Un’affermazione del sociologo e politico spagnolo Manuel Castells, divenuta ormai celebre, spiega bene la velocità con la quale l'informazione on line ha superato a destra i media precedenti: "negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web". Per quanto Castells si riferisca specificatamente a internet, questa osservazione può essere estesa a tutti i ‘new media’, social compresi. E proprio del rischio che l'abbondanza e la velocità rendano lo scenario dell'informazione non solo caotico, ma pieno di notizie false e di manipolazioni, s'era parlato esattamente un anno fa a Devos, in Svizzera, durante l'edizione 2024 del World economic forum. Diceva allora Saadia Zahidi, amministratrice delegata del Forum, che "un ordine globale instabile, caratterizzato da narrazioni polarizzanti e da insicurezza, l'aggravarsi degli impatti degli eventi climatici estremi e l'incertezza economica stanno accelerando lo sviluppo di alcuni rischi, come quelli legati alla misinformazione e alla disinformazione". Il report menzionava gli approcci che gli Stati possono adottare autonomamente per combattere il diffondersi delle fake news, come ad esempio delle campagne di alfabetizzazione digitale e di contrasto alla manipolazione delle informazioni. Magari partendo dal principio, ovvero dai nativi digitali, come fanno in Finlandia, dove si insegna ai bambini delle scuole elementari a riconoscere le fake news e acquisire uno spirito critico di fronte all'informazione on line.
Ecco, un anno dopo questi moniti, segnalati come urgenti, l'amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha annunciato una serie di modifiche sostanziali nelle politiche di moderazione dei contenuti del gruppo, che possiede tra le altre cose Facebook e Instagram. La più importante riguarda l’abolizione del programma di fact checking che Meta aveva introdotto nel 2016, qualche settimana dopo la vittoria alle elezioni presidenziali di Donald Trump, per limitare la diffusione di notizie false e contenuti offensivi sui propri social network, e in particolare su Facebook. E nell'annunciare questo cambiamento, Zuckerberg ha insistito su due concetti messi in antitesi tra loro: da un lato la libertà d’espressione, come non solo bene supremo da tutelare ma soprattutto come incarnazione massima dello spirito americano, e dall'altro la censura, che è il nuovo nemico numero uno da abbattere. Dove sta la prima stanno i patrioti a stelle e strisce, dove c'è la seconda ci sono, sempre secondo il pensiero di Zuckerberg, ci sono governi oscurantisti, come quello della Cina ma anche di alcuni Stati europei. E in tutto questo il faro luminare che ha guidato il cambiamento è, ovviamente, il neo eletto presidente Donald Trump, a cui di recente Zuckerberg ha fatto visita a Mar-a-Lago, la sua residenza in Florida, occasione in cui gli ha portato in dono un paio dei nuovi occhiali in realtà aumentata di Meta. "Lavoreremo col presidente Trump - ha detto il capo di Meta nel video in cui racconta le nuove policy del gruppo - per respingere i governi di tutto il mondo che se la prendono con le compagnie americane e premono per una censura maggiore". Ossia noi europei, per esempio, perché abbiamo "un sempre crescente numero di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono più difficile realizzare qualsiasi innovazione lì".
Anziché avvalersi di organizzazioni giornalistiche e fact checker indipendenti, dunque, come aveva fatto negli ultimi 8 anni, d’ora in poi Meta utilizzerà degli strumenti simili alle “Community Notes” usate su X, che consentono agli utenti di aggiungere informazioni e contesto o correggere informazioni false condivise da qualcun altro: "Abbiamo visto che questo approccio funziona su X, dove la comunità ha la facoltà di decidere quando i post sono potenzialmente fuorvianti e necessitano di un contesto più ampio, e persone con diverse visioni decidono quale tipo di contesto sia utile per gli altri utenti", ha detto in un comunicato il nuovo responsabile degli affari globali di Meta Joel Kaplan. Non a caso Elon Musk ha esultato. Lo stesso Zuckerberg ha spiegato che si tratta di un “trade-off”, un baratto: «Significa che scopriremo meno roba cattiva, però ridurremo il numero delle persone innocenti i cui post e account sono stati accidentalmente bloccati». Zuckerberg ha anche accusato i "media tradizionali" di aver costretto il social a mettere in atto politiche di moderazione dei contenuti sulla scia delle elezioni americane del 2016. "Dopo l'elezione di Trump nel 2016, i media tradizionali hanno scritto incessantemente che la disinformazione era una minaccia per la democrazia – ha detto Zuckerberg –. Abbiamo cercato di rispondere in buona fede a queste preoccupazioni senza diventare arbitri della verità, ma i fact-checker sono stati troppo faziosi politicamente e hanno distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata".
Il cambio di rotta di Meta potrebbe avere un impatto negativo sui media statunitensi che collaborano con l'azienda per il fact-checking, come Reuters e USA Today. "Facebook ha già contribuito alla rovina del giornalismo e questo sarà il colpo di grazia – ha dichiarato in una email Nina Jankowicz, ex responsabile del consiglio contro la disinformazione del governo di Joe Biden e attuale amministratrice delegata dell'American Sunlight Project –. Le redazioni ricevono sovvenzioni da Facebook per il fact-checking. Quel denaro permette loro di fare giornalismo. L'annuncio di Zuckerberg è una totale genuflessione a Trump e un tentativo di raggiungere Musk nella sua corsa al ribasso. Il fact-checking non era una panacea alla disinformazione su Facebook, ma era una parte importante della moderazione". "L'approccio basato sulla comunità è un pezzo del puzzle", ha affermato Valerie Wirtschafter, una ricercatrice della Brookings Institution che ha studiato Community Notes. "Ma non può essere l'unica cosa, e certamente non può essere semplicemente implementato come una soluzione non personalizzata e completa". Così, invece, ha deciso Zuckerberg, con conseguenze fin troppo facili da immaginare.