Se sui dazi e sull'Ucraina i punti di vista non convergono, anzi, il rischio frizioni è una possibilità, sull'avversione per tutto ciò che può significare "cultura woke" la premier italiana Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sono compatti, alleati, di più: pare addirittura s'ispirino l'un l'altro.
Nel corso dell’incontro alla Casa Bianca di qualche settimana fa, Meloni si era infatti scagliata con durezza contro l'ideologia woke, a suo dire così cara alla sinistra, ribadendo quanto oggi sia "necessaria una lotta comune dei conservatori sulle due sponde dell’Atlantico contro un pensiero "che vorrebbe cancellare la nostra storia". Su queste basi la premier italiana aveva invitato Trump a serrare le fila. Obiettivo, "rendere l’Occidente grande di nuovo: Make the West Great Again".
L'origine e l'evoluzione del termine "woke"
Il termine "woke" ha origini nella cultura afroamericana, dove "stay woke" indicava l'importanza di non dormire o essere indifferenti di fronte alle ingiustizie. Con il tempo, il significato si è ampliato per includere la consapevolezza di tutte le forme di discriminazione e disuguaglianza sociale. L'ideologia woke mira a promuovere la giustizia sociale, l'inclusività e la valorizzazione della diversità. Questo include la lotta contro il razzismo, la discriminazione di genere, la discriminazione basata sull'orientamento sessuale, la discriminazione religiosa e altre forme di disuguaglianza. Tuttavia, ha anche suscitato critiche e controversie, con accuse di eccesso di sensibilità (o suscettibilità, a seconda dei punti di vista), polarizzazione del dibattito e di una presunta cancellazione della libertà di espressione. Alcuni critici sostengono che il wokeismo possa portare a un eccessivo focus sulla cultura e sull'identità, trascurando i problemi economici e sociali.
Donald Trump, che non è certo uno che in politica culturale può essere considerato un moderato, dopo lo scontro aperto con le università americane, considerate dal Tycoon un covo liberal e “nemico” da sabotare (vicenda, questa, che ha portato alla rivolta di 180 atenei che hanno firmato un documento congiunto per opporsi agli attacchi del presidente Usa, ndr), ha aggiunto un tassello al suo piano di smantellamento del wokeismo, annunciando, nei giorni del funerale di Papa Francesco, il rilancio in grande stile del Columbus Day, il giorno di festa negli Usa dedicato allo scopritore del continente americano, negli ultimi anni sempre più contestato per via delle violenze coloniali cui diede il là il celebre sbarco del 1492. "Riporterò in auge il Columbus Day dalle ceneri", ha annunciato Trump su Truth, spiegando poi il senso della sua promessa. "I Democratici hanno fatto tutto il possibile per distruggere Cristoforo Colombo, la sua reputazione e tutti gli italiani che lo amano tanto. Hanno buttato giù le sue statue, mettendoci al posto nient’altro che il WOKE, o peggio il nulla totale!", accusa il presidente Usa. "Beh, sarete felici di sapere che Cristoforo sta per tornare alla grande. Riesumo qui e ora il Columbus Day secondo le stesse regole, date e luoghi nei quali si svolgeva da decenni!". Meloni stessa aveva evocato proprio la figura del grande navigatore genovese, ricordando come la data della visita, il 17 aprile, "segna l’anniversario dell’accordo che ha permesso a Cristoforo Colombo di fare il suo viaggio" verso le Americhe.
La storia del Columbus Day, tra celebrazione e contestazioni
Ma qual è la storia del riesumato, anche se mai davvero sparito, Columbus Day? Fu il presidente Franklin Delano Roosevelt a dichiararlo per la prima volta una festa nazionale nel 1934, e nel 1937 divenne una festa riconosciuta a livello federale grazie soprattutto alle pressioni dei Cavalieri di Colombo, un'organizzazione cattolica. Anche se i viaggi di Cristoforo Colombo non raggiunsero mai il Nord America, egli divenne comunque un simbolo della colonizzazione delle Americhe come il primo europeo a sbarcare sulle isole caraibiche. Non sorprende, vien da dire, che Trump sia affezionato a Columbo, dato il desiderio dichiarato dell'attuale presidente di colonizzare sia la Groenlandia che il Canada e renderli parte degli Stati Uniti. Ma nonostante ciò che dice Trump, il Columbus Day rimane ancora oggi una festa federale, come lo è stato per decenni, e si osserva il secondo lunedì di ottobre. Alcune città e alcuni stati, tra cui Alaska, Oregon e Vermont e Seattle, hanno deciso di riconoscere ufficialmente al posto del Columbus Day, la Giornata dei Popoli Indigeni o il Giorno dei Nativi Americani. La Giornata dei popoli indigeni è iniziata negli anni '90 e da allora ha guadagnato slancio, specie da quando il presidente Biden è diventato nel 2021 il primo presidente a riconoscere formalmente la festa. Numerosi altri stati americani, come fa notare il sito Axios che si occupa di verificare la veridicità delle affermazioni dei politici, non celebrano nessuna delle due festività.
Alcuni luoghi negli Stati Uniti hanno iniziato a mettere in discussione l'onore di Colombo, soprattutto alla luce delle proteste per l'equità razziale nel 2020, perché l'esploratore ha ucciso e ridotto in schiavitù gli indigeni a Hispanola. Secondo l'analisi del Washington Post e del Massachusetts Institute of Technology, almeno 40 monumenti di Colombo sono stati rimossi dall'esposizione pubblica negli Stati Uniti, ma più di 130 sono rimasti in piedi. "Celebrare Colombo ha lo scopo di cancellarci e di celebrare il nostro genocidio", ha detto al Post l'attivista per i diritti degli indigeni Mahtowin Munro. Date le recenti batoste di Trump - il mercato azionario che precipita a causa delle notizie delle sue tariffe aggressive e della sua incapacità di finalizzare qualsiasi accordo commerciale, i suoi brutti numeri nei sondaggi sul gradimento e la sua incapacità di garantire un accordo di pace tra Russia e Ucraina - è chiaro che sta cercando di assicurarsi una vittoria facile. Ripristinare una festa federale che non è mai stata annullata è certamente un modo per farlo.