Nel 2023 in Europa si svolgono ancora processi per aborti "clandestini". È successo in Polonia che, insieme a Malta è lo Stato europeo con la legge più restrittiva sul tema. Da quando nel 2021 è stata introdotta la nuova normativa, l’interruzione volontaria di gravidanza è permessa solo in caso di stupro, incesto o di gravi problemi di salute per la madre e, anche in questi casi, è spesso ostacolata dalla paura dei medici di venire portati in tribunale. Chi aiuta una donna ad abortire, infatti, rischia il carcere ed è il caso dell'attivista Justyna Wydrzyńska che è stata condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili dal tribunale di Varsavia.
Wydrzyńska rischiava fino a tre anni di carcere per aver inviato per posta la pillola abortiva a una donna vittima di violenza domestica. Lei stessa, diciassette anni fa, era trovata in una situazione simile. Aveva tre figli ed era sposata con un uomo violento: "I miei tre bambini erano terrorizzati dal padre", ha raccontato a Repubblica spiegando di aver deciso di porre dine alla sua quarta gravidanza procurandosi una pillola abortiva. Da allora è diventata un'attivista e ha fondato il gruppo Abortion Dream Team che aiuta le donne in difficoltà ad abortire.
Gli attivisti dell'ADT sono solitamente molto attenti a lavorare entro i limiti della legge polacca. Danno consigli su come ordinare compresse abortive da luoghi come, ad esempio, i Paesi Bassi, dove il farmaco può essere acquistato legalmente. Il caso per cui Wydrzyńska è stata condannata è stato un'eccezione. Come racconta il Guardian, la donna, di nome Ania, ha detto a Wydrzyńska di essere incinta e di subire violenze domestiche. Suo marito le aveva impedito di recarsi in Germania per accedere all'aborto. La gravidanza avanzava e, dato che nel frattempo era scoppiata la pandemia, era diventato sempre più difficile ottenere compresse dall'estero. Così Wydrzyńska le ha inviato delle pillole che aveva a casa. "Le pillole che avevo per uso personale e che ho inviato ad Ania sono il modo più sicuro per interrompere una gravidanza in Polonia al momento", ha spiegato, "Non volevo che rischiasse la vita facendo passi pericolosi e quella soluzione è così semplice e sicura dal punto di vista medico. Non mi sento in colpa. Ascoltare i dettagli della situazione di Ania in quest'aula ha solo rafforzato la mia convinzione di aver fatto la scelta giusta”.