Si chiama ReBrain Europe ed è una delle più brillanti iniziative che mi sia capitato di leggere di recente. Primo firmatario di questo manifesto, il fisico Roberto Battiston, ma sono tanti gli scienziati pronti ad aderire, a partire dal premio Nobel Giorgio Parisi. Si tratta di sfruttare il momento suicida degli Stati Uniti, affossati dal narcisismo autoritario di Donald Trump, per far tornare nel nostro continente i cervelli in fuga. Con l’attacco alle università più prestigiose del paese, da Harvard alla Columbia, la presidenza americana sta spaventando la comunità accademica, da sempre ricca, variegata e soprattutto ben pagata.

I fatti sono noti: alla Casa Bianca si pretende di allineare i programmi delle accademie ai dettami del governo, attaccando inclusione, diversità, pensiero critico. Col pretesto di combattere l’antisemitismo, si cerca di imporre un controllo poliziesco, rinforzato da sistemi di riconoscimento facciale, all’interno dei campus, in modo da stroncare le proteste studentesche. Di pari passo si ostacola l’immigrazione a tutti i livelli, compresa quella dei laureati. Chi arriva negli Usa con una green card, un permesso di soggiorno stabile, teme di vederselo ritirare e di essere arrestato e espulso per aver partecipato a una manifestazione contro le bombe su Gaza.

Insomma, l’aria universitaria si sta facendo irrespirabile se perfino un bastione indipendente come la Columbia University di New York ha accettato di assumere 36 poliziotti privati per impedire le proteste al suo interno. Ecco allora il possibile contrattacco europeo: far tornare gli scienziati indietro. Serviranno fondi di ricerca e stipendi più alti - specie in Italia - e soprattutto, come chiede Parisi, programmi a lunga scadenza, al sicuro dai cambi di governo. Ma che bella idea: meno soldi nelle armi e più nel sapere per rimodellare il mondo di domani.