Alzarsi e non voler andare in ufficio, tornare a casa e in metropolitana chiedersi "Ma che cosa sto facendo?", piangere nei bagni, cercare strategie per tenere sotto controllo gli attacchi di panico, sentirsi stanchi, stressati, bloccati sempre allo stesso punto, odiare il proprio lavoro. Secondo un'indagine di Hays, società specializzata in recruitment e risorse umane, solo sei italiani su dieci sono soddisfatti della prima posizione lavorativa e le cose non vanno molto meglio se si considera la soddisfazione salariale.

Il risultato della ricerca ha confermato l'Italia agli ultimi posti nella classifica internazionale e la notizia non è buona dato che, in una fase di incertezza come quella attuale, secondo gli esperti bisognerebbe puntare sulla motivazione e la fidelizzazione delle persone.



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I lavoratori italiani sono insoddisfatti

Sul podio dei dipendenti più soddisfatti secondo la ricerca si trovano quelli della Repubblica Ceca (79% di risposte positive), poi Thailandia (76%) e Regno Unito (71%). Seguono Colombia (69%), Messico e Irlanda (67%), Canada e Malesia (65%), Ungheria (64%), Paesi Bassi, Polonia e Francia (63%), Spagna, Romania, Cile e Cina (62%). Per trovare gli italiani bisogna scorrere fino in fondo alla classifica, con Brasile (61%), Italia, appunto (60%), Stati Uniti (59%), Portogallo (52%). Da ultimo, con un indice di gradimento decisamente più basso, del 40% c'è il Giappone.

La classifica è simile anche per quanto riguarda il salario: l'Italia è messa leggermente meglio rispetto ad altri Paesi europei ma l'indice di gradimento scende ulteriormente. La Repubblica Ceca è sempre al primo posto con il 73% di dipendenti soddisfatti di quanto guadagnano rispetto alla posizione ricoperta, seguita di nuovo da Thailandia (70%) e Regno Unito (68%), Irlanda (66%), Messico (61%), Colombia (60%), Cile (59%), Romania (58%). L'Italia in questa classifica è allo stesso livello di Stati Uniti e Cina con il 57%. Seguono Malesia (56%), Canada e Francia (55%) mentre sono meno soddisfatti della propria retribuzione i lavoratori di Spagna (46%), Portogallo (45%), Paesi Bassi (43%), Polonia. Il Giappone (42%) anche in questo caso ha i lavoratori più insoddisfatti.

Secondo Alessio Campi, people & culture director di Hays Italia che ha parlato con Repubblica, la soddisfazione del personale costituisce "un indicatore strategico per il successo delle aziende, soprattutto in un contesto in cui i professionisti ricercano ambienti che valorizzano competenze, benessere e crescita". Per questo secondo Campi l'Italia non dovrebbe ignorare il problema ma “spingere imprese e manager a ripensare le leve di attrattività e retention dei talenti". "Bisogna puntare sui bisogni intangibili dei lavoratori", spiega, "ossia su politiche concrete che riguardino opportunità di crescita, work-life balance e cultura aziendale”.

Cosa conta per i lavoratori? Le cose stanno cambiando

Le classifiche di Hays hanno tenuto conto dell'umore dei lavoratori sulle politiche adottate dalle aziende in termini di crescita professionale, attenzione alle persone, benessere mentale, welfare ed equilibrio tra vita privata e lavoro.

Secondo i dati dell’ottavo rapporto Eudaimon-Censis sul welfare aziendale, infatti, i parametri di gradimento di un posto di lavoro stanno gradualmente cambiando, specie se si guarda alle generazioni più giovani. Fino a pochi anni fa, infatti, i lavoratori cercavano il prestigio professionale tramite stipendi alti e benefit esclusivi. Oggi entrano in gioco valori diversi come salute, tranquillità e tempo per sé stessi. Il concetto stesso di successo sta cambiando, la ricchezza economica è scesa all’ottavo posto nella classifica dei valori fondamentali per il benessere lavorativo (solo il 9% degli intervistati l'hanno citata). Al contrario è molto importante la salute psicofisica (fondamentale per il 63% degli italiani), la tranquillità lavorativa (41%) e il work-life balance (36%).