In Europa, nessuno è come la Svizzera. E per diverse ragioni. Dal fatto che sia l'unico Stato neutrale dell'Unione, al suo essere un un mosaico geopolitico. Il Paese elvetico è infatti composto da ventisei piccoli staterelli, detti cantoni, dei quali il più grande, i Grigioni, con le stesse dimensioni della provincia di Foggia e il più popolato, Zurigo, con la stessa popolazione della provincia di Brescia. Ciascuno ha la sua costituzione, il suo parlamento, il suo governo, i suoi organi giurisdizionali e perfino la sua lingua, o meglio, le sue lingue. Ma c'è un'altra caratteristica che la rende diversa dal resto del continente, e cioè il suo sistema politico, che è basato sulla democrazia diretta. Il popolo (popoli?) svizzero è chiamato regolarmente alle urne per pronunciarsi o sulle decisioni del Parlamento o su proposte di modifiche costituzionali. E ciò avviene con una frequenza senza pari nel resto del mondo. Le votazioni sui referendum (obbligatori o facoltativi) e le iniziative ritmano la vita di tutti i cittadini elvetici che dalla nascita della Svizzera moderna 175 anni fa, sono stati chiamati a votare sui temi più disparati: dall'esclusione delle bastonate come pensa per chi veniva condannato, alla creazione di un nuovo cantone, fino a questioni di grande attualità come la legge sui matrimoni omosessuali, che, approvata in Parlamento nel 2021, non era potuta entrare in vigore perché alcuni partiti contrari avevano raccolto le 50mila firme necessarie per sottoporre il testo a un referendum. Rimessa alla volontà popolare sotto il quesito "Volete accettare la modifica del 18 dicembre 2020 del Codice civile svizzero (Matrimonio per tutti)?" con una notevole maggioranza (64%), la legge è stata approvata definitivamente. E ancora, nello stesso anno con un referendum, gli elettori svizzeri si sono espressi a favore dell'iniziativa di vietare il burqa e il niqab e in generale di coprirsi completamente il viso per strada, nei negozi e nei ristoranti.
Senza entrare nel merito di quest'ultima questione complessa (che è tornata al centro del dibattito avendo molto a che fare con le Olimpiadi in corso) una simile tempesta di quesiti non è nulla di sorprendente in territorio elvetico, anche se a noi, poco affezionati al metodo referendario, lo sembra. In Svizzera, al contrario, andare a votare 3-4 domeniche all'anno su temi federali è normalissimo. Tanto che i giovani nati all'inizio del Duemila, da quando sono diventati maggiorenni, in soli 5 anni, sono stati chiamati a riempire le schede più volte di quanto i loro antenati dell'Ottocento non abbiano fatto in tutta una vita. Avanti di questo passo, complice anche l'aumento della speranza di vita e il fatto che il numero degli oggetti dal 2020 è nuovamente in crescita, i bambini svizzeri nati quest'anno, nel corso della loro esistenza saranno chiamati ad esprimersi su circa 600 temi. Così, di nuovo, è parso del tutto normale che l'8 febbraio di quest'anno, una lunga fila di attivisti della Gioventù socialista svizzera, a cui si sono uniti attivisti ambientalisti, abbia marciato verso la Cancelleria federale di Berna, con delle scatole in mano. Queste scatole contenevano 109.988 firme a sostegno dell'iniziativa popolare "Per il futuro". Le firme rapidamente convalidate hanno preparato il terreno per un referendum che ha un peso importante per il Paese.
Il referendum svizzero sull'ambiente
L’iniziativa su cui dovranno ragionare ed esprimersi i cittadini svizzeri riguarda uno dei capisaldi del sistema economico del Paese. Il quesito referendario mira infatti a stravolgere l’imposta di successione, sottraendo ai super-ricchi metà dei loro beni. Nel dettaglio, i giovani socialisti propongono che sopra i 50 milioni di franchi di patrimonio (che sono attualmente esenti da imposte), gli eredi di una persona defunta ne destinino la metà alla Confederazione, che a quel punto avrebbe l'obbligo di investirli nella difesa dell’ambiente. L'obiettivo dichiarato va dritto al punto: raccogliere circa 6 miliardi di franchi all'anno, destinati a misure di protezione del clima e al finanziamento della trasformazione verde dell'economia. Un sorpasso a destra del Green Deal, insomma. Si calcola infatti che, se i giovani socialisti dovessero vincere, dall’imposta di successione rivoluzionata, lo Stato incasserebbe, come fa notare La Repubblica, "l'equivalente dei 36 caccia F35, ordinati dal Governo di Berna, per rinnovare la propria forza aerea". Come dire che, in un solo anno si pagherebbero gli F35, che comunque i socialisti non volevano mentre, per il resto, ci sarebbero i quattrini per trasformare la Svizzera in una sorta di oasi ecologica. Le entrate fiscali potrebbero essere utilizzate per vari scopi, come ad esempio l'ammodernamento degli edifici per migliorarne l' efficienza energetica, l'espansione delle fonti di energia rinnovabili, l'attuazione di programmi di riqualificazione per i lavoratori dei settori dannosi per il clima e il significativo miglioramento del trasporto pubblico.
"Questa proposta - scrive GreenMeMag - è in linea con il crescente corpus di ricerche che indicano che gli individui più ricchi svolgono un ruolo significativo nel guidare la crisi climatica attraverso i loro investimenti e le loro scelte di stile di vita". Come avevamo scritto in questo pezzo di approfondimento, un rapporto di Oxfam ha evidenziato che nel 2019, l'1% più ricco della popolazione mondiale era responsabile del 16% delle emissioni totali di anidride carbonica derivanti dai consumi. Tutto incoraggiante, se non fosse che i titolari di grandi fortune non hanno tutta questa voglia di devolvere montagne di soldi per la salvaguardia dell’ambiente piuttosto che per la sicurezza, o meglio per la ricchezza, dei loro eredi. È nata da questo timore l’idea dichiarata di abbandonare la Confederazione, se non definitivamente, almeno fino a che l’esito della votazione non sarà noto. “Poiché non intendo pagare questa orrenda tassa di successione - ha dichiarato il 64 enne Peter Spühler, presidente del CDA del colosso ferroviario Stadler Rail al quotidiano Blick- devo emigrare almeno temporaneamente”. All’intervista la leader del Movimento giovanile socialista, Mirjam Hostetmann, ha reagito definendo l’imprenditore “un criminale fiscale”. A differenza di altri referendum poco dibattuti e ancor meno partecipati, questo sulle tasse di successione dei super ricchi svizzeri promette scintille. E per una volta l'Europa, spesso disinteressata alle chiamate così numerose alle urne degli elvetici, osserverà, crediamo, con molta attenzione.