Daniele Moretti, vicedirettore di SkyTg24 ed esperto di temi ambientali, coordina il panel di Elle Active! dedicato a Genere e transizione energetica. È reduce da un reportage in Kenya, dove ha visto da vicino i disastri causati da alluvioni e siccità, e ha approfondito l’impatto del cambiamento climatico sulla salute. "Le emissioni non sono l’unica unità di misura adeguata", dice. "Il climate change si “conta” anche in morti civili e in persone ammalate".

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D.R.


Di quali numeri si tratta?
Nel sud del mondo, la parte più vulnerabile del pianeta, i dati parlano di 700 milioni di persone che subiranno un impatto irreversibile sul piano della salute, se non verranno realizzate le attività di mitigazione ora in discussione. Il clima condiziona l’accesso all’acqua, al cibo, all’istruzione.

In questa situazione le politiche energetiche a che punto stanno?
Secondo gli ultimi dati, la produzione da fonti di energia rinnovabile potrebbe arrivare entro il 2030 a coprire circa il 50 per cento del fabbisogno, ma questo non è sufficiente per gli obiettivi di decarbonizzazione, perché alle risorse degli Stati si dovrebbero aggiungere quelle della finanza privata. Solo così l’ago della bilancia potrebbe pendere dalla parte della decarbonizzazione.

Quindi lei ha speranza?
Alla speranza non c’è alternativa, salvo riporre una cieca fiducia nell’adattamento, è un filone di pensiero che prende corpo a mano a mano che gli obiettivi della decarbonizzazione ci sfuggono. Però questo “abbracciare l’apocalisse” è un chiaro produttore di ingiustizia. Un filo rosso lega le alluvioni in Italia, in Spagna e in Kenya, con l’enorme differenza che qui vengono stanziati fondi per risarcire i danni, mentre nella zona più colpita del Kenya i bambini hanno perso tutto, famiglia, scuola, cibo. L’empowerment femminile ne risente moltissimo, perché tutta l’economia che si basa sul possesso di bestiame è cancellata dalla siccità, quindi si finisce per ritornare allo scambio di figlie giovani, alle quali viene tolta la possibilità di darsi un’istruzione. Non a caso aumentano anche le mutilazioni genitali femminili.

Quali alleanze ci servono per cambiare passo?
La prima è quella intergenerazionale, perché le nuove generazioni sono molto attente alle questioni ambientali. E poi quella di genere, legata all’accesso delle donne alle materie Stem, che va migliorando, ma non ancora abbastanza.