Non c'è bisogno di attendere la Giornata mondiale del Turismo, che si celebra ogni anno il 27 settembre, per affrontare il discorso: il lungo ponte primaverile di Pasqua, 25 aprile e primo maggio 2025 ha generato l'abituale boom turistico e un giro d'affari di 9 miliardi di euro secondo un'indagine condotta da Cna Turismo e Commercio. Con il ritorno a flussi turistici di intensità eccezionale, e le presenza in crescita, torna anche l'allarme overtourism, avverte l'Istat. Ovvero, mete congestionate, che pregiudicano sia la qualità della vita di chi le abita sia l'esperienza di chi le visita, come spiega l'Organizzazione mondiale del turismo. Non a caso, a Venezia il ticket di ingresso per i visitatori occasionali (ovvero, quelli che non pernottano) nel 2025 è passato da 29 giorni a 54 l'anno, e sarà in vigore dal 18 aprile al 27 luglio, periodo critico per il sovraffollamento. La città lagunare, del resto, è uno dei simboli più globali di overtourism. Anche se forse, come invita a fare da tempo l'irlandese Michael O'Regan (michaeloregan.me), docente di Turismo ed Eventi alla Glasgow Caledonian University, sarebbe bene smettere di usare questo termine, che troppo semplifica, crea conflitto, colpevolizza i turisti e impedisce di andare davvero alla radice del problema.
Professor O'Regan, perché non ha più senso parlare di overtourism?
Il termine “overtourism” è diventato un concetto semplicistico, ampio e spesso abusato, per affrontare questioni complesse. È stato coniato solo nel 2016 da un giornalista di viaggi ed è diventato abusato e fuorviante. Si basa molto su metafore che ritraggono il turismo e i turisti come una minaccia o una crisi, che possono influenzare l'opinione pubblica. Il termine manca di prove e di rigore empirico ed è spesso usato come strumento retorico piuttosto che come base per soluzioni significative. Invece di concentrarsi sulle questioni sistemiche, il termine spesso incolpa i turisti, portando a narrazioni divisive. Ad esempio, ci sono molte ragioni per cui i prezzi delle case aumentano in una città. Certo, c'è il turismo, ma anche l'aumento dell'immigrazione e le sfide legate alla pianificazione e alla costruzione di nuovi alloggi.
Tuttavia, è innegabile che i luoghi siano decisamente soffocati da ondate di persone che li snaturano, e noi in Italia ne sappiamo qualcosa: c'è dunque una eccessiva colpevolizzazione del turista (vedi i cartelli tourist go home un po' ovunque o le manifestazioni contro il turismo in Spagna, per esempio), mentre l'attenzione dovrebbe essere spostata altrove? Chi è il vero responsabile del sovraffollamento e dei danni a cascata che comporta?
Sì, alcuni luoghi sono troppo affollati in certi periodi dell'anno e, naturalmente, diamo la colpa ai turisti per questo sovraffollamento, piuttosto che alle strutture istituzionali e aziendali che permettono e gestiscono male il turismo. I turisti non hanno alcun controllo su questioni sistemiche come la pianificazione urbana, le infrastrutture, le politiche turistiche e le strutture economiche che privilegiano le entrate turistiche rispetto alla sostenibilità. Piuttosto che dire “tourist go home”, i residenti dovrebbero votare per i politici e i partiti che hanno una reale strategia per il turismo. Ciò potrebbe significare votare per partiti che sostengono la restrizione di nuove licenze alberghiere, affitti a breve termine, tasse turistiche e nuove case popolari e così via. L'attenzione dovrebbe essere focalizzata su questi fattori di fondo, piuttosto che sulla colpa dei singoli turisti. Ciò significa raccogliere dati, ad esempio, sul numero di affitti a breve termine (ad esempio Airbnb) e sul numero di ospiti in tutta l'UE (nel 2026 è previsto un regolamento UE che obbliga a farlo).
I sostenitori del turismo a tutti i costi affermano che è un fattore chiave per l'economia dei luoghi e si oppongono in gran parte alla regolamentazione dei flussi e alle norme restrittive. Cosa rispondere, soprattutto sapendo che in generale si tratta di un fattore economico a basso valore aggiunto? O il turismo i soldi li porta davvero?
Il turismo genera entrate. Basti pensare ai benefici per Paesi come il Portogallo dopo il salvataggio post-crisi finanziaria del 2011. Tuttavia, il denaro generato fa sì che i Paesi evitino di parlare del degrado ambientale e della pressione sulle infrastrutture locali. Il denaro generato fa sì che si trascurino questioni come i bassi salari nel settore e lo sfruttamento. Le autorità devono implementare o applicare leggi sul salario minimo che garantiscano ai lavoratori del turismo un salario di sussistenza, fornire l'accesso a programmi di formazione e istruzione che aiutino i lavoratori del turismo a sviluppare nuove competenze e a progredire nella loro carriera. Dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione per evidenziare il valore e l'importanza dei posti di lavoro nel turismo per l'economia e la comunità locali e raccogliere dati su salari, benefit e condizioni di lavoro nell'industria del turismo per identificare le aree da migliorare. Dovrebbero anche far capire ai cittadini che un giro di vite sul turismo avrà conseguenze economiche. Ad esempio, New York ha dimostrato che è possibile intervenire duramente su Airbnb e sulle locazioni a breve termine, ma con conseguenze economiche negative. Ciò significa che le autorità dovrebbero sostenere e incoraggiare le imprese locali, come alberghi, ristoranti e operatori turistici. In questo modo si garantisce che una parte maggiore della spesa dei turisti rimanga all'interno dell'economia locale.
Le regole restrittive sono davvero utili? Penso alla tassa d'ingresso a Venezia o al numero chiuso ormai previsto in molti luoghi. Il turismo può non essere democratico? I sostenitori del turismo di massa affermano decisi che non solo i ricchi devono poter viaggiare.
Le regole restrittive non funzionano. Sotto il regime di Franco,nella Spagna degli anni Cinquanta, i bikini furono inizialmente vietati, soprattutto negli spazi pubblici come le spiagge. Ma la loro diffusione progressiva, anche sotto il regime, non poté essere completamente fermata. Le regole restrittive rischiano di creare una narrativa divisiva che classifica i turisti come “giusti” o “sbagliati”. La multa ai turisti sorpresi a farsi il caffè con tanto di fornelletto sui gradini del ponte di Rialto nel 2019 ne è un esempio. È necessario trovare un equilibrio tra accessibilità e sostenibilità, assicurando che il turismo rimanga inclusivo e proteggendo al contempo le comunità e gli ambienti locali. Le destinazioni hanno bisogno di un approccio globale che affronti le questioni sistemiche piuttosto che cercare solo di controllare il comportamento dei turisti. La tassa d'ingresso a Venezia non avrà un impatto sui numeri del turismo. Questo tipo di tasse, così come le tasse di soggiorno, dovrebbero essere reinvestite nelle comunità e devono essere trasparenti. Regole, multe e codici di condotta possono funzionare per un museo o un'attrazione, ma non per una città o un Paese.
Come si può riuscire a conciliare il turismo con la vita ordinaria delle comunità locali? I centri urbani italiani stanno diventando invivibili per i residenti...
Conciliare il turismo con la vita locale significa integrare il turismo nel tessuto delle comunità in modo che ne beneficino sia i residenti che i visitatori. Ciò si può ottenere attraverso politiche che diano priorità alle esigenze locali e promuovano pratiche turistiche sostenibili. Significa investire in infrastrutture che supportino il turismo, come strade, trasporti pubblici, spazi pubblici ed eventi, ma che vadano a beneficio e servano le esigenze di coloro che vivono in loco. Problemi come il sovraffollamento nelle città italiane sono un fenomeno determinato localmente e ciò che accade in una città può essere diverso da un'altra. Mentre l'espressione overtourism appiattisce le distinzioni, una città potrebbe, ad esempio, limitare l'accesso dei pullman al centro città, chiudere i parcheggi, migliorare il trasporto pubblico, reindirizzare o limitare le visite alle crociere, limitare la costruzione di nuovi alberghi o accettare solo nuove costruzioni al di fuori del centro città. Potrebbe sviluppare nuove aree al di fuori dei centri urbani, nuovi percorsi pedonali e promuovere attrazioni alternative per disperdere i flussi turistici in modo più uniforme.
Viaggiare è un diritto inalienabile?
Sebbene il desiderio di esplorare sia insito nella natura umana e molte società e governi facilitino i viaggi attraverso infrastrutture e politiche, non è universalmente riconosciuto come un diritto umano fondamentale. La libertà di movimento dell'Unione Europea, ad esempio, consente ai cittadini di viaggiare e risiedere negli Stati membri, con vantaggi economici e culturali. Tuttavia, questa libertà non si estende a livello globale e i sistemi di visto spesso determinano chi può viaggiare dove e a quali condizioni. Molti Paesi, dopo la pandemia, hanno alleggerito i loro sistemi per attirare più turisti.
Classificare i tipi di viaggio come giusti o sbagliati è difficile, perché tutte le forme di viaggio - per affari, istruzione, migrazione o svago - contribuiscono all'affollamento e hanno un impatto ambientale. Invece di giudicare la moralità dei viaggi, potrebbe essere più produttivo concentrarsi sui fornitori di servizi turistici. Implementando e facendo rispettare gli standard di sostenibilità per gli hotel, le compagnie aeree e gli altri fornitori di servizi turistici, possiamo incoraggiare pratiche più responsabili in tutto il settore. Inoltre, se le autorità prendono una posizione più forte contro il greenwashing e la pubblicità ingannevole, possono aiutare i turisti a prendere decisioni più informate, promuovendo in ultima analisi un panorama turistico più sostenibile ed equo. In sintesi, viaggiare non è un diritto inalienabile, ma è un'attività molto apprezzata che può essere resa più sostenibile attraverso la regolamentazione e gli standard del settore.
Il turismo responsabile (compreso il backpacking) ed esperienziale può essere davvero utile in termini di sostenibilità, ha senso, o è solo fumo negli occhi?
Il turismo responsabile ed esperienziale può essere utile per la sostenibilità delle destinazioni e il coinvolgimento delle comunità. Tuttavia, c'è il rischio che questi termini diventino meri strumenti di marketing, o “cortine fumogene”, senza una supervisione. Ad esempio, i pellegrinaggi in Europa si stanno rivelando popolari per i turisti e sono apprezzati dalle comunità, ma possono anche essere sfruttati da operatori commerciali che privilegiano il profitto rispetto alla sostenibilità e all'autenticità. Senza un'adeguata regolamentazione e supervisione, queste forme di turismo possono portare a un aumento del numero di visitatori, alla pressione sulle risorse locali e alla mercificazione culturale. Per garantire che il turismo responsabile ed esperienziale sia davvero vantaggioso per le destinazioni, è fondamentale implementare standard e certificazioni che rendano gli operatori, le guide turistiche e i fornitori di alloggi responsabili del loro impatto ambientale e sociale.
Ritengo che anche la spinta alla qualità dei turisti sia solo fumo negli occhi se definiamo la qualità solo in base a quanto denaro hanno o a dove alloggiano. I trekker, i pellegrini, i viaggiatori con lo zaino in spalla hanno molto da offrire alle destinazioni, perché spesso si impegnano più profondamente nelle culture locali, sostengono le piccole imprese e hanno un'impronta ambientale più leggera rispetto ai turisti di lusso. Valorizzando questi viaggiatori e incoraggiando pratiche di turismo responsabile, le destinazioni possono promuovere un'industria turistica più sostenibile e inclusiva.
Che tipo di turisti possiamo/dobbiamo essere per essere migliori, perché prima o dopo tocca a tutti esserlo?
Molti turisti vogliono essere più sostenibili e responsabili, ma non sanno da dove cominciare. Vogliono sostenere le imprese locali, rispettare le norme culturali e ambientali ed essere consapevoli del loro impatto sulle comunità che visitano. L'industria e le autorità non hanno fatto nulla per aiutarli. Non esiste uno standard nazionale o europeo che definisca un prodotto o un servizio turistico verde o sostenibile. Se vado su una piattaforma di prenotazione di alloggi, ora ci sono certificazioni private che suggeriscono la sostenibilità. Tuttavia, non conosciamo le aziende commerciali e gli standard che ci sono dietro, e senza standard trasparenti e accettati è difficile per i turisti prendere decisioni informate. Per essere turisti migliori, dovremmo incoraggiare i fornitori di servizi turistici e i responsabili politici ad adottare e applicare pratiche sostenibili, tassare il carburante per l'aviazione, disporre di sistemi che aiutino i turisti a scegliere le attività locali per la ristorazione, lo shopping e le esperienze, chiudere le attività turistiche illegali e prive di licenza e multare le attività che hanno subito greenwashing. Questo potrebbe far aumentare i costi per i turisti, ma sposterà tutto il turismo verso forme di viaggio più sostenibili ed etiche.