«Il mio punto di riferimento è Monte Pellegrino. A Londra parlo l’inglese ma con accento siciliano… Io sono io ovunque vada». Così Simonetta Agnello Hornby, scrittrice sublime che ha descritto la Sicilia attraverso gli occhi delle donne, avvocatessa e’ intellettuale a tutto tondo, si racconta, lasciando aleggiare nell'aria il profumo di lunghi (a volte lunghissimi, come ci raccontava qui) viaggi o soggiorno all'estero.

Viaggiatrice di un mondo che ha sempre avuto grande desiderio di vedere e vivere, Agnello Hornby, iI un tempo in cui la letteratura italiana fatica ancora (fatte le dovute eccezioni, che si chiamano soprattutto Elena Ferrante) a imporsi sui mercati internazionali, brilla come una felice eccezione. Scrittrice cosmopolita, palermitana d’origine e londinese d’adozione (e di questo ha dichiarato in un'intervista: «Credevo che Sicilia e Inghilterra fossero due Paesi diversi, invece ci sono tante cose in comune. La paura del diverso, del lontano… Gli inglesi si sentono i migliori del mondo, anche noi siciliani. Ma sbagliamo, siamo come gli altri») Agnello Hornby ha saputo coniugare la ricchezza narrativa del Sud Italia con uno sguardo internazionale, diventando una delle autrici italiane più amate e tradotte all’estero. A vent'anni dal suo debutto, i suoi romanzi continuano a conquistare lettori da Parigi a Tokyo, da New York a Berlino.

Nata a Palermo nel 1945, Simonetta Agnello Hornby appartiene a quella generazione di intellettuali capaci di trasformare il racconto personale in narrazione universale. La Sicilia, con le sue contraddizioni, i suoi silenzi e la sua bellezza aspra, è il fulcro emotivo della sua scrittura: «La mia isola non è mai un luogo da cartolina, ma un universo simbolico, che contiene nel suo ventre la luce e l’ombra della condizione umana», ha dichiarato in un’intervista.

simonetta agnello hornby ritratto della scrittrice italiana più amata all'esteropinterest
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Simonetta Agnello Hornby, la scrittrice italiana più amata all

L’esordio folgorante: La Mennulara

Il suo primo romanzo, La Mennulara (2002), ha segnato un esordio folgorante. Ambientato in un immaginario paese siciliano, racconta la morte e la misteriosa eredità di una domestica che, dietro un’apparente servitù, cela un passato di potere e segreti. Il romanzo, vincitore del Premio Forte Village e del Premio Stresa, è stato tradotto in oltre 25 lingue, decretando fin da subito la sua fama internazionale. Come scrisse Le Monde, «un esordio raro, in cui si respira il respiro della grande narrativa europea del Novecento». Nei romanzi successivi – La zia Marchesa, Boccamurata, Caffè amaro, solo per citarne alcuni – Agnello Hornby ha continuato a costruire un immaginario femminile potente, raccontando donne complesse, spesso in lotta contro convenzioni sociali e patriarcati familiari. Il tutto in una lingua avvolgente, che mescola l’italiano con arcaismi siciliani, creando una musicalità narrativa inconfondibile. Ci mise un po', tuttavia, a considerarsi davvero una scrittrice. Disse, dopo la sua seconda opera: «Sì, sono una scrittrice. Adesso sì. Ci ho messo del tempo prima di abituarmi… mi presentarono un signore… e io subito a domandargli: “lei cosa fa, civile o penale?”. L’avevo preso per un avvocato» .

In Caffè amaro (2016) narra la vita di Maria, giovane donna costretta a un matrimonio di convenienza nella Sicilia fascista. Attraverso la sua parabola, l’autrice affronta il tema della libertà femminile con una lucidità che ricorda Elsa Morante: «Scrivere storie di donne non è mai solo un atto letterario: è politica, è memoria, è resistenza», ha affermato Agnello Hornby. Poco prima, nel 2014, s'era dilettata in un'opera a cavallo fra il memoir autobiografico e una raccolta di ricette speciali di famiglia, raccolte ne Il pranzo di Mosè. Un libro che si legge d’un fiato e col quale l’autrice ci apre le porte della casa di vacanza, nella tenuta di Mosè, vicino ad Agrigento, dove da bambina ha trascorso tutte le estati a partire dall’età di tre anni. E dove oggi, diventata nonna, continua ad andare, con i figli, i nipotini e gli amici. Simonetta Agnello Hornby rievoca lì gli anni felici dell’infanzia in cui lei e la sorella Chiara – che è autrice delle ricette che si trovano in fondo al volume – hanno imparato l’arte dell’ospitalità e il piacere del preparare il cibo per gli altri, dalla madre e dalla zia Teresa. «L’accoglienza dell’ospite inizia dalla tovaglia», diceva mamma Agnello alle figlie, che da lei hanno appreso anche il gusto per la “messa in scena” del pasto e la gioia di allestire una tavola accogliente, perché i legami di famiglia e di amicizia si cementano quando si condivide il cibo. E le tavolate della famiglia Agnello potevano arrivare fino a 24 ospiti, la capienza massima della sala da pranzo. Nello stesso anno pubblica La mia Londra, un viaggio metropolitano tra i quartieri dell'immensa capitale inglese, ripercorrendo le tappe del suo legame con la città. Il tono è affettuoso e grato, senza indulgenze da cartolina, la scoperta - pagina dopo pagina - è assicurata: un parco popolato di statue di dinosauri, la caffetteria del cinema sulla piazza principale di Brixton, la casa di Dr Samuel Johnson, sommo letterato del '700, anche lui londinese d'adozione ed espansivo, vulcanico, coltissimo "uomo da pub". L'autrice lo elegge a "Virgilio" d'eccezione, le parole di Samuel Johnson introducono ogni capitolo, ma tutto è lieve, divertito, a tratti sensuale. Con rimandi alla Palermo di Simonetta, l'altra capitale, che riecheggia oltremanica con i suoi profumi, i suoi tanti rimandi culturali, i suoi mercati di quartiere, la sua architettura dai mille prodigi.

simonetta agnello hornby, ritratto della scrittrice italiana più amata all'esteropinterest
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Simonetta Agnello Hornby, la scrittrice italiana più amata all

Ma la scrittura, per Simonetta Agnello Hornby, è sempre stata qualcosa di più di un talento narrativo: è un atto civico. Non sorprende che i suoi libri siano adottati da università e licei all’estero come esempi di letteratura contemporanea italiana. In Francia, La Mennulara è entrata nella prestigiosa collana “Points” ed è considerata uno dei casi editoriali italiani più riusciti. In Inghilterra, dove l'autrice ha vissuto per decenni e lavorato come avvocata specializzata in diritto dei minori, la sua figura è ben più di una scrittrice: è un ponte tra culture, una testimone civile. Il suo libro Nessuno può volare (2017), scritto a quattro mani con il figlio George (affetto da una forma primaria progressiva di sclerosi multipla), affronta il tema della disabilità con una delicatezza che ha commosso lettori e critici. Non un memoir strappalacrime, ma un viaggio – fisico e interiore – sul significato dell’indipendenza, della dignità e dello sguardo degli altri. “Io non sono disabile. Sono il modo in cui tu mi guardi”, dice George nel libro – una frase che racchiude tutta la potenza etica e letteraria dell’opera.

Oltre i cliché: un’Italia che sorprende

Affermare che Simonetta Agnello Hornby sia “la più amata” può sembrare audace, ma i numeri e la ricezione critica parlano chiaro: è una delle pochissime scrittrici italiane contemporanee a essere stabilmente pubblicata, tradotta e letta in tutto il mondo. In un sistema editoriale che spesso fatica a esportare autori, la sua presenza nei festival letterari internazionali, nei premi, nelle classifiche e nei cataloghi universitari è tutt’altro che casuale. Come ha scritto il critico Angelo Guglielmi, «Agnello Hornby ha inventato un modo nuovo di raccontare il Sud: colto, colpevole, malinconico, ma mai esotico». Ed è forse questa capacità – di parlare a tutti pur restando profondamente radicata nella propria terra – a renderla una delle voci italiane più potenti nel mondo.

Oggi Simonetta Agnello Hornby continua a scrivere, tenere conferenze, battersi per i diritti civili. Il suo percorso dimostra che la letteratura può ancora avere un ruolo attivo nella società: non solo raccontare, ma anche interpretare, trasformare, includere. Nel suo stile, sobrio e carnale, nella sua etica del racconto e nella sua visione europea della cultura, Agnello Hornby ha saputo rappresentare un’Italia che non si accontenta dei cliché, e che all’estero è ancora capace di sorprendere.