Quando questa rubrica sarà in pagina, probabilmente conosceremo il nome del nuovo papa. Che, essendo entrato cardinale in Conclave, avrà l’incedere e i poteri del porporato, l’eloquio colto, il carisma immediato del ruolo. Tuttavia, se potessi immaginare lo Spirito Santo come una fiammella di sapienza che volteggia sotto la volta celeste della Cappella Sistina in attesa di posarsi sul prescelto, ecco: il mio desiderio sarebbe che trovasse una fessura dalla quale uscire e volare lontano, fino a un luogo maledetto dagli uomini e annientato dal dolore: Gaza.
Qui, circondata da enormi cumuli di macerie fumanti, sorge la parrocchia di don Gabriel Romanelli, parroco della piccola comunità cristiana della Striscia. E qui, questo sacerdote argentino dalla faccia simpatica e aperta dà rifugio a cinquecento persone. E per rifugio intendo non soltanto acqua e viveri, ma proprio mura a protezione dei proiettili e delle bombe che cadono tutto intorno. Tutte le sere alle 7 in punto, ora italiana, papa Francesco telefonava a don Gabriel per conoscere la situazione di Gaza, fare il punto sugli aiuti, raccomandarsi di proteggere prima di tutto i bambini.
Mi è capitato fra le mani il video della sua chiamata del 17 dicembre scorso, data del suo ultimo compleanno, la canzoncina degli auguri cantata in arabo, l’impressionante spianata di detriti che si intravede dietro il drappello di grandi e piccini assiepati alle spalle del parroco. Se parlate con Gabriel Romanelli come ho fatto io, vi spiegherà che dalla fine del cessate il fuoco non entra più uno spillo dentro Gaza. Ci si arrangia con quel che c’è, la fame è una realtà e anche una strategia, anche se lui questo non può dirlo per timore di ritorsioni. La farina fa i vermi, l’acqua è poca e infetta. Bande di disperati rubano ai più deboli, nessun ospedale è in funzione, esiste una sola Tac per due milioni e trecentomila persone.
Bergoglio non telefonerà più ma ha lasciato la sua papamobile in dono a quella terra, attrezzata da clinica semovente. E il nuovo papa? Chissà. Io ho sognato che lo Spirito Santo scegliesse proprio uno come Gabriel, il parroco coraggioso e solo del luogo più sofferente del mondo. Gabriel, l’arcangelo della Striscia.