A 46 anni, che per l'Italia che è uno dei Paesi più vecchi (o meno giovani, qualora preferiste questa formulazione) è un'età che equivale ai venti-trenta, Giorgia Meloni s'è piazzata al quarto posto nella classifica delle donne più influenti al mondo, stilata come ogni anno dalla rivista economica statunitense Forbes. Il nostro premier, come desidera essere appellata Meloni, è la prima donna ad essere riuscita ad occupare una posizione di rilievo in questa lista che valuta le protagoniste in base a quattro i parametri principali: denaro, influenza media, impatto e ambito di riferimento. La Presidente del Consiglio italiano vede così confermare anche dal magazine statunitense l’autorevolezza del ruolo, riconosciuto appena una settimana fa anche dalle pagelle del quotidiano Usa Politico, che l’aveva a sua volta inserita tra i 28 politici più influenti assieme a Donald Tusk, a von der Leyen e Zelensky. Prima di Meloni se non tre ci sono certamente due "colleghe" distanti per formazione politica e per ideologia. Con la prima classificata in particolare i rapporti sono stati in passato piuttosto freddi se non tesi, mentre nell'ultimo periodo abbiamo assistito ad una graduale (e conveniente?) avvicinamento.
Parliamo di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che il 20 aprile 2023, infatti, durante la sessione plenaria dell’Eurocamera a Strasburgo aveva approvato un emendamento dei Verdi che condannava fermamente "la diffusione di retorica anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtiq da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell’Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia". In compagnia dei governi di estrema destra di Ungheria e Polonia, l’Italia di Giorgia Meloni s'è vista assestare un nuovo schiaffo alla reputazione internazionale con l’associazione ai governi populisti di Varsavia e Budapest a causa della retorica utilizzata contro le comunità Lgbt e i diritti gend. Ma negli ultimi mesi c'è stato il disgelo. Con Giorgia Meloni che ha dato un segnale chiaro di “non belligeranza” alla presidente della Commissione e dunque all’Europa: un capovolgimento rispetto alla linea antieuropea sin qui “anima e sangue” della visione di Fratelli d’Italia e della sua leader. Dal canto suo Von der Leyen vuole assolutamente evitare conflitti con Meloni. Lo ha già dimostrato con la firma del memorandum con la Tunisia, forzando le regole interne all’Ue e sorvolando sulle critiche (anche della Germania) sulla mancanza di garanzie sui diritti umani. Insomma, una sorta di alleanza è in atto tra la prima e la quarta delle cento, e forse non sarebbe potuta andare diversamente da così. Perché al netto di tutto, le due sono donne forti al comando e che non vedono il loro ruolo minimamente in bilico. Ma tornando alla classifica di Forbes, ecco che al terzo posto troviamo una che con Meloni ha poco in comune, e cioè la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris. Anche se forse anche con Harris qualche punto in comune inaspettato c'è.
E quando parliamo di punti in comune non ci riferiamo a frivolezze, ma a tematiche importantissime. In un discorso molto contestato dalla sua parte politica (democratica) tenuto nel 2021 durante il suo viaggio in Guatemala, la vice di Biden ha parlato di immigrazione e ha detto senza troppi mezzi termini "Voglio essere chiara con le persone di questa regione che stanno pensando di intraprendere quel pericoloso viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico: non venite. Non venite". Biden e Harris, in campagna elettorale sul tema dell'immigrazione avevano promesso di porre fine alla "vergogna morale e nazionale dell’amministrazione precedente" , ed è quindi comprensibile che delle parole così dure abbiano provocato parecchie critiche. Harris ha detto che "gli Stati Uniti continueranno a far rispettare le nostre leggi e a proteggere i nostri confini", e ha sostenuto che l’amministrazione del presidente Joe Biden "vuole aiutare i guatemaltechi a trovare speranza in patria". Una frase che pare uscita dalla bocca di Giorgia Meloni. E infatti Alexandria Ocasio-Cortez aveva definito il discorso "deludente" in un tweet aggiungendo che "In primo luogo, chiedere asilo a qualsiasi confine degli Stati Uniti è un metodo di arrivo legale al 100%" e che “In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno trascorso decenni a contribuire al cambio di regime e alla destabilizzazione in America Latina. Non possiamo dare fuoco alla casa di qualcuno e poi biasimarlo per la fuga". Insomma, tra le donne ai vertici della classifica di Forbes pare esserci più concordia che discordanza.
E se al secondo posto c'è Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, al quinto si cambia scenario con l'ingresso dello star system nella lista. Perché sì, qui arriva Sua Maestà del pop Taylor Swift. Se è notizia di pochi giorni fa l’introduzione dal prossimo semestre di un corso dedicato al fenomeno da generato dalla cantante all’Università di Harvard, a fine settembre, grazie a una storia su Instagram, la superstar ha generato un traffico record sulla piattaforma Vote.org, facendo registrare oltre 35mila nuovi elettori che andranno alle urne nel 2024. Un tipo di influenza, quindi, che la cantante ha rafforzato in campi lontani ben dal puro entertainment. "Occupando posizioni diverse in molteplici settori - si legge su Forbes - quali la politica, l’intrattenimento, la finanza, la salute e la filantropia, solo per citarne qualcuno". Non dimentichiamo che, nell’ultima classifica delle self-made women più ricche di Forbes, la 33enne Taylor Swift, con un patrimonio netto di 740 milioni di dollari, era al 34esimo posto. Swift incarna un nuovo tipo di influenza, certamente diversa rispetto al tradizionale potere politico e aziendale, il cui impatto economico quest’anno è stato stupefacente. Il suo Eras tour ha fruttato la cifra record di 850 milioni di dollari, dando impulso al Pil degli Stati Uniti per oltre 5 miliardi di dollari. Secondo le stime di Forbes, infine, il suo patrimonio vale ora più di 1,1 miliardi di dollari. Beyoncé, per rimanere nel mondo della musica, è balzata al numero 36, rispetto all’80esimo posto del 2022. Il suo patrimonio deriva dai successi nella carriera musicale e più di recente dalla sua linea di abbigliamento Ivy Park, che ha tagliato da marzo i ponti con Adidas deludendo nei ricavi. Beyoncé ha inoltre battuto il record per il maggior numero di Grammy vinti: 32 a febbraio 2023. E Barbie? “Barbie occupa il posto numero 100, la posizione assegnata ogni anno a una figura che non è l’immagine tradizionale del potere ma che, nonostante ciò, è arrivata a definire un anno”, dice Forbes.
E ancora: c’è un altro nome italiano nella classifica e appartiene a Margherita della Valle, ceo di Vodafone, che si posiziona al 42esimo posto. Romana, 58 anni, Della Valle ha una laurea in discipline economiche e sociali, ottenuta nel 1988 alla Bocconi. Dopo avere iniziato la sua carriera in Montedison, nel 1994 entrò in Omnitel, acquistata sei anni dopo da Vodafone. Nel 2007 è diventata chief financial officer europeo del gruppo, quindi group financial controller nel 2010, deputy cfo nel 2015 e cfo nel 2018. Tuttavia uno dei dati che più colpiscono della classifica 2023 del magazine americano è quello che sottolinea la scarsa stabilità di altre leadership femminili. Tra gennaio e aprile, i leader politici Sanna Marin, Jacinda Ardern e Nicola Sturgeon hanno perso o abbandonato i loro incarichi di supervisione di Finlandia, Nuova Zelanda e Scozia. Nello specifico Ardern, elogiata da molti come esempio di premier progressista, femminista, ecologista, con la sua rinuncia al mandato aveva creato uno spaesamento generale in Nuova Zelanda, ma non solo. "Mi dimetto - aveva spiegato la premier che aveva vinto le elezioni nel 2017 a 37 anni - perché questo ruolo di grande privilegio comporta delle responsabilità. La responsabilità di sapere quando sei la persona giusta per fare da guida, e quando non lo sei. So cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia.". Peccato che lei, come le altre donne sopra citate, siano tutte state sostituite da un uomo. Ma c’è anche qualche buona notizia: a maggio, Robyn Grew è diventata la prima donna a guidare il Man Group, hedge fund con un patrimonio di 161 miliardi di dollari, e a giugno la veterana dell’esercito americano Debra Crew ha preso il timone del colosso dell’alcol Diageo, diventando una delle poche donne ceo delle 100 più grandi aziende della Borsa di Londra.