Nelle imponenti sale delle gallerie d’arte ci passeggiamo spesso, ma c’è un quesito che (quasi) mai ci poniamo: vi siete mai chieste perché nei dipinti antichi raramente si sorride? La storia (o meglio, l’enigma) del sorriso nelle opere d’arte è stata analizzata in profondità persino dallo scrittore Nicholas Jeeves in Serietà e sogghigno: il sorriso nella ritrattistica, un saggio interamente dedicato all’argomento. Ma bisogna fare molta attenzione a non saltare a conclusioni affrettate: direte voi, se oggi ci si stanca a trattenere un sorriso nei pochi secondi utili a scattare un selfie (decente e come Instagram comanda), figurarsi quanto fosse complesso all’epoca restarsene seduti a sorridere (con rischio paralisi bocca, ndr) mentre il pittore armeggiava con acquerelli e pennello per concludere il suo capolavoro. In verità, la spiegazione al perché il sorriso nelle opere d’arte sia insolito è un’altra e – per certi versi – risponde anche alla voce di “body shaming”.
“Il sorriso è raro a trovarsi nei dipinti per due motivi – ci spiega Luca Cantore D’Amore, critico d’arte e autore de L’Estetica del Decanter. - Punto primo, ogni opera d’arte è mossa dal vero dolore. Non c’è dipinto che non attecchisca sulla sofferenza di chi l’ha generato. Il tormento e l’angoscia sono i moventi dell’arte da sempre. Ecco perché si può dire che tutta l’arte soffre e che è raro trovare allegria nei quadri”. Ok, afflizione e tormento a parte (in effetti, la Gioconda di Leonardo Da Vinci - che tutti conoscono come Monna Lisa - non sembra soffrire mica?, ndr), entriamo più a fondo nella questione e comprendiamo anche il motivo numero due: “Se un sorriso è raro a vedersi – prosegue Luca Cantore D’Amore – è perché l’arte esclude le imperfezioni e idealizza l’essere umano”. Questo però non significherebbe che l’arte fa body shaming ma che, semplicemente, i difetti del corpo sono elementi di disturbo nella creatività dell’artista. A quali difetti alludiamo? Risponde l’esperto: “Le opere d’arte, al 95% dei casi, escludono due cose: denti e peli, perché sono considerate imperfezioni”.
Tralasciando l’universo peli (non per deludere il femminismo, ma solo perché stiamo parlando di sorriso, ndr), abbiamo chiesto al nostro critico d’arte cos’è che agli artisti delle epoche andate non andava a genio dei denti altrui. Mai esempio fu più lampante: “Consideriamo I Mangiatori di Ricotta di Vincenzo Campi – ci esorta Luca Cantore D’Amore. – L’opera descrive persone grossolane, i cui denti sono esposti dal pittore proprio per mostrare la bassezza e trivialità dei loro corpi e pensieri. I mangiatori di ricotta sono volgari perché ostentano questo formaggio, appunto cotto due volte, che era tipico delle tavole luculliane dei ricchi. E loro, venutine in possesso, la ostentano a chi la osserva. La mangiano per l’osservatore e godono nell’essere guardati mentre gustano un cibo che non gli appartiene”. Mostrare i denti, o semplicemente sorridere, era visto quindi come un atto plebeo: e come la mettiamo allora con la Monna Lisa?
Chi è stata al Museo del Louvre di Parigi si sarà sicuramente abbandonata all’atrocità dell’enigma: ma la Monna Lisa sorride, sì o no? È felice? O sogghigna? La matassa è impossibile da sciogliere: “Nessuno capirà mai perché sorride – conferma l’esperto. – La Gioconda sorride di noi ed è generosa con tutti: guarda tutti e sorride a tutti, in quella che potremmo anche definire una prostituzione emotiva”. E comunque, a proposito di sorrisi nelle opere d’arte, la Gioconda di Leonardo da Vinci non detiene certo il primato. “Non ci sono molti sorrisi nella storia dell’arte ma bisogna assolutamente sottolineare che, la vera Monna Lisa, noi italiani la abbiamo in casa e non lo sappiamo”: il critico si riferisce a Ritratto d’ Ignoto Marinaio di Antonello Da Messina, un quadro dalla profondità psicologica che lui definisce “assai superiore della Monna Lisa” e che in pochi conoscono.
“È vero – conclude Luca Cantore D’Amore - quello (ambiguo) nella Monna Lisa è il sorriso più famoso al mondo, ma ce ne sono alcuni ancora più ambigui: si pensi al Ritratto d’ Ignoto Marinaio di Antonello Da Messina. È un quadretto piccolino in cui il protagonista sorride con furbizia: è un uomo di strada che la sa lunga, che potrebbe raggirare chiunque e che sopravvive attraverso i rudimenti della vita. Ha un sorriso maligno, e i suoi occhi piccoli fanno capire quanto sia beffardo e sornione nei confronti della vita”. Sarà anche beffardo ma lui, almeno, sorride.