Quando qualche weekend fa è partito l'allarme per la scomparsa di Giulia, la tristemente nota ragazza incinta al settimo mese assassinata a Senago dal compagno, molti di noi hanno subito pensato che la sua sparizione non fosse il frutto di una scelta impulsiva della giovane. Sparire? E dove? Ma, soprattutto, perché? Senza volerlo ammettere, in fondo sapevamo che poteva trattarsi con tutta probabilità dell'ennesimo caso di femminicidio, come poi effettivamente si è rivelato. Non a caso l'hashtag più diffuso dopo la confessione dell'assassino è stato #losapevamotutte. Nelle stesse ore, a Roma, è morta per due colpi di pistola esplosi dall'ex marito una poliziotta: aveva lasciato il partner pochi giorni prima. Due casi di cronaca nera che riportano al centro dell'agenda politica un'emergenza troppe volte denunciata, ma troppe volte rimandata: quella della violenza di genere che in Italia, nel 2022, è costata la vita a 125 donne, di cui 103 in ambito familiare, mentre tra il 1° gennaio e il 28 maggio di quest’anno, i femminicidi sono stati 45, con una media di una vittima ogni tre giorni (dati UN Women e UN Office on Drugs and Crime). Per cercare di contrastare il fenomeno, il governo ha proposto un nuovo disegno di legge contro la violenza sulle donne, vediamo di cosa si tratta.

Che cosa prevede il nuovo disegno di legge contro la violenza sulle donne

Nel luglio 2019 è stato introdotto nel nostro ordinamento una legge nota come Codice rosso che prevede un canale veloce e preferenziale per le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza contro donne o minori, come avviene nei pronto soccorso per i pazienti che necessitano di un intervento immediato, con alcune fattispecie quali il reato di fregio, il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, il reato di costrizione o induzione al matrimonio e la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare.

L'ammonimento

A distanza di quattro anni il governo ha deciso di inasprire le pene previste per esempio con il rafforzamento del cosiddetto "ammonimento", uno strumento che il questore può usare contro una persona su cui c’è stata una segnalazione per atti di violenza domestica, cyberbullismo o stalking e che permette il ritiro di eventuali armi legalmente possedute dalla persona "ammonita" e la procedibilità d’ufficio dei reati menzionati in caso di reiterazione della condotta, senza il bisogno di una querela. Tra le novità è previsto che l'ammonimento sia esteso ai cosiddetti "reati spia", cioè quelli che sono indicatori di violenza di genere come percosse, lesione personale, violenza sessuale, violenza privata, minaccia grave, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio e danneggiamento.

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Il braccialetto elettronico e la distanza di sicurezza

È inoltre previsto un inasprimento delle pene per i reati commessi da una persona che aveva già ricevuto un ammonimento, anche se gli illeciti sono rivolti ad una persona diversa da quella che ha inizialmente denunciato. Il disegno di legge contiene anche altre misure di prevenzione cautelari come il ricorso al braccialetto elettronico e la distanza dell'uomo violento con una soglia di 500 metri dalla possibile vittima, anziché gli attuali 50 metri, considerati insufficienti. "L'articolo 3 – spiega ad Ansa la ministra della famiglie Eugenia Roccella – assicura la priorità ai processi per violenza di genere, e l'articolo 6 accelera la valutazione del rischio da parte del pm e dà un termine di 30 giorni per valutare il rischio e chiedere misure cautelari, e altri 30 giorni per il giudice per decidere su queste misure".

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Il nuovo disegno di legge prevede tempi più rapidi nella valutazione del rischio e un inasprimento delle pene.

La formazione della magistratura

"Trenta giorni – osserva la ministra – possono sembrare tanti, ma la media dei tempi attuali è molto alta, mesi, e in alcuni casi anni. Per questo l'Italia ha subito condanne dalla Corte europea dei diritti dell'uomo". Insomma, tempi più rapidi nella valutazione del rischio, misure cautelari più restrittive, inasprimento delle pene previste: il nuovo pacchetto di norme lancia un messaggio concreto di vicinanza dello Stato rispetto ad un tema così drammatico. Ma ci vuole di più. Un Paese che ha bisogno di tante leggi è un Paese incivile. E la civiltà si conquista con una battaglia prima di tutto culturale, che deve partire dalle scuole e deve proseguire nelle aule di giustizia. Per questo la ministra Roccella ha definito centrale anche la formazione dei magistrati: "un percorso lungo ma necessario, perché le competenze che si devono sviluppare per affrontare in modo adeguato una cosa così specifica come la violenza contro le donne ha bisogno di formazione". "Abbiamo stabilito che il magistrato debba essere abbastanza specializzato, che questo tipo di processi siano affidati sempre agli stessi magistrati in modo che sviluppino le competenze con una formazione sul campo".

La rieducazione nelle carceri

"Per quanto elevate e irrogate rapidamente, le pene non costituiscono mai una deterrenza assoluta, soprattutto in questo tipo di reati – spiega il ministro della Giustizia Carlo Nordio –. Solo con un'operazione culturale possiamo iniziare a ridurre se non eliminare reati odiosi: deve iniziare nelle scuole e proseguire dappertutto, anche nelle carceri". E conclude: "Non sarebbe male se portassimo nei carceri anche vittime di reati, a portare testimonianze, in modo da far capire ai detenuti la gravità fisica, morale e psicologica di questi comportamenti odiosi". Anche da queste iniziative può e deve passare il ruolo rieducativo delle carceri.

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