Uno dopo l’altro, Rita spegne la telecamera, il potente riflettore e il getto d’acqua gelata che le accarezza i piedi affusolati e impeccabilmente smaltati, poi svuota il catino di stagno nella vasca del suo bagno a piastrelle turchesi. Il video (col dettaglio del catino e l’acqua fredda) è un contenuto speciale richiesto da uno dei 36 abbonati al suo profilo su OnlyFans. Con gli extra e le “mance”, quegli abbonamenti le garantiscono un’entrata fissa, utile ad arrotondare lo stipendio: nella vita reale Rita è modellista, nell’universo parallelo di OnlyFans, piattaforma che propone contenuti a pagamento, colonizzata, dal 2016 a oggi, da quasi 200 milioni di utenti registrati, è un’apprezzata modella di piedi e un’esperta di Asmr (Autonomous sensory meridian response): in pratica usa il suono della sua voce sussurrata e carezzevole per procurare piacere e rilassamento. È una degli oltre un milione e mezzo di creatori digitali che animano questo social.
Tra le ragioni del successo di OF, ci sono due aspetti cruciali: il primo è che, a differenza del competitor Patreon, qui sono ammessi anche contenuti espliciti; l’altro è la fidelizzazione indotta dalla formula degli abbonamenti mensili, che assicura ai creatori entrate ragionevolmente certe. Una frontiera interessante anche per artisti, influencer, sportivi: qui infatti, oltre a video e immagini esplicite, si vendono corsi di fitness, meditazione, cucina. Ma a promettere il miraggio di facili guadagni sono soprattutto i contenuti a luci rosse, che non conoscono crisi: basta una carta di credito, come su Amazon.
Pochi però sfondano davvero: si stima che l’1 per cento dei creatori fatturi 100.000 euro al mese, cifre registrate da rapper e attori che qui condividono, a seconda della sensibilità, foto e video più o meno intimi con profitti stellari. Secondo ricerche recenti, però, il guadagno medio mensile si aggira intorno a poche centinaia di euro, su cui la piattaforma trattiene il 20 per cento. Se non sei famoso, per guadagnare davvero devi poter contare su una fan base importante, lavorare in parallelo su altri social e reclutare abbonati su OF, con la promessa di esperienze esclusive. Ironicamente, in questo mercato già saturo, dove i maschi rappresentano la maggioranza degli utenti e le creatrici sono quasi tutte donne, più che disinibizione e audacia, contano doti spiccate di marketing e pubbliche relazioni.
Annalisa ha una trentina d’anni e un discreto successo, stando al suo profilo, oltre ai “prodotti” in abbonamento, a meno di 10 euro al mese, offre servizi personalizzati: video e foto su richiesta o cam live singole e di gruppo. È specializzata in dominazione e dick rating, le recensioni di peni, che qui vanno per la maggiore. È sposata con Marco, che fa un lavoro d’ufficio, ma nel tempo libero l’assiste, prima solo dietro la camera e nel montaggio, ora anche come interprete in video di coppia. Claudia è un’artista del burlesque, dice di aver scelto OF per «adeguarsi al presente», qui porta il suo personaggio: è una ribalta per i tanti artisti fiaccati dalla pandemia, confessa, che trovano nella piattaforma un modo per sopravvivere, magari postando foto più sexy o dialogando privatamente coi fan. Greta, 19 anni, universitaria, è meno soddisfatta: «La concorrenza ti costringe ad alzare l’asticella». È una delle tante creatrici anonime, di sé pubblica solo dettagli: è partita con l’intimo ed è approdata, senza quasi accorgersene, al nudo e a video “agiti”: «Non voglio sapere cosa ci fanno, basta che paghino».
Anche la promessa di un’interazione diretta e spontanea coi creatori è spesso una chimera: dietro ai personaggi più popolari ci sono team di agenti e manager che definiscono tariffe e strategie e favoriscono le collaborazioni, molto gettonate, e ghost writer che animano chat e messaggi. Molti sono consapevoli di stare in una bolla, da spremere prima che si sgonfi: i più accorti investono in un piano B; i più fragili finiscono fagocitati. È il capitalismo digitale delle grandi piattaforme: garanzie e controlli formalmente esistono, ma è difficile accertarne l’applicazione o eventuali infrazioni. Nessuno sa dire quanti siano realmente i minorenni, che eludono i divieti registrandosi con identità altrui, o quanto sia facile “rubare” contenuti sensibili e condividerli su altre piattaforme. Tra i tanti c’è però chi la rivendica come scelta consapevole. Giulia Zollino, influencer da 73.600 follower, una laurea in Antropologia, si definisce educatrice sessuale e sex worker: «Svolgo laboratori, workshop, principalmente online, e creo contenuti pornografici». Oltre a soddisfare la sua curiosità di studiosa, stare su piattaforme come OF è un modo per appagare un desiderio, «forse legato un mio lato esibizionista. Ho avuto un rapporto conflittuale con il mio corpo: il sesso è sempre stato l’ambito in cui riappropriarmene, superare limiti e i giudizi». Confessa di essere scesa a patti con lo stigma sociale, «che è ancora forte e che combatto anche all’interno di Swipe, associazione a difesa dei diritti dei sex worker. Grazie al cielo sono finita su OF a 30 anni e non a 18. Consiglio a ragazze e ragazze di interrogarsi bene: siete pronti e abbastanza forti per affrontare le conseguenze e il rischio emotivo di questa scelta?». Quanto a lei: «Mi sono fatta gli anticorpi su altri social. Su OF interagisci con clienti paganti: sanno quello che fanno. L’inferno è su Instagram: è lì che proliferano insulti e molestie».
È decisamente più preoccupata Simona Adelaide Martini, psicologa e psicoterapeuta: «Spesso su queste piattaforme approdano abusivamente anche minorenni, peraltro molto richieste. Sembrano più aperte, informate, perché hanno la possibilità di accedere a ogni genere di contenuti, ma ci sono tappe cognitive da rispettare per elaborarli. Non vanno poi sottovalutate le ripercussioni della mercificazione: il fatto che qualcuno, con la visione del tuo corpo, viva un suo atto erotico, rappresenta in ogni caso anche per te un’esperienza sessuale. Nella scoperta della sessualità femminile è importante partire attrezzate: non possono mancare il rispetto, la reciprocità, il piacere. Quando tu non provi piacere e l’altro del tuo piacere se ne frega, non c’è reciprocità, non c’è rispetto, ti ritrovi in un’interazione disfunzionale, che ti oggettivizza. Non è un reato, ma siamo lontani da ogni forma di autodeterminazione». In molti di questi casi, per proteggerci, mettiamo in campo dinamiche di dissociazione, spiega Martini: «È il meccanismo classico del trauma, in cui la psiche, letteralmente, va da un’altra parte, si stacca dal corpo perché ciò che deve sopportare è troppo. È tipico delle vittime di incidenti e di chi subisce abusi sessuali. Su piattaforme come OF, il rischio di stati dissociativi è elevato: è come se tu prendessi il tuo corpo, lo mettessi lì e te ne andassi a fare altro, per poi tornare e riprendertelo, come se fosse un vestito. Ecco, la vera autodeterminazione sta proprio agli antipodi: nel riconquistare la nostra integrità, nel ricollegare il corpo alla mente e ai suoi bisogni, tra questi il diritto fondamentale al piacere».
A sinistra, sotto e in apertura. La creator venezuelana Valery Lopez durante la preparazione di un video per OnlyFans. In basso. Oni Crawford, ex insegnante del Maryland, al trucco prima di uno shooting per OF.