e le contestazioni delle procure, infatti, per le coppie omosessuali non era più possibile registrare l’atto di nascita coi nomi di entrambi i genitori, come era stato, invece, per il loro primogenito Leo nel 2019, ma solo con quello del genitore biologico. Per la piccola in arrivo, l’adozione era diventata l’unica via percorribile. Ma quello era solo il primo di diversi ostacoli. Sempre Barbara e Chiara, che lavorano entrambe nella pubblica amministrazione, avevano provato a chiedere congedo parentale. Era il 2020, c’era la pandemia, e gliel'avevano rifiutato. "L’atto di nascita - spiegava Chiara - dove c’era anche il mio nome, era perfettamente valido, ma non secondo il mio datore di lavoro. Ho dovuto fare causa e grazie agli avvocati della Rete Lenford (associazione di legali per i diritti Lgbti+, nda) ho vinto in due gradi di giudizio. Intanto, però, era passato un anno e avevo preso l’aspettativa non retribuita".
Amarsi, avere figli, proteggere il loro futuro: per le coppie omogenitoriali nel nostro Paese questi semplici diritti non sono garantiti, e senza di essi la vita è davvero più complicata.
La sentenza storica della Corte Costituzionale
Oggi, tuttavia, è arrivata una buona notizia dalla Corte Costituzionale, che ha stabilito che, quando due donne hanno un figlio, la cosiddetta “madre intenzionale” – quella senza legami biologici col bambino – ha diritto al congedo retribuito e obbligatorio di dieci giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100% già riservato ai padri nelle coppie eterosessuali (il cosiddetto “congedo di paternità”) da usare nei primi mesi di vita del figlio.
La questione era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Brescia, che aveva ritenuto discriminatoria la disposizione che consente soltanto al padre di fruire del congedo di paternità obbligatorio, escludendo, quindi, dal beneficio la “seconda madre” in una coppia di donne, considerate, tuttavia, entrambi genitori dallo stato italiano. Una disparità di trattamento manifestamente irragionevole rispetto alle coppie di genitori di sesso diverso. La Corte, nella sua delibera, ha sottolineato, ancora una volta, che “l'orientamento sessuale non incide di per sé sulla idoneità all'assunzione di tale responsabilità”. E ricorda l'interesse superiore del nato, senza che ce ne siano altri di pari rango, a “vedersi riconoscere lo stato di figlio di entrambe le figure – la madre biologica e quella intenzionale ‒ che abbiano assunto e condiviso l'impegno genitoriale attraverso il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita praticate legittimamente all'estero”. Il diritto del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori è riconosciuto a livello di legislazione ordinaria (articoli 315-bis e 337-ter del codice civile) nonché da una serie di strumenti internazionali e dell’Unione europea. Ed è per questo, osserva la Corte, che va riconosciuta e tutelata anche "l’esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore". Lo si può fare tramite "la modulazione di quello da destinare al lavoro", cioè attraverso i congedi parentali, "in coerenza con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari, in un processo di progressiva valorizzazione dell’aspetto funzionale della genitorialità, che resta identico nelle due diverse formazioni, la coppia omosessuale e quella eterosessuale".
Il diritto alla genitorialità nelle coppie lesbiche
Mara Ghidorzi, gender expert di Fondazione Libellula, ha commentato la notizia così: "Questa sentenza fa fare dei piccoli passi in avanti all'Italia in materia di diritti delle persone LGBTQI+. Finalmente viene in qualche modo riconosciuto lo status genitoriale a entrambe le madri, quindi non soltanto quella biologica. Un passo avanti necessario, ma è importante ricordare che in Italia siamo in fondo alla classifica europea in questo ambito. E precisamente al 35esimo posto su 45 Paesi. C'è ancora tanto da fare per recuperare posizioni. Questa sentenza, inoltre, interviene solo sulla situazione delle donne madri, quindi delle coppie lesbiche, mentre restano tagliati fuori da queste misure gli uomini. Siamo ancora a metà del nostro cammino e c'è ancora tanto lavoro culturale da fare, soprattutto attorno al concetto di famiglia. Famiglia intesa come nucleo di persone che sta insieme per un vincolo affettivo, e non per un semplice ordine e modello normativo che vede come unica possibilità l'eterosessualità".
Le criticità ancora aperte per i padri omosessuali
Va infatti ricordato, come sottolinea Ghidorzi, che la decisione della Consulta non si estende invece alle coppie formate da due padri, perché nell’ordinamento italiano, per ora, manca in questi casi un riconoscimento giuridico del secondo genitore. Le situazioni che coinvolgono due padri infatti derivano spesso da percorsi di gestazione per altri, una pratica vietata in Italia e che, anzi, da ottobre dello scorso anno è diventata reato universale, ovvero perseguibile penalmente anche qualora venga eseguita all'estero.