"Il mio timore è che molte persone che hanno ereditato libertà e democrazia, e non hanno mai combattuto per conquistarle, le considerino come merci che si possono cedere in cambio di benefici economici, o magari dell’illusione della sicurezza o solo per preservare le proprie comodità. Così si diventa consumatori di democrazia, con il rischio di intendere la libertà come possibilità di scelta tra i prodotti al supermercato. No, la libertà è qualcosa di molto fragile e i diritti umani non sono acquisiti una volta per tutte. Ogni giorno dobbiamo scegliere in che mondo vogliamo vivere".
Oleksandra Matviichuk, 41 anni, è un’avvocata per i diritti umani di Kiev. Parla con voce calma e ferma, e qualche volta si commuove durante questa conversazione. L’organizzazione che ha fondato nel 2008, il Center for Civil Liberties (CCL), è stata insignita del premio Nobel per la pace nel 2022 insieme con altre organizzazioni e attivisti russi e bielorussi e da più di dieci anni è in prima fila per la difesa dei diritti fondamentali in Ucraina. Il suo è un osservatorio attento sull’andamento della guerra che il suo Paese combatte da quasi tre anni contro l’invasione russa.
Avvocata Matviichuk, come si vive oggi a Kiev?
In totale incertezza perché non è possibile pianificare non dico una giornata, ma nemmeno quello che farai l’ora successiva: non sai mai cosa può succedere. Si vive con la paura costante per i propri cari e non ci sono luoghi dove stare al sicuro dai razzi russi. D’altro canto, mi preme dire che l’esperienza della guerra offre la possibilità di esprimere le caratteristiche migliori dell’essere umano: essere coraggiosi, combattere per la libertà, aiutarsi a vicenda. Ora ci prepariamo a un duro inverno, la Russia ha distrutto la maggior parte delle infrastrutture e milioni di ucraini dovranno affrontare il freddo senza elettricità, senza riscaldamento, senza acqua. Ma so che ce la faremo, le persone sono solidali.
Perché ha scelto di diventare avvocata per i diritti umani e attivista?
A scuola, da ragazza, ho conosciuto lo scrittore e filosofo Yevgen Sverstyuk, ex-prigioniero dei gulag di Stalin, che mi ha introdotto nel circolo dei dissidenti sovietici di Kiev, intellettuali integerrimi che avevano avuto il coraggio di sfidare la macchina totalitaria dell’Urss. Malgrado le persecuzioni, non hanno mai smesso di dire la verità, di combattere per la libertà e per la dignità umana. Sono stata così colpita dal loro esempio che ho deciso di studiare legge e di continuare questa lotta per la libertà.
La difesa dei diritti umani è legata alla pace?
Come avvocata per i diritti umani sento spesso affermare che la libertà, sì, è importante, però certi aspetti economici, gli interessi geopolitici, i problemi di sicurezza possono prevalere sulla libertà. Questo non è l’approccio giusto perché diritti umani e pace sono strettamente legati. Gli Stati che commettono pesanti violazioni dei diritti umani rappresentano non solo una minaccia per i propri cittadini, ma per la pace e la sicurezza in generale. La Russia ne è un chiaro esempio. Ha distrutto la propria società civile: ha ucciso giornalisti, messo in prigione attivisti, disperso manifestazioni pacifiche. Ma le democrazie avanzate, per lungo tempo, hanno preferito far finta di niente: hanno continuato a stringere la mano a Putin, a costruire gasdotti, a fare affari. Anche dopo l’annessione della Crimea, un episodio che non ha precedenti nell’Europa dalla Seconda guerra mondiale, nessuno ha reagito. E Putin ha pensato di poter fare qualsiasi cosa, in totale impunità.
Nel 2013, prima dell’annessione della Crimea, con il CCL lei ha creato “Maidan SOS” su una pagina Facebook. Cosa stava succedendo?
Dieci anni fa milioni di ucraini sono scesi in piazza contro un governo filorusso e corrotto che voleva interrompere il processo di integrazione europea. Queste persone dimostravano in modo pacifico per costruire un paese dove i diritti fossero tutelati, il governo responsabile, il sistema giudiziario indipendente e la polizia non fosse violenta. Le persone hanno pagato un prezzo molto alto per queste azioni. Ho creato Maidan SOS in risposta alle brutali dispersioni degli studenti che manifestavano pacificamente: per un mese abbiamo lavorato 24 ore al giorno per offrire assistenza legale a centinaia di persone picchiate, arrestate, torturate. La “rivoluzione della dignità” è finita quando l’ex-presidente Viktor Yanukovich ha ordinato di sparare contro questa protesta pacifica: più di mille persone sono state uccise. È importante sottolineare che il conflitto russo-ucraino non è iniziato nel febbraio nel 2022, ma nel febbraio del 2014, quando l’Ucraina era neutrale e non aveva alcuna possibilità di entrare nella Nato. Allora era solo un paese che voleva iniziare una riforma democratica. Io penso che Putin non tema la Nato, ma l’idea di libertà che ha lambito i confini della Russia.
Nel 2014 lo staff di CCL è andato in Crimea e nel Donbass. Com’era la situazione allora?
Siamo stati la prima organizzazione a entrare in Crimea e nelle zone orientali dell’Ucraina. Allora non avevamo idea che la guerra fosse già iniziata. Ci siamo occupati di persone perseguitate per motivi politici, sequestri e uccisioni di civili, torture, violenze sessuali. Nei territori occupati le truppe russe hanno creato un regime di terrore per mantenere il controllo, specialmente contro le persone più attive, quelle che possono aiutare la gente a resistere all’occupazione: sindaci, giornalisti, scrittori, ambientalisti, insegnanti, ecc. Ho intervistato personalmente centinaia di persone che sono state imprigionate dai russi che mi hanno raccontato di percosse, unghie strappate, dita tagliate, elettroshock nei genitali. Una donna mi ha detto che un occhio le è stato cavato con un cucchiaio. Abbiamo mandato diversi report a organizzazioni internazionali, ma niente è servito a far smettere questo orrore.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina il CCL ha creato il Tribunale per Putin. Di cosa si tratta?
Dopo l’invasione questi episodi non hanno fatto altro che moltiplicarsi. Così ci siamo messi in contatto con centinaia di organizzazioni in tutto il Paese con lo scopo di raccogliere prove su ogni singolo crimine di guerra. A oggi sono 80mila i casi documentati, ciascuno è una storia di sofferenza umana. Una grande guerra trasforma le persone in numeri. Con questo lavoro vogliamo ridare un nome alle persone. Ogni vita conta.
Cosa fate per documentare?
Usiamo ogni possibile fonte di informazione: raccogliamo le testimonianze delle vittime e dei testimoni, analizziamo open data per fare verifiche, se un razzo colpisce un edificio residenziale il nostro staff raggiunge il luogo, parla con le persone, scatta foto, gira video. Tutto viene poi raccolto in un unico database. Vorrei far notare che questa è la guerra più documentata della storia perché gli strumenti digitali ci danno l’opportunità di raccogliere prove in un modo che solo trent’anni fa non era nemmeno immaginabile. Questo significa che se prima le persone che subivano crimini di guerra non avevano alcuna possibilità di ottenere giustizia, oggi invece è tecnicamente possibile raccogliere le prove per dare giustizia pressoché a tutti. Inoltre, siamo in grado di documentare la propaganda russa che usa le parole come armi per incitare all’odio.
Crede che i tribunali ucraini saranno in grado di trattare tutti i casi?
Mi sono posta questa domanda nel marzo del 2022. Sono un’avvocata, so bene che il nostro sistema giudiziario non è così attrezzato. Ma se vogliamo prevenire le guerre dobbiamo perseguire il crimine di aggressione per il quale non esiste un tribunale al momento, nemmeno la Corte penale internazionale dell’Aja ha giurisdizione. Bisogna crearlo, ora. Il tribunale di Norimberga ha giudicato i criminali nazisti solo alla fine della Seconda guerra mondiale. Io penso che non possiamo aspettare la fine di questa guerra, dobbiamo iniziare ora. La giustizia deve essere indipendente da come e quando finirà il conflitto. Questo è il compito che dobbiamo porci come persone del XXI secolo.
È un’attività pericolosa quella di documentare i crimini di guerra?
Nessuno è al sicuro in Ucraina. La guerra è una lotteria.
Dove trova la forza di fare quello che fa?
Mi sono sempre occupata di diritti umani, ho una certa esperienza sul campo, eppure non ero preparata a tanto dolore. Non ho una risposta facile: posso dire che la motivazione che mi sorregge è la certezza che tutti i nostri sforzi hanno un forte significato.
Qual è la situazione dei bambini ucraini rapiti dai russi?
Le autorità ucraine hanno identificato circa 20mila bambini rapiti e trasferiti illegalmente in Russia. Solo 4mila sono tornati. Per questo la Corte penale internazionale ha emanato un ordine di arresto per Vladimir Putin e la sua commissaria per l’infanzia Maria Lvova-Belova. Questo non è solo un crimine di guerra, è parte di una politica di genocidio. Del resto, Putin dice apertamente da dieci anni che non esiste una nazione ucraina, né una lingua ucraina, né una cultura ucraina. Per questo non possiamo smettere di resistere, se non lo facciamo non siamo più noi.
Cosa ci può dire delle violenze sessuali sulle donne?
È il crimine più nascosto, come in tutti i conflitti. Le persone che sopravvivono alle violenze sessuali si vergognano, i loro familiari o vicini si sentono colpevoli, perché molti stupri sono stati commessi davanti ai loro occhi e non hanno potuto impedirli, e sono impauriti perché temono di subire le stesse violenze. Vergogna, senso di colpa e paura sgretolano le relazioni sociali con il risultato di aiutare i russi a distruggere le comunità.
Avete rapporti con gli attivisti russi e bielorussi che hanno condiviso con voi il premio Nobel per la pace?
Certamente sì. Per loro nutro un profondo rispetto. Posso dire che stanno continuando il loro lavoro in circostanze inimmaginabili perché si trovano ad affrontare non solo le autorità che li perseguitano ma anche la popolazione che per la maggioranza sostiene questa guerra contro l’Ucraina. È una piccola minoranza che non ha paura a chiamare le cose con il loro nome, che continua la battaglia per la libertà e per la dignità umana.
Cosa pensa della vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti?
Molti mi chiedono cosa potrebbe succede in Ucraina se Trump decidesse di interrompere gli aiuti militari. Penso che sia una domanda da porre all’Unione Europea che è al sicuro finché gli ucraini continuano a combattere. L’Ucraina per Putin non è un fine bensì un mezzo per iniziare a disegnare un nuovo ordine mondiale.
Come immagina la pace nel suo Paese?
Confido che il processo di integrazione europea ci aiuti a migliorare il nostro sistema democratico, che ha molti limiti, per tornare a essere parte di un mondo civile.