Hai presente quando stai scrollando Instagram senza sosta e senza testa e a un certo punto vedi un video, ti fermi, leggi, guardi, gli occhi pungono e un piccolo (ma grandissimo) nodo si forma in gola? Scrolli ancora. Torni indietro. Guardi. Sorridi. Chiudi. Ti basta così. Almeno per un attimo.
Quasi sicuramente - almeno una volta - nell'ultimo anno a farti sentire piccolissima/o, fragilissima/o, felicissima/o è stata un'opera performativa di Greg Goya. A farti sentire piccolissima/a, fragilissima/a, felicissima/a è stato Greg Goya.
Chi è Greg Goya
Nato a Torino nel 1998, oggi ha 27 anni, Greg Goya è un avvocato mancato, uno street artist e inventore della fast art. Immediata, accessibile, concettuale, potente, interattiva, emotiva, partecipativa. Le sue opere sono social eppure così fisiche. La sua arte è virale eppure inesistente senza contatto.
Tutto ha inizio a fine del 2022 da un Kiss Stop ai Murazzi, le sue opere sono passate poi da Parigi durante le Olimpiadi di Parigi del 2024 fino ad arrivare a Chicago dove a maggio 2025 ha portato La Stagione Dell’amore un progetto composto da 3 opere immerse nel Chicago Botanic Garden.
La sua ultima esperienza emotiva collettiva è stata a Milano in Piazza del Carmine powered by Starbuck by Nespresso. Si chiama Attimi e a fare da tavolozza sono tovagliette da colazione sulle quali è stato disegnato il segno della tazzina sulla superficie dove è appoggiata, facendosi metafora di quei momenti ristretti ma intensi, fugaci ma indelebili nella memoria.
"Mi chiamo Greg Goya, sono uno street artist nato a Torino e cresciuto artisticamente in tante parti del mondo". Così si racconta in uno dei primissimi giorni caldi di questa estate seduto su una Chesterfield in pelle nera ma senza sprofondare.
"L'arte che porto avanti mi piace chiamarla “fast art”, che è un nome che ho coniato per staccarmi da qualsiasi altro genere. Tecnicamente è un ibrido tra street art e performance art, ma il succo è che crea emozioni velocemente e quindi in modo "fast" riesce a generare nello spettatore un'emozione rapida". Nessuna scorciatoia. Siamo pronti a partire.
Cos'è il tuo 'Attimo'?
Il mio attimo è stato quando ho deciso di fare l’artista. È stata una decisione. Mi viene difficile dire che sono nato artista. Ho sempre avuto questa grande passione, poi ho studiato giurisprudenza. Crescendo con questo sogno, ho detto: “Se non lo fai adesso, se non cavalchi questo attimo, non lo fai mai più”. È stato il momento in cui ho lasciato gli studi e ho cominciato a fare tanta arte di strada, un’opera dopo l’altra, raccontandola sui social per arrivare a più persone possibile.
Cuore o pancia?
Decisamente molto cuore.
Che frase scriveresti ora sul fondo di una tazzina di caffè?
Sul fondo della tazza di caffè si legge il futuro, e sul fondo della mia tazzina spero ci sia ancora tanta arte, molto diversa da quella che faccio oggi. L’arte cresce con l’artista e sono troppo giovane per considerare la mia arte un prodotto finale. È in crescita, cambia continuamente. Cambia con me. Racconto storie di persone attraverso la mia arte. Più ne ascolto, più diventa ricettiva di emozioni nuove.
Qual è il gesto quotidiano che ti ispira di più...
Sono le storie. Tutte le mie opere partono sempre dal racconto di qualcosa o qualcuno. Raccontano sempre storie vere. A volte sono mie, altre volte di amici. Ad esempio, un mio amico che si è lasciato con la fidanzata mi racconta come sta vivendo la rottura, e io lo trasformo in un'opera attraverso il mio linguaggio artistico. Sono tutte storie vere, sempre.
Hai coniato per la tua arte la definizione di Fast Art perché mira a suscitare reazioni immediate. Ma qual è la reazione a una tua opera che più ti ha colpito?
Ce ne sono tantissime che mi sono rimaste nel cuore, soprattutto quelle più spontanee. Quella che più mi ha segnato non è successa solo una volta. Nell'ultimo anno mio papà è venuto molte volte alle mie installazioni. Lui è avvocato, quindi la mia scelta di lasciare l’università per cominciare a fare arte è stata molto punk nei suoi confronti. Non capisce niente di arte, ma capisce molto me. E vederlo molto presente nella mia vita artistica è la "reazione" più bella che ho avuto.
Come pensi invecchierà la tua arte?
Spero venga ricordata come qualcosa che ha cambiato l’arte. So che è una risposta impegnativa, ma credo che un artista debba cercare di conquistare il mondo e cambiarlo. È giusto pensare in grande: l’arte è il segno che l’uomo lascia nella storia.
Spero che la mia arte faccia capire che non è solo qualcosa da osservare, ma qualcosa che interagisce con il reale, che fa emozionare e rimane nei cuori delle persone.
La superficie dove non scriveresti mai...
Non scriverei su opere altrui, perché le rispetto molto. O, se lo facessi, non sarebbe in modo permanente.
Se potessi descriverti con un'opera d'arte (non tua), quale sarebbe e perché?
Non c’è una sola opera che mi rappresenti totalmente. Me ne piacciono tantissime e ciascuna potrebbe rappresentare vari aspetti della mia vita, della mia persona. Tantissimi artisti e movimenti mi contaminano, ma sono contento che non ce ne sia una sola a rappresentarmi.
Torino o il mondo?
Il mio luogo del cuore è Torino, perché ci sono cresciuto e lì ho iniziato a fare arte. Mi ha partorito biologicamente e artisticamente. Ma è stupendo interagire con culture diverse. È la cosa più stimolante: persone, posti, emozioni diverse.
Che opere ci sono a casa tua? Le tue, quali? O quelle degli altri?
Ho preso casa da poco, quindi ho iniziato con cucina, frigorifero, lavastoviglie. Poi pian piano la colorerò di arte. Sono appassionato di street art, ho tantissimi lavori e libri di street art, e piano piano inizierò anche a comprare arte che è un hobby un po' impegnativo.
Qual è stato il tuo momento di svolta?
Lo scorso agosto ho collaborato con le Olimpiadi di Parigi, la mia prima grande esposizione internazionale. Un mese fa invece ho fatto la mia prima mostra negli Stati Uniti, a Chicago. Sono sicuramente due punti di svolta della mia carriera perché ho cominciato a parlare a più persone, in più lingue.
Ma di micromomenti, ce ne sono stati molti.
Coincidono con quelli in cui ti sei sentito più artista?
La prima volta con le Olimpiadi ero così agitato che non mi sentivo artista, sentivo solo il cuore che batteva.
L’ultima mostra a Chicago, invece, con una maggiore maturità, me la sono proprio goduta. Ricordo di essere arrivato e aver visto questa folla americana. È molto diverso dal vedere le statistiche social. È stato proprio bello. Sono contento di fare questa cosa che sto facendo. Mi riempie il cuore.
Sei indubbiamente molto social ma la tua arte coinvolge le persone dal vivo, e tu la reazione che suscita ce l'hai sempre istantanea. Come vivi questo aspetto?
È molto bello. Diversamente dall’arte figurativa che richiama persone nei musei, e dove l’artista necessariamenre resta dietro le quinte, io performo davanti al pubblico. Vedo sempre persone nuove, oppure volti già visti che tornano anche dieci, quindici, venti volte. È assurdo.
L’arte può educare all’amore?
Lo spero. Fa parte delle mie missioni.