Raccontare l’incontro con Emma Bonino, ex presidente di +Europa da pochi giorni, ex commissaria del Parlamento europeo, già ministra con Romano Prodi e Gianni Letta, senatrice e parlamentare per una vita, a partire dal 1976 con i radicali, è come incontrare Aureliano Buendía, il comandante generale delle forze rivoluzionarie di Cent’anni di solitudine, colui che ha preso parte a 32 rivoluzioni armate, ma che a differenza della Bonino le ha perse tutte. Come il generale, però, Emma Bonino incarna nel suo corpo una dimensione politica, sociale e collettiva e per quanto minuta e ancora convalescente esprime forza e coraggio da vendere. Tanto che se alla fine ti congedi da lei con un filo di emozione, così come potresti fare con una persona cara che vorresti incoraggiare alla guarigione, ti manda a stendere. È andata così, ma partiamo dall’inizio, da quel sabato piovoso a Roma, quando ci si dava ancora del lei.

Buongiorno signora Bonino, come sta?
Male, lo vede. Non riesco ancora a uscire di casa, ma mi sto curando con ben due sedute di fisioterapia al giorno.

Qual è oggi il suo rapporto con il corpo?
Sto invecchiando, ma non me ne ero mai accorta fino a quando, improvvisamente, mi sono svegliata una mattina e avevo 76 anni. Prima di fare i conti con i problemi di salute dell’ottobre scorso, ho sempre pensato di essere più giovane degli studenti che incontravo nelle università, se per giovane si intende una persona curiosa e attiva. Però poi, alla fine, il corpo si è fatto sentire.

E cosa le dice?
“Mi hai messo da parte per tutti questi anni e mo’ basta”. Pensi che oggi non riesco neppure a uscire sul mio terrazzo, quindi sì, sto invecchiando male, ma non mi do per vinta.

Direi che a grinta e passione siamo messi bene.
Quello è carattere, ed esperienze di vita. Mi sono trovata in un gruppo politico, i radicali, che primo e ultimo nella storia, usava il corpo come arma politica. Io li ho seguiti sempre, dal carcere agli imbavagliamenti. L’unica cosa che davvero non mi piaceva erano i digiuni.

Perché?
Non perché sia un’appassionata di cibo, io non ho mai fame, ma perché appena tu digiuni viene meno qualunque socialità. Non scherzo. E io lo ripetevo, “invitatemi a cena, io parlo mentre vi vedo mangiare”, ma il disagio altrui era talmente importante che non mi invitava più nessuno. Delle varie armi che usa il corpo, dalla non violenza alle manifestazioni di piazza, il digiuno era il più pesante e difficile perché eri sempre da sola. A un certo punto ci eravamo inventati di andare insieme al cinema scegliendo quelli che duravano 4 ore per far passare il tempo, che fosse Ben-Hur o Il conte di Montecristo poco importava.

Per quanti giorni restava senza mangiare?
Dipende. Il digiuno con Adelaide Aglietta nel 1977, con solo tre bicchieri di latte nelle 24 ore, durò 76 giorni. L’ultimo è stato quello della sete del 2000, poi mi sono ammalata nel 2014 e non li ho più fatti. E oggi il mio corpo ha detto: “Per anni ti sei fottuta di me alla grande? Adesso sono al centro dei tuoi pensieri”.

Sì, reclama le sue attenzioni…
Di più, si sta prendendo degli spazi esagerati, è proprio una vendetta.

Ma quel patire per lo meno la solitudine, aveva un senso, portava a risultati concreti?

Non sempre, non tanto. Però sulla riforma carceraria che era l’oggetto del digiuno mio e di Adelaide, il presidente Andreotti promise in Parlamento proprio la riforma carceraria. È solo un esempio eh, poco altro…

Fa ancora politica attiva?
Per quello che posso.

E quale battaglia ha oggi in corso?
Più Europa. Io penso che nel mondo, per come sta andando, o l’Europa decide finalmente di essere unita nei rapporti internazionali oppure non contiamo niente. Ogni autocrate che sia Putin, il cinese, o l’americano preferisce accordi bilaterali con questo e con quell’altro dove evidentemente i paesi europei sono schiacciati. Da questo discende un sacco di cose, dal caos in Medio Oriente, alla penetrazione cinese in Africa. Un'Europa più forte sarebbe perlomeno un punto di riferimento credibile, ma non sarà facile perché il duo Francia e Germania che è sempre stato il traino europeo, non mi sembra possa oggi giocare questo ruolo.

Tornando all'Italia, rispetto ai bisogni delle donne, quali dovrebbero essere le priorità dell’agenda politica?
Secondo me sono le donne stesse che devono essere consapevoli che niente è impossibile ma niente è gratuito. E ottenere qualcosa significa impegno per andare avanti. Vedi, non c’è niente di gratuito: non è che tu ti metti lì e aspetti che qualcuno lo faccia per te. Persino io posso farlo con voi, ma non per voi (da questo momento passiamo a darci del tu, ndr).

Ma per questo non c’è il Parlamento?
Anche, ma il ruolo parlamentare o delle leggi viene in una seconda fase. Nella prima bisogna attivarsi. A parte qualche sporadico #MeToo, io non vedo mobilitazione al femminile.

Provi nostalgia rispetto alle battaglie degli anni Settanta?
No, non è un problema di nostalgia. Era un’altra epoca, anche nella gente. Quello che rimane uguale per me è l'essere esclusa dai media. Pannella diceva sempre “fare e far conoscere sono indissolubili” perché altrimenti te la canti e te la suoni e tutto finisce lì. Allora avevamo utilizzato modalità come il carcere, i digiuni, oggi bisogna trovarne altre. Il voto elettronico per il referendum, per esempio, è una strada, il frutto di un grandissimo lavoro portato a termine da Riccardo Magi, anche se ci devono ancora spiegare perché le firme digitali si possono utilizzare per il referendum e non per le elezioni. L’importante però è non arrendersi ma continuare a lottare.

Però il #MeToo e i femminicidi hanno mobilitato il dibattito, non puoi negarlo.
Sì, fantastico, e poi? Sul femminicidio avevo scritto 4 mesi fa un appello a cui avevano aderito parecchi sindaci in cui dicevo “adesso tocca a voi”, ma non se ne è fatto niente. Mobilitarsi è una strada difficile, ma io credo sia l’unica possibile.

Tra lavoro, equità salariale, sicurezza, qual è il fronte più urgente?
Certamente il lavoro, che si scontra però con l’idea di questo governo molto reazionario e tradizionale che vede le donne innanzitutto madri e poi, se rimane tempo, lavoratrici. Il loro motto è “dio, patria e famiglia mulino bianco”, che peraltro gli esponenti del governo sono i primi a non praticare. Penso invece che l’autonomia finanziaria sia un grande passo per poter permettersi scelte più libere.

Cosa hai "imparato" frequentando i palazzi della politica in Italia e in Europa, c’è una sorta di "lezione" che puoi lasciarci in eredità?
Eccola: niente è impossibile ma niente è gratuito. Le donne non si devono fare più dire da nessuno “questo lavoro non lo puoi fare”. Ricordiamoci che, nel nostro Paese, per essere riconosciute come avvocate abbiamo aspettato una legge del 1953. Prima avevamo ottenuto il diritto di voto con la Costituzione dopo, negli anni Settanta, c’è stato il periodo di fermento con i diritti civili, e poi… poi si è calmato tutto. Le donne si sono fatte un po’ fregare. All’epoca andava di moda essere cooptati: tu andavi lì, facevi la bella segretaria, la brava assistente, poi ti aspettavi che qualcuno riconoscesse il tuo ruolo. Ma ovviamente la cooptazione non ha funzionato.

Però la tua carriera politica dimostra che ci si può imporre e rendere visibili.
Dipende dai periodi e dai momenti. Io ho imparato che avere un ruolo istituzionale conta molto. Quando ero commissaria europea la mia opinione era più ricercata di adesso che sono a casa, in pensione. Anche se proprio in queste settimane mi hanno chiesto una mano per gli aiuti umanitari. Io ho solo detto che posso parlare della mia esperienza, non posso certo andare a Gaza… Così abbiamo organizzato una call anche questo pomeriggio.

Pensando alle lettrici di Elle, cosa diresti alle giovani donne che si affacciano al mondo del lavoro?
Che devono fare i conti con una sfida difficilissima nella conciliazione tra lavoro e famiglia, cosa che normalmente i maschi non hanno da gestire e non si capisce perché. E poi c’è il tema del merito, una componente che non viene riconosciuta nel nostro paese; è sempre stato così, ma non è una buona scusa.

E rispetto a un generalizzato senso di sfiducia nel futuro?
Perché sfiducia? Io non ho capito: i giovani ereditano un mondo che non è così male, un mondo che ha necessitato grandi sacrifici da parte dei nostri nonni e dei nostri padri e che rimane un modello unico al mondo: né in Cina né negli Stati Uniti, per esempio, c’è un servizio sanitario gratuito. Oggi è in crisi, ma proprio per questo è un terreno su cui impegnarsi.

La sfiducia quindi?
È un atteggiamento passivo, oppure è rassegnazione, oppure ancora è un alibi: è inutile che mi impegno, tanto non cambia niente. Ma non è vero! Sarà una strada lunga, ma non è vero che non cambia nulla. Quello che voglio dire alle ragazze di oggi è che spesso loro hanno ricevuto molto senza alzare un dito e magari si sentono delle eroine se per caso studiano.

Io mi riferivo a una società che sembra retrocedere rispetto ai diritti già acquisiti.
Ho sempre pensato e detto che i diritti civili, che peraltro non sono né di destra né di sinistra ma attengono alla persona, sono come la bicicletta. O pedali o cadi, come diceva Jacques Delors dell’Europa, o pedala o muore.
(A questo punto Emma Bonino si accende una sigaretta, giusto il tempo di sistemare il cappellino bordeaux che indossa sul capo). Ho sempre freddo, soprattutto in testa, sai dopo le cure i capelli non sono più ricresciuti.

I turbanti sono diventati di moda grazie a te.
Ho imparato dalle africane. Mentre nel mondo arabo per le donne la sauna è un modo per socializzare, in Africa sono i capelli: anche nei villaggi più sperduti è una vera e propria attività. Così quando mi sono ammalata, si sono presentate due amiche africane con dei turbanti enormi, loro erano alte due metri e io, poverina, sembravo un fungo. Allora ho imparato a farli da me.

E come, di preciso?
C’è stato un periodo in cui tutte le mie amiche mi regalavano fasce e io supplicavo “non fate le fighe, non portatemele di seta o di chiffon perché scivolano e sono punto e a capo”. Secondo me un bel cotone egiziano o anche quello delle bancarelle funziona meglio, perché dopo che lo hai messo sulla testa lo fermi dietro e sta a posto per tutto il giorno.

È già l’una passata, Emma grazie del tempo che mi hai dedicato, ti lascio pranzare. Mi raccomando mangia, sei davvero magrissima…
Ma guardati tu! Ciao. Ah, grazie per i fiori.