Dopo la nomina di Joe Biden dello scorso 25 febbraio, finalmente è arrivata la conferma di Ketanji Brown Jackson a giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti. Da oltre un mese la serie di audizioni in Senato per decidere se accogliere o meno il suo ingresso nel più alto consesso di magistrati è stata, insieme alla guerra in Ucraina, la notizia più battuta dai media statunitensi. Il fatto sarebbe stato in sé di modesta rilevanza giornalistica se non si fosse trattato della prima giudice afroamericana della Corte Suprema, confermata in prossimità delle elezioni di metà mandato in programma a novembre. Proprio questo appuntamento elettorale ha spinto i Repubblicani a essere meno collaborativi del solito e ad abbandonare l'approccio dialogante per fare polemica anche sull'ovvio.
A questa ex avvocata d’ufficio, 51 anni, oggi giudice della Corte di appello federale di Washington DC, molti magistrati della Corte Suprema hanno mosso una serie di polemiche pretestuose. Durante le cinque passate audizioni c'è chi l'ha accusata di essere troppo poco severa con i pedofili, chi di avere pregiudizi contro le persone religiose, chi di pensare che i bambini piccoli abbiano inclinazioni razziste e chi di avere comminato pene troppo lievi a pericolosi criminali. Una serie di attacchi ingiustificati, soprattutto alla luce di un curriculum che la Cnn definisce "brillante", merito dei suoi studi ad Harvard e dei suoi incarichi federali. Non meno garbate sono state le note di sorpresa di chi, tra le fila dei repubblicani, ha notato che il pensiero e le opinioni della Jackson erano "articolate", come se fosse straordinario per una donna afroamericana esprimersi in maniera eloquente.
A fronte di questi infelici commenti, volti più a screditare la candidata che a saggiarne le qualità professionali e umane, sono arrivati anche messaggi di solidarietà da alcuni democratici, come quello di Cory Booker, primo senatore afroamericano del New Jersey, che a un certo punto del suo discorso ha detto a Ketanji Brown Jackson: "tieni duro sorella, Dio è con te", facendola commuovere fino alle lacrime. Per fortuna che dietro di lei a sostenerla e a darle forza ci sono sempre stati il marito Patrick Jackson e la figlia Leila. Un sostegno che ha contribuito non poco a farne la prima giudice afroamericana della Corte Suprema. Nonostante l'insensato ostruzionismo delle scorse settimane, per fortuna l'America ha dimostrato di poter essere "great again".