Italia e Spagna si sono appena fronteggiate sulla terra rossa del Roland Garros, in quella che è stata la finale più lunga della storia dello Slam parigino, e a trionfare è stata la seconda, che con il suo numero 2 al mondo Carlos Alcaraz ha strappato dopo cinque ore e mezzo di match la vittoria all'azzurro Jannik Sinner, numero 1 del tennis mondiale.

Italia e Spagna sono paesi cugini in rapporti discreti e distesi, e anche quando rivaleggiano su fronti sportivi, come quanto successo sul Philippe-Chatrier, lo fanno senza particolari livori personalistici. C'è meno astio, così a spanne, verso il paese iberico rispetto a quello che esiste nel discorso comune verso gli altri cugini, ovvero i francesi. Dipinti (e mi dissocio) come presuntuosi, sgarbati, inospitali. La Spagna, invece, sempre per rimanere nel mondo degli stereotipi, è quella calorosa e amichevole, tranne quando, piccola postilla, smette di esserlo a causa della presa d'assalto dei turisti, che l'hanno fatta schizzare al primo posto della classifica paesi più visitati d'Europa.

Negli ultimi anni, per esempio, le Canarie non riescono più a contenere gli effetti negativi che il terzo settore ha sulle risorse delle isole e sulle finanze dei suoi abitanti, tra i più poveri del Paese, eppure costretti a fare i conti con un costo della vita sempre più elevato.

Contro il turismo di massa e un modello di sfruttamento intensivo dell'accoglienza di stranieri, migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade delle principali città delle Canarie per chiedere un ripensamento nella gestione dei flussi. Anche a Barcellona una cosa piuttosto bizzarra che ha a che fare con local molto stizziti dai visitatori e dai loro comportamenti, e delle pistole ad acqua. Lo scorso giugno una folla piuttosto nervosa di manifestanti anti-turismo (che secondo quanto riportato dalla polizia, avrebbe radunato circa 3000 persone) ha sfilato lungo le vie principali, tra cui La Rambla, imbracciando delle pistole ad acqua e Super Liquidator, sparando ai turisti seduti ai tavoli all’aperto di ristoranti e bar, reggendo cartelli con scritte cose come “Barcelona is not for sale” e “Tourists go home".

Ma se con i turisti va così, con gli italiani che hanno deciso di fare del paese governato dal 2018 da Pedro Sanchez casa propria, le cose sono decisamente migliori. Perché chi va, e sono tanti ma ci arriviamo, evidentemente si trova così bene non solo da restare, ma anche da convincere altri a fare lo stesso, in un passa parola virtuoso che ha reso il paese iberico il secondo più scelto dai nostri conterranei come meta di espatrio.

Gli italiani in Spagna: una presenza in crescita

Secondo le stime del rapporto “Italiani nel mondo” della fondazione Migrantes, in Spagna ci sono quasi 256 mila residenti italiani. Tuttavia, i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica spagnolo (INE) fotografano una realtà ancora più consistente: oltre 325 mila persone con passaporto italiano vivono stabilmente nel Paese iberico, una crescita esponenziale se si considera che, appena 25 anni fa, erano circa 24 mila.

In diciotto anni da quando è iniziato il primo censimento degli espatriati nel 2006, la comunità degli italiani residenti all’estero è aumentata del 91%, arrivando a 5,9 milioni. Tra questi, le italiane all’estero sono raddoppiate (99,3%) per un totale di 2,8 milioni, i minori sono aumentati del +78,3% e gli over 65 anni del +109,8%. I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del +175%, le acquisizioni di cittadinanza del +144% e le partenze per espatrio del +44,9%. Come si legge nel report, "mentre l'Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), l'Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti".

Chi sono i nuovi expat italiani?

Negli anni il fenomeno è cambiato perché se in passato il profilo tipico dell'emigrato era il padre di famiglia di origine meridionale con moglie e figli diretti verso Europa o Stati Uniti, adesso partono ragazzi sempre più giovani, altamente formati, provenienti anche dalle regioni del Centro-Nord.

Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro. A spostarsi sono quasi nella metà dei casi i giovani: nel 2022 ben il 44% degli 82mila espatriati (diretti al 75,3% verso l’Europa) sono italiani tra i 18 e i 34 anni, un dato in aumento del 2% rispetto al 2021.

Al contrario di quanto capita per gli italiani in Italia, l'Italia che risiede all’estero è sempre più giovane. Il 23,2% degli espatriati (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni; i minori sono più di 855 mila (14,4%). Guardando alla fasce di età più matura, il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni, mentre gli anziani over 65 anni sono il 21,1%.

Perché si sceglie la Spagna

E la Spagna è la meta d'elezione di questa nuova ondata di Expat contemporanei. Le opportunità, per altro, per vivere in Spagna non mancano: con il programma Erasmus, ogni anno partono circa 8 mila studenti italiani, circa un terzo del totale di chi aderisce al bando europeo. Ma oggi non si tratta solo di un’esperienza temporanea. Sempre più persone scelgono di trasferirsi in Spagna per vivere e lavorare, parte di un fenomeno migratorio che alcuni definiscono una “migrazione silenziosa”, capace di modificare progressivamente il tessuto sociale ed economico delle città spagnole.

Nel 2024, secondo Istat, 18.894 italiani hanno scelto di trasferirsi in Spagna, rendendola il secondo Paese di destinazione dopo la Germania. La Spagna sta attraversando una fase di crescita intensa: nel 2023 il Pil è cresciuto del 2,7%, nel 2024 del 3,2%, mentre per il 2025 è stimato tra il 2,5% e il 2,7%. Il Paese ha sostenuto la sua crescita grazie alle esportazioni di beni e servizi, in particolare quelli finanziari e di consulenza, ma anche tecnologie informatiche e comunicazioni.

Fondamentale anche lo sviluppo delle energie rinnovabili e, più di recente, una normativa favorevole alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative. A favorire l’arrivo di lavoratori stranieri contribuisce la cosiddetta “Beckham Law”, che prevede per sei anni una tassazione agevolata (24%) sul reddito percepito da fonti spagnole.

Welfare, stipendi e congedi: la Spagna batte l’Italia

Il sistema di welfare spagnolo ha fatto la differenza in questo fenomeno. Il congedo parentale di 16 settimane garantito sia agli uomini sia alle donne, contro i 10 giorni previsti in Italia per i padri, è uno degli esempi più concreti. Dal 2021, infatti, in Spagna è stata approvata una legge che concede il congedo genitoriale anche per i papà di 16 settimane e, attenzione, a stipendio pieno. Le prime 6 settimane sono obbligatorie subito dopo la nascita, mentre le successive 10 sono facoltative e i genitori possono scegliere se utilizzarle a tempo pieno o part time. La Spagna offre, dunque, il congedo più generoso tra i Paesi OCSE e così, seppure con grandi differenze tra le regioni, circa la metà dei neo-padri spagnoli, potendo frazionare il tempo, resta a casa quando la madre torna al lavoro.

A spingere tanti italiani a lasciare il Paese natale sono, infatti, le difficoltà del mercato del lavoro italiano, che non prevede un salario minimo nazionale e che, insieme alla Grecia, è tra i pochi paesi OCSE dove il potere d’acquisto è calato dagli anni 2000 a oggi. Per ogni spagnolo che si trasferisce in Italia, sono otto gli italiani che scelgono la Spagna. In Italia, insomma, gli stipendi non crescono, mentre i prezzi sì. E allora il rimedio più rapido, anche se spesso non indolore, è andare altrove, specie se quell'altrove non sembra poi così diverso, seppur migliore, di casa.