Una schiera di ragazze in bikini che sorridono in posa, una giovane donna che piange con una coroncina sulla testa, una ragazza che sfila prima di ricevere un punteggio dalla giuria. Siamo abituati ai concorsi di bellezza, ma, a guardarli bene, nel 2025 hanno qualcosa di sempre più straniante. È inevitabile pensarlo guardando Miss Italia non deve morire, nuovo documentario Netflix disponibile dal 26 febbraio 2025, diretto dal duo Pietro Daviddi e David Gallerano. Ed è altrettanto inevitabile chiedersi: Chi ha ancora bisogno di Miss Italia?
Storia di Miss Italia (e della società italiana)
Miss Italia è nato, nel 1947, all'interno di una società ben diversa da quella attuale: all'epoca l'Italia era un paese post bellico da ricostruire, materialmente e umanamente.
Prende le mosse da un piccolo concorso pubblicitario ideato nel 1939 da Dino Villani per sponsorizzare un dentifricio premiando il sorriso più bello. Finita la Guerra, il concorso riprende e si trasforma in Miss Italia, promosso da Enzo Mirigliani (che ne rimarrà il patron fino alla sua morte, nel 2011), e fa di Salsomaggiore Terme il suo palcoscenico.
A quell'epoca le donne avevano un accesso limitato al lavoro e alla vita sociale e la bellezza era ancora un valore legato a doppia mandata al genere femminile. Le donne andavano ammirate, non certo ascoltate o consultate per la loro competenza o le loro opinioni. In quegli anni il concorso poteva cambiare la vita alle ragazze, magari aprendo loro la porta al mondo dello spettacolo come nel caso di Gina Lollobrigida, Sophia Loren o Silvia Mangano. "Gli uomini agiscono, le donne appaiono. Gli uomini guardano le donne. Le donne guardano se stesse mentre vengono guardate", scriveva negli anni 70 il critico d'arte e scrittore John Berger analizzando il modo in cui le donne venivano rappresentate.
La crisi di Miss Italia
A segnare l'inizio del declino di Miss Italia è la decisione della Rai di non trasmettere più la trasmissione a partire dal 2012. Prima il concorso si sposta su La7, poi abbandona definitivamente la tv in favore dello streaming digitale, uscendo così di fatto dalle notizie di costume (tra il 2000 e 2008, Miss Italia occupava 4 prime serate Rai, come Sanremo).
Ad affossare Miss Italia, secondo quanto dice Patrizia Mirigliani in Miss Italia non deve morire, contribuirono anche le posizioni di alcune rappresentanti politiche come Laura Boldrini, che nel 2013 aveva definito la scelta della rai di non trasmettere più Miss Italia "una scelta moderna e civile".
Miss Italia e l'empowerment femminile
Vedere Miss Italia come un mezzo di empowerment femminile significa, non solo credere che la conformità estetica a un certo standard sia un valore di per sé, ma anche accettare che le donne ottengano potere solo in funzione del desiderio che suscitano negli uomini con i loro corpi. Tutto questo non è solo un discorso astratto, dato che la stessa Patrizia Mirigliani, patron di Miss Italia, ha specificato di ammettere al concorso solo persone nate donne, con i genitali femminili. Continuare a classificare le donne ponendole in competizione per la loro attrattiva significa incasellarle in una struttura patriarcale, dicendo loro che quella è la strada per emergere.
Miss Italia oggi: un rapporto difficile con la contemporaneità
Al centro del documentario Netflix su Miss Italia c'è il difficile rapporto del concorso con il mondo contemporaneo: da una parte una famiglia che passata dal successo di Enzo Mirigliani alle difficolta di Patrizia, alle prese anche con i problemi di dipendenza da cocaina del figlio, Nicola Pisu; dall'altra un concorso che nonostante i numerosi tentativi di attualizzazione è rimasto prigioniero del suo tempo, racconto di una realtà che non esiste più e promessa di un sogno che è andato in frantumi (e forse va bene così).