Lavoro fisso + matrimonio + famiglia = felicità. Semplice e lineare: per i boomers (aka i nati tra gli Anni 40 e 60) questa era spesso l'equazione di una vita serena oltre che lo schema più ricorrente, con una grande importanza data al posto fisso, a una carriera sicura (che allora era ben più comune di oggi) e alla stabilità della routine. Ma che dire delle nuove generazioni? Oggi il mondo del lavoro è completamente diverso da quello di vent'anni fa e le possibilità che avevano i nostri genitori (o nonni) non esistono più. Complici le crisi economiche, la globalizzazione e le nuove tecnologie, mantenere le stesse aspettative delle generazioni precedenti è ormai diventato impossibile. Attenzione, però, non è solo una questione di diverse possibilità: un ruolo importante lo svolgono anche le priorità che ognuno si sceglie per la propria vita e, dalle ricerche nell'ambito, sembra che, come riporta Forbes, queste stiano gradualmente cambiando. Attività "di valore" che appassionino, maggiore tempo libero, lavoro flessibile e meno attenzione al "posto fisso": sono solo alcune tra le preferenze espresse da Millennials e Gen Z che stanno mettendo in dubbio la vita lavorativa per come la conosciamo.
"E se non fossimo fatti per lavorare in questo modo?" si chiedono molti giovani e per alcuni la risposta è quella di non lavorare proprio, di lavorare meno o andare in pensione il prima possibile. Quentin, ad esempio, ha 26 anni e ha deciso di non entrare nel mondo del lavoro dopo la laurea: "Ho guardato quelli che lavoravano e mi sono detto: 'non fare del lavoro la manifestazione della tua esistenza'. Il lavoro moderno uccide la parte creativa e onirica, la fantasia". Ma come fare per guadagnarsi da vivere, allora? Non tutti possono permettersi di fare una scelta radicale come la sua (Quentin ha alle spalle una famiglia che lo aiuta) e devono convivere con ritmi lavorativi spesso molto pesanti. Marin, per esempio, ha 24 anni e si dichiara stremata dagli orari del suo lavoro: "Dopo una giornata al computer, non ho la forza di fare nient'altro. Nei fine settimana sono esausta. Ho una sensazione di vuoto", racconta a Le Figaro. Secondo lei la soluzione potrebbe essere il reddito minimo universale per coprire i bisogni di base: "Se esistesse lavorerei sei mesi in un posto e sei mesi in un altro per riuscire a trovare la mia strada". È proprio quello che fa Benjamin (32 anni), che gestisce la sua carriera prendendosi spesso delle pause tra un lavoro e l'altro per dedicarsi ad altre attività: "Posso lavorare 40 ore alla settimana come 20 ore al mese", spiega al magazine francese, "A volte passo un mese e mezzo senza lavorare. Durante questi periodi, faccio sport, approfitto dei miei amici... Insomma, vivo!".
Insomma, come mostra l'inchiesta, i giovani, nel quadro della lora vita, danno meno importanza alla propria carriera rispetto alle generazioni precedenti: "Emerge una 'concezione policentrica dell'esistenza'" spiega Dominique Méda, filosofa e docente di sociologia,"Famiglia, relazioni sociali e romantiche, tempo libero, attivismo e amici hanno la stessa priorità del lavoro. I giovani cercano coerenza tra i diversi aspetti della loro vita, il che a volte li porta a preferire l'insicurezza". Per i Millenials e la Gen Z, insomma, il bilanciamento tempo libero-lavoro è fondamentale e guadagnare molto o fare carriera non sembrano valere tanto quanto una buona qualità della vita intesa in termini di esperienze e relazioni. Del resto, dopo decenni passati a dover scegliere tra lavoro e famiglia con una netta divisione tra vita privata e lavorativa, trovare soluzioni alternative sembra essenziale ed è in quest'ottica che si sta iniziando a parlare di lavoro flessibile e settimana lavorativa breve (e in alcune aziende sono già realtà, ndr). Capire le nostre priorità ci aiuta a mettere in dubbio alcuni stili di vita, troppo spesso dati per scontati: solo così possiamo davvero costruire a nostra dimensione il lavoro del futuro.