Se si pesca nel mare burrascoso dei forum dedicati alla maternità, capita facilmente di imbattersi in decine se non centinaia di testimonianze scritte da donne normali, che per mesi se non anni hanno desiderato un figlio che non arrivava e che per questa sua mancata presenza è diventato quasi un'ossessione. In quelle stesse testimonianze, però, nel momento in cui la paura che il sogno di diventare genitore possa non realizzarsi mai svanisce, lasciando il posto, finalmente, al momento della gravidanza, può accadere che invece del sollievo e della gioia, ci si ritrovi ingabbiate in pensieri oscuri, sinistri. E quando il bimbo nasce, ecco che ne nascono di nuovi. Intensissimi. Stanchissimi. Euforici. Agghiaccianti.

Nei forum, ma anche nei discorsi tra amiche o sui social, si sovrappongono domande disperate, richieste di aiuto che emergono da profonde solitudini e molte risposte di buon senso, incoraggianti, di chi ci è passata e ne è uscita. Con o senza l’aiuto di uno specialista o di uno psicofarmaco, a seconda dell’intensità del malessere. Quel che certo non aiuta, intorno, è il cliché che ti vuole raggiante per aver dato alla luce una creatura. In questo contesto di idealizzazione ipertrofica della maternità in tutte le sue fasi, certe sensazioni, alcune fantasie distruttive, non possono essere confessate senza suscitare diffidenza e incomprensione.

Baby blues e depressione post-partum

Diventare madri comporta molti cambiamenti, la donna deve (ri)organizzare le proprie abitudini, familiari, di lavoro e di coppia, sulla base delle continue richieste di accudimento del neonato. Nei giorni successivi al parto, un periodo caratterizzato da instabilità emotiva, calo dell’umore, difficoltà a dormire, è considerato fisiologico. Stiamo parlando di quello che viene definito come baby blues, con riferimento alla malinconia che caratterizza la condizione. Circa il 60/80% delle puerpere sperimenta questi sintomi, che tendenzialmente rientrano dopo qualche giorno, al massimo una settimana e non si trasformano necessariamente in un disturbo.

La depressione post parto, invece, è un disturbo di natura psicologica, caratterizzato da sintomi ben precisi, spesso sottostimato, tanto che la neo mamma, per vergogna, non chiede un aiuto medico. Viene chiamata anche “depressione muta”, a causa della tendenza a nascondere il proprio disagio da parte della donna. Alla base di questa situazione c’è la paura della neo mamma di essere giudicata e di essere vista come una “cattiva” madre.

Quando la depressione arriva già in gravidanza

Ma la depressione non colpisce solo dopo la nascita del bambino, anzi: spesso può presentarsi proprio durante la gravidanza e non è certo meno grave e difficile da gestire. In questo caso se ne parla ancora troppo poco ed è un grave errore: la depressione pre-parto sta infatti diventando un problema sempre più diffuso.

Secondo uno studio del 2018, condotto presso l'Università di Bristol e pubblicato dal Journal of the American Medical Association (JAMA), le donne Millennial incinte hanno molte più probabilità di sviluppare la depressione durante la gravidanza rispetto alle generazioni precedenti. Lo studio, gestito dalla dottoressa Rebecca Pearson - ricercatrice presso il Centre for Academic Mental Health dell’Università di Bristol - ha confrontato la differenza dei tassi di depressione durante la gravidanza delle Millennial rispetto a quella registrata dalle loro madri. I ricercatori hanno studiato una generazione di gravidanze, quelle che si sono verificate tra il 1990 e il 1992, e poi hanno confrontato i risultati con una seconda generazione, dal 2012 al 2016. I risultati dicono che il 25% delle donne nate tra il 1980 e il 1994 ha riferito alti livelli di depressione durante il corso della gravidanza, un aumento rispetto al 17% di donne rimaste incinte negli anni ’90.

I numeri della depressione perinatale in Italia

La depressione perinatale può manifestarsi in vari modi: ansia, inappetenza, insonnia, senso di inadeguatezza, sono solo alcuni dei sintomi, che possono variare da donna a donna. Circa il 10% delle donne in gravidanza soffre di questi disturbi durante l’attesa di un figlio e tale percentuale è aumentata negli ultimi anni: in Italia le donne a rischio di depressione nel 2019 erano pari all’11%, per poi passare al 25% nel 2022. Secondo gli ultimi dati disponibili dell’ISS, sono sempre più necessari programmi di promozione del benessere psicologico in gravidanza, specialmente per promuovere nelle donne il riconoscimento e la consapevolezza dei segnali di disagio, spesso negati o minimizzati dalle donne stesse e dal contesto familiare.

L'importanza del supporto alla salute mentale materna

In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale Materna (7 maggio), Alma Res Centro di Medicina della Riproduzione (tutte le info qui: www.almares.it) vuole ricordare l’importanza del supporto alla salute mentale delle donne, per migliorare la loro resilienza e aiutarle a crescere i propri figli in modo ottimale. "Negli ultimi anni si è iniziato a parlare di un argomento che nel passato è stato sottovalutato, ma che merita una grande divulgazione. La Salute Mentale Materna è stata poco osservata perché incastrata all’interno di pregiudizi e dogmi - afferma Marco Callopoli, psicoterapeuta di Alma Res - Diventare mamme è da sempre considerato “un miracolo”, “una fortuna”, “un regalo” e, in quanto tale, bisogna essere felici e grati di questo. Questo “obbligo” ha come conseguenza quella di poter produrre una profonda ambivalenza psichica nella mente delle neomamme, un gigantesco conflitto tra la felicità e l’entusiasmo per l’arrivo del tanto desiderato neonato e la profonda angoscia nel gestire e vivere un cambiamento di vita così radicale. Tutto questo è ancora più sentito nel mondo occidentale, in cui cresciamo indotti verso un sempre più accentuato individualismo, che cozza inevitabilmente con il necessario senso di responsabilità e altruismo verso il neoarrivato. Questo scenario rende il momento della nascita di un bambino e gli anni successivi particolarmente delicato e faticoso per le donne diventate mamme, che dovranno gestire una esplosione di emozioni così diverse e in contrasto tra loro".

Si stima ad oggi che 1 mamma su 5 sia a rischio di sviluppare un disordine mentale: disturbo d’ansia, disturbo ossessivo controllante, depressione post partum. In questo quadro, Alma Res ha deciso di porre grande attenzione alla Psicologia Perinatale: per tutte le pazienti che affrontano il complesso percorso della Procreazione Medicalmente Assistita, Alma Res fornisce un supporto psicologico a titolo gratuito durante tutte le fasi del percorso terapeutico. L’obiettivo è permettere alle donne di accedere al momento della gravidanza con maggiore consapevolezza di sé, più in contatto con le proprie emozioni e dunque maggiormente pronte a gestire le oscillazioni emotive che ci saranno con la nascita del bambino.

Infertilità e salute mentale

Per molte donne il momento felice della gravidanza è, infatti, solo una parte della storia. Anne Hathaway l’ha detto pubblicamente a fine luglio, nell’annunciare l’arrivo del suo secondogenito: "Chi combatte l’infertilità veda in me una sorella. Per rimanere incinta non basta la bacchetta magica. In molti casi è un percorso doloroso e non lineare". La questione, ci dicono i dati, non è marginale ma nei Paesi industrializzati riguarda, a vari livelli, (quasi) una coppia su tre. L’infertilità, è un’esperienza stressante che mina profondamente l’identità: nell’uomo, perché la capacità di riprodursi è vissuta come rappresentazione della potenza sessuale; nella donna, perché le nega l’esperienza della maternità. La psicoterapeuta Ute Auhagen-Stephanos ha ipotizzato persino l’esistenza di una sindrome: si chiama “da desiderio di figli” ed è un circuito diabolico simile alla tossicodipendenza in cui si alternano fasi di ebbrezza (all’ovulazione) e delusione (all’arrivo della mestruazione), mentre il resto della vita è congelato: amici, affetti, lavoro scorrono sullo sfondo come sbiaditi titoli di coda.

PMA, drop out e bisogno di ascolto

Del resto chi ci è passato sa quanto sia difficile pensare ad altro, nel frattempo. Il fatto che la Pma sia un percorso impegnativo è ben fotografato dal numero di quelli che chiamiamo drop out: chi abbandona, spesso dopo il primo tentativo. Sono il 20 per cento, una coppia su cinque. Il counseling è un intervento di sostegno importante, ma la sofferenza della coppia che affronta un problema di questo tipo può essere molto grande e aver bisogno di uno sguardo terapeutico più profondo. Anche perché non è facile comunicare certi dolori e in più spesso le donne non si sentono capite. Né dai medici né dal compagno, che escludono a priori dai propri tormenti. L’uomo dal canto suo per una forma di difesa a volte tende a portare “fuori da sé” il problema, etichettandolo come femminile.

Per questo occorre fare divulgazione riguardo a servizi come quello di Alma Res: per far sapere a chi è in mezzo al mare in burrasca di cui parlavamo all'inizio, che una scialuppa di salvataggio c'è, basta guardare nella direzione giusta.